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Tagli, tagli e ancora tagli. La revisione del Pnrr presentata dal governo alla Commissione europea, in cui si riscrivono 144 misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per il capitolo ambiente definanzia anziché potenziare le risorse per la decarbonizzazione, toglie invece di implementare la progettualità per la transizione ecologica, diminuisce anziché aumentare l’impegno per raggiungere gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile.
Nonostante le rassicurazioni che il ministro Fitto si è premurato di dare a Regioni, Comuni, Città metropolitane e Province, turbati dalle incertezze create dai suoi annunci, confermando l’innocuità della partita di giro dei fondi da lui prospettata, le sottrazioni ci sono, eccome.
Azzerato l’eolico offshore
“Tanto per cominciare, per quanto attiene alla Missione 2 le modifiche più rilevanti riguardano il definanziamento delle misure che hanno lo scopo di introdurre produzione di energia rinnovabile da fonti più innovative (capitolo M2C2)", dichiara Simona Fabiani, responsabile Cgil nazionale Politiche per clima, territorio, ambiente, trasformazione green e giusta transizione: "675 milioni di euro tolti agli impianti innovativi, inclusi l’eolico offshore (in mare aperto, ndr). Il motivo? L’incompatibilità dell’iter autorizzativo con i tempi di realizzazione del Piano. Eppure sono già presenti circa 70 progetti per la realizzazione di impianti di eolico offshore”.
Poi c’è l’impiego dell’idrogeno nei siti industriali cosiddetti hard to abate, cioè dove è difficile abbattere le emissioni di Co2 nell’atmosfera, in questo caso nella produzione dell’acciaio: il finanziamento viene ridotto di 1 miliardo, con l’impegno molto generico di proseguire il progetto con altre risorse nazionali, senza specificare quali sono. Per ora di sicuro c’è il taglio.
Rigenerazione dove sei?
Altri capitoli fortemente penalizzati sono quelli dei progetti di rigenerazione urbana, i piani urbani integrati, gli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio, l’efficienza energetica dei Comuni. Per questa ultima voce, 6 miliardi di euro distribuiti per l’efficientamento energetico, la messa in sicurezza anche antisismica del territorio e degli edifici, il miglioramento dei sistemi di illuminazione pubblica.
“Stiamo parlando di ben 39.900 piccoli e 7.200 medi lavori pubblici, di cui i primi mille andavano completati entro dicembre di quest’anno e gli altri per marzo 2026", prosegue Fabiani: "Anche in questo caso viene segnalata la possibilità di ricorrere a fonti di finanziamento nazionali, e anche in questo caso le fonti non sono indicate. Quindi, l’unica cosa certa a oggi è il taglio”. Le criticità che vengono indicate riguardano tra l’altro la fase attuativa, a dimostrazione del fatto che si tratta d'interventi già finanziati e cantierizzati, con appalti aggiudicati e progettazione in corso.
Alluvione, come se niente fosse successo
La revisione del Pnrr presentata dall’esecutivo propone anche il definanziamento dell’investimento sulle misure per la riduzione e la gestione del rischio di alluvione, nonostante che la Commissione europea abbia espressamente richiamato il nostro Paese nelle sue raccomandazioni ad agire per combattere il dissesto idrogeologico, anche in riferimento alle alluvioni devastanti di maggio scorso. Rimodulazioni sono previste inoltre per gli investimenti per il trasporto rapido di massa, per il supporto alla filiera dei bus elettrici, alle infrastrutture per la mobilità sostenibile.
Capitolo Repower Eu
“Come se non bastasse, oltre ai tagli alle rinnovabili e all’efficientamento contenuti nella rimodulazione del Piano – conclude Fabiani -, le nuove misure proposte per il RepowerEu (il piano europeo per risparmiare, produrre energia pulita e diversificare il nostro approvvigionamento, ndr) puntano anche a nuove infrastrutture per il gas. In pratica, anziché dare un’accelerata alla decarbonizzazione e alla transizione ecologica in tutti i settori economici, anziché spingere sul risparmio e l’efficienza, investire sulla prevenzione, l’adattamento al cambiamento climatico, la tutela degli ecosistemi, stiamo andando nella direzione opposta”.
Questo governo, quindi, è ancora ostinatamente e fortemente orientato verso le fossili e non verso le energie alternative. Un’ulteriore dimostrazione? Mentre mancano il decreto per l’individuazione delle aree idonee per le rinnovabili e quello attuativo sulle comunità energetiche, è stato varato il decreto per i rigassificatori, che prevede tutte infrastrutture e le opere ritenute di interesse strategico. La priorità data alle fonti che inquinano non è un’opinione, ma un dato di fatto.