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Stamani alle 6.30 sono usciti i nuovi testi proposti dalla presidenza della Conferenza delle parti sui cambiamenti climatici dell’Onu in corso a Dubai su cui cercare il consenso. Quello più atteso era il Global Stocktake. Il testo che è stato approvato ha ceduto alle richieste dei Paesi petroliferi di non fare riferimento all’uscita dalle fonti fossili.
In sostanza è un compromesso al ribasso, non rappresenta l’ambizione e la radicalità che sono necessarie. Riconosce la necessità di ridurre rapidamente le emissioni di gas serra in linea con il percorso dell’1,5°C e invita le parti a contribuire agli sforzi globali, ma le modalità indicate per ridurle non sono adeguate: transitioning away (transizione) dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo (i tempi si dilatano rispetto al phase out e si parla solo del settore energetico non di tutti i settori).
E ancora: triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030 a livello globale, ma senza finalizzare lo sforzo a ridurre l’utilizzo delle fonti fossili; riduzione, e non uscita, dell’energia prodotta dal carbone senza abbattimenti (CCS), mantiene tutte le false soluzioni, riconoscendo il ruolo di nucleare, delle tecnologie di abbattimento e rimozione come la cattura e lo stoccaggio del carbonio e dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio (compreso quello prodotto da nucleare e da fossili) per ridurre le emissioni; eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili inefficienti, che non affrontano la povertà energetica o la transizione.
Con un esplicito riconoscimento dei carburanti per la transizione (leggi gas) nella transizione energetica e per assicurare la sicurezza energetica. Questo linguaggio, unito al fatto che comunque gli impegni assunti nelle conferenze sul clima sono sempre non vincolanti e non sanzionabili, permetterà non solo ai Paesi produttori, ma anche a quelli consumatori, l’uso di fonti fossili con l’illusione che le emissioni si potranno catturare e stoccare (adesso la CCS assorbe solo lo 0,1 per cento delle emissioni) e che il consumo di energia potrà continuare a crescere affiancando le fossili, le rinnovabili e il nucleare.
Il testo fa riferimento alla scienza ma non adotta le soluzioni che la scienza ci indica e non fa riferimento al picco delle emissioni nel 2025. È un lasciapassare per il business as usual, senza nessuna critica o accenno al cambiamento del sistema capitalista ed estrattivista che sta portando l’umanità al disastro ecologico e sociale.
Anche per la finanza il testo riconosce l’enorme divario fra le risorse necessarie per la mitigazione e l’adattamento e il fondo Loss&Damage per i Paesi in via di sviluppo, ma non riesce a colmarlo, non prevede impegni di finanza pubblica per garantire una giusta ed equa transizione con interventi nei servizi pubblici, nei settori strategici per la transizione e nelle rinnovabili.
Il programma di lavoro per la giusta transizione ha trovato un equilibrio fra le contrapposte posizioni, mettendo insieme equità, giustizia sociale, diritti del lavoro e protezione sociale, quest’ultima inserita anche nel testo sull’adattamento ma lavoratori e i sindacati sono completamente tagliati fuori dal testo del GST. Una grave presa di posizione contro lavoratori formali e informali, coloro che rappresentano il motore del cambiamento e senza i quali nessuna transizione sarà possibile.
Poteva andare meglio, poteva andare peggio? Non è questo il punto. La finestra per restare entro il 1,5°C si sta per chiudere e non abbiamo bisogno di parole ma di azioni concrete, radicali, urgenti, e questo testo non ci dà nessuna rassicurazione in tal senso.