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Sono studenti giovanissimi, ragazze e ragazzi minorenni o appena maggiorenni. Hanno la vita davanti e la voglia di fare nuove esperienze. Dalle finestre di scuola dell’istituto nautico “Duca degli Abruzzi” si vede il mare. Un compagno di vita per chi abita in questa città, non c’è famiglia che non abbia un parente pescatore, magari un nonno oppure uno zio, perché le nuove generazioni stanno abbandonando un mestiere bello e affascinante, ma faticoso e non privo di rischi, con guadagni ormai insignificanti.
Come tutti gli adolescenti, i ragazzi sono curiosi. Così hanno accettato con gioia l’invito della Flai Cgil a passare una giornata in mare aperto, sulle barche che battono le rotte dei branchi di pesci al largo del mare catanese. Imbarcati al fianco di pescatori esperti per confrontarsi con un mestiere antico ma sempre attuale, che caratterizza la storia dell’isola. Perché la Sicilia è anche il suo mare.
L'iniziativa rientra nel progetto di formazione avviato dalla Flai, nell’ambito del Programma triennale della pesca e dell’acquacoltura 2022/24, finanziato dal ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, per far conoscere un mondo di grande tradizione, che rischia però di estinguersi senza il necessario ricambio generazionale.
“Cosa rimane dell’esperienza fatta? Come racconteresti agli amici la giornata passata in barca? La consiglieresti?”. Di fronte alle domande della cronista risponde Alice, 15 anni, fiera d'indossare la divisa blu dell’istituto. Cerca di vincere la timidezza, la voce trema un po' quando racconta che non vede l’ora di tornare in mare. Di pescare. Mesi fa si era ritirata dall’istituto nautico per provare a diventare estetista, come alcune sue amiche. “Tentativo fallito - spiega - non faceva proprio per me”. Sulla barca era quella più a suo agio. “È stato emozionante tirare su le reti con i pesci”.
Il racconto di una giornata particolare
Davvero una giornata particolare per le alunne e gli alunni della terza e della quinta, che hanno vissuto l'esperienza d'imbarcarsi sulla motopesca ‘Lachea’ di Giuseppe Valastro, di Acitrezza. Hanno così potuto osservare le attività di piccola pesca, acquisendo e approfondendo le loro competenze sulla tutela del territorio e sul loro indirizzo di studio. Accompagnati dal professor Motta e dal collega Costarelli, hanno assistito anche alle operazioni di recupero reti e di pesca al totano.
“Vale più un’ora in mare che un mese di lezioni”, scherzano ma non troppo i professori. “È stata una attività di orientamento rivolta a ragazzi di scuola superiore a indirizzo pesca, e qualcuno ha scoperto di voler fare il pescatore da grande. Speriamo che questa esperienza continui”.
Antonio Pucillo, responsabile nazionale del dipartimento pesca della Flai, è soddisfatto. Lui conosce bene le difficoltà di un settore che rischia di sparire, stretto fra la competizione al ribasso sotto il ricatto della grande distribuzione, e un caro gasolio amplificato negli ultimi mesi dagli effetti collaterali del conflitto russo-ucraino.
Allora gli studenti sono i benvenuti, per lasciare da parte almeno per qualche ora i problemi quotidiani, e ascoltare ragazze e ragazzi giovanissimi che rispondono con entusiasmo alle domande.
“Pensate che questo sia stato solo il primo incontro con la pesca? Quale attività vi è piaciuta di più?”. Alice non ha dubbi, a lei pescare piace da matti. Paolo, 16 anni, berretto in testa e maglione troppo grande per un fisico ancora esile, racconta che purtroppo con la pesca non si vive, facendo l'esempio di suo padre che alla fine ha dovuto cambiare mestiere. “Si guadagna troppo poco, perché il pescato non viene pagato quanto merita”.
La parola più usata dagli studenti è “bello”, aggettivo che raccoglie tanti significati. Antonio, 18 anni, non ha ancora deciso se da grande farà il pescatore ma vorrebbe ripetere l’esperienza: “Ne ho parlato con gli amici, i vicini di casa, erano tutti positivamente sorpresi di una lezione a contatto con la natura”.
Le sfide del mestiere della pesca
Giuseppe Valastro, capitano della 'Lachea', sembra uscito da un film d'avventura, occhi azzurri e pelle abbronzata dal sole, il volto di chi ha visto, e sopportato, tante intemperie. Quando parla delle ore in mare con i ragazzi lo fa con un sorriso d'intesa rivolto ai giovanissimi compagni di viaggio, in giorni densi di emozioni e stupore. La sua è una famiglia di pescatori, il cugino Giovannino Valastro ha anche scritto un libro sulla pesca.
Quando parla del mestiere cita i Malavoglia ricordando il tragico affare dei lupini. “Sono in mare da sempre, avevo sei anni quando mi portarono per la prima volta a veder lavorare i 'grandi'”. Adesso va per i cinquanta, e dopo aver toccato con mano quanta ricchezza ci sia nelle profondità marine, deve fare i conti con un lavoro che negli ultimi anni è diventato sempre più complesso, e per giunta dà sempre meno soddisfazioni: “Non si può iniziare dalle reti piene – tira le somme - e ritrovarsi a non portare a casa quasi niente”.
Il bisogno aguzza l'ingegno, ecco così che da qualche tempo si integrano guadagni sempre più magri con la 'pesca-turismo’. In altre parole, si portano in barca, a pescare totani e triglie, seppie e scorfani, saraghi e il pregiatissimo dentice rosa che si trova al largo delle grotte di Ulisse, i tanti appassionati che per le loro vacanze scelgono la Sicilia, approfittando di questa possibilità di coltivare il loro hobby preferito.
La figlia del capitano Valastro fa l’università, e grazie alla pesca-turismo si esercita con le lingue straniere quando in barca salgono vacanzieri che non parlano italiano.
Giornate come questa sono possibili grazie all'accordo dell'istituto nautico con la Flai Cgil. “In contesti del genere – osserva Natalia Bagnara, componente del coordinamento nazionale Pesca del sindacato - si possono capire e apprezzare le reali risorse che la nostra terra ha a disposizione, e come possono essere usate al meglio per il bene della collettività”. Per la gioia di questi studenti, marinai in erba.
Il sole non è ancora tramontato e si torna in mare, questa volta con una barca di 24 metri utilizzata per cercare il pesce azzurro, il capitano parla con Pucillo dell’importanza della sicurezza e della formazione, chiede alla Flai di continuare il percorso cominciato lo scorso anno su questi temi. La società ‘Testa Giuseppe e C.’ è riuscita a resistere alla crisi dopo un lungo percorso di ricerca e studio, che li ha portati ad ‘annullare’ l’intera filiera diventando essi stessi produttori, trasformatori e venditori del prodotto che pescano con le loro navi.
Nelle sue parole la pesca diventa una sfida quotidiana, difficile e affascinante. Il mare va rispettato, ma può diventare anche il tuo peggior nemico. E un delfino salvato dalle reti è di buon auspicio per le giornate a seguire. Hanno incontrato anche i gommoni carichi di migranti in fuga da guerre, carestie, violenze di ogni genere. “Abbiamo dato loro cibo, cercato di aiutarli. In mare non si lascia solo nessuno”.