Prime pagine
Il Sole24Ore apre con la politica bancaria europea: “Lagarde: tassi fermi per tutto il 2022”; il Corriere della sera sceglie invece le possibili chiusure per covid: “Quattro regioni a rischio giallo”. La Repubblica opta poi per i blitz della Digos: “Prove di eversione No Vax”; il Messaggero apre con la campagna vaccinale: “Terza dose dopo cinque mesi”. La Stampa punta sulla politica interna: “Conte a Letta: Sì al patto ma nuova Costituzione”; così come fa il Fatto quotidiano: “Dell'Utri-Verdini-Letta: 30 voti per B. al Colle”. Il Manifesto sceglie infine l'inquinamento e i dati dell'Agenzia Ue per l'ambiente: “Le polveri sotto al tappeto”.

Interviste
Sul Corriere della sera, a pagina 37, Rita Querzè intervista il Ceo di Autostrade per l'Italia Roberto Tomasi sull'accordo per lo smart working firmato in azienda nelle scorse settimane: “Abbiamo scelto di lasciare ai responsabili di ciascun settore e ai loro collaboratori la decisione di passare a tre giorni a casa e due al lavoro, per esempio - si legge -. Ogni ambito organizzativo ha la possibilità di scegliere, settimana per settimana, lo schema più efficace in funzione di necessità produttive e conciliazione”. E ancora: “D'altra parte è questo lo spirito di un'organizzazione del lavoro basata sulla responsabilizzazione dei singoli. Compiti e obiettivi non sono mai sempre gli stessi”; “Lo smart working consentirà un risparmio sugli spazi e sul costi collegati? No, guardi, al momento non stiamo agendo su una riduzione degli spazi. Anche perché un maggiore spazio consente il massimo confort anche per la tutela dal Covid. Per quanto riguarda il contenimento dei costi, più che diminuire stanno aumentando. Con lo smart working servono più spazi comuni, per esempio. La cultura aziendale si forma anche nei momenti di socializzazione quando ci si ferma per un break per un caffè. Mi faccia poi toccare un tema a cui tengo molto: l'impatto della nostra attività sull'ambiente e sul territorio”.

Sulla Stampa invece, a pagina 29, Elena Del Santo intervista a Makaziwe Mandela, figlia dell'ex leader sudafricano Nelson Mandela: “La situazione critica del Sudafrica è sotto gli occhi di tutti – dice -. L'economia non va bene per niente. C'è un tasso di disoccupazione giovanile del 45%, molte persone vivono in povertà. Il governo non ha ancora un piano per affrontare tutto ciò. E il Covid ha peggiorato la situazione. Come se non bastasse la violenza contro le donne è in aumento e questo fa paura. Ma non credo che le sfide sociali che il mio Paese deve affrontare siano un caso isolato, sono cose che si stanno diffondendo in tutto il mondo. Così Makaziwe Mandela, per tutti Maki, fotografa la realtà del suo Paese. Lei, 67 anni, è l'unica rimasta dei quattro figli nati dal primo matrimonio del leader sudafricano con Evelyn Mase. Imprenditrice, plurilaureata, ha appena lanciato alla Torino Fashion Week (evento in digitale) la prima collezione di moda streetwear che riprende i disegni originali realizzati da suo padre. In ricordo del quale ha fondato la House of Mandela, Fondazione che contrasta la povertà e l'analfabetismo. Come evolve il progetto? Al momento siamo concentrati sulla sicurezza alimentare e sulla creazione di una fattoria didattica. L'Eastern Cape ha terreni fertili, dove cresce qualsiasi cosa, ma per qualche motivo è anche la provincia più povera del Sudafrica, il che non ha senso. Vogliamo affrontare il problema insegnando alle persone come coltivare il proprio cibo e come farlo diventare una fonte di reddito”.

Sul Manifesto, a pagina 7, Massimo Franchi intervista il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli sulle pensioni: “Non ci piace la proposta Tridico - dice - perché solo con la parte contributiva si uscirebbe con assegni bassissimi che durerebbero fino ai 67 anni. Non ci convincono anche le proposte che impongono 35 anni di contributi perché penalizzerebbe le donne così come le proposte che prevedono tagli o ricalcoli”. E sulle risorse, afferma: “È (un tema) importante ma ormai chi va in pensione ora ha un assegno calcolato per quasi i due terzi con il sistema contributivo. Dunque l'effetto sui costi è limitato rispetto agli anni scorsi e simile a un semplice anticipo di spesa. In più ci sono i forti risparmi di Quota 100 che anche questa legge di Bilancio prevede e che devono rimanere in campo previdenziale e non usati per altro, come invece è successo per i risparmi della Fornero. Infine va sottolineato che non è vero che l'Italia ha i conti fuori asse perché se depuriamo tassazione e assistenza dalla spesa pensionistica siamo sulla media europea. La grande novità della convocazione di Draghi riguarda l'intoccabilità della Fornero imposta dall'Europa che anche Salvini ha solo demagogicamente promesso di cancellare, lasciandola inalterata. C'è la possibilità che questa volta sia cambiata e, paradossalmente, che lo faccia Draghi può essere un vantaggio. Vedremo se sarà così. Non c'è dubbio che se il governo affrontasse il tema in maniera seria confermerebbe che le nostre proposte sono socialmente e economicamente sostenibili”.

Editoriali e commenti
Sul Sole24Ore a Pagina 17 appare un testo di politica economica a firma di Joseph Stiglitz, Jean-Paul Fitoussi e Martine Durand. Si legge: “Non esiste un modo semplice di rappresentare con un unico numero ogni aspetto del benessere, così come il Pli descrive la produzione economica di un mercato. Ciò ha fatto sì che il Pil venisse impiegato come indicatore sostitutivo sia del benessere economico (il controllo delle persone sui beni) sia del benessere in generale (che dipende anche dalle prerogative delle persone e da attività esterne al mercato). Ma il Pil non è stato pensato per questo. Dobbiamo guardare al di là del Pil se vogliamo valutare lo stato di salute di un Paese e affiancargli un pannello di indicatori più ampio che rispecchi la distribuzione del benessere nella società e la sostenibilità di quest'ultimo nelle sue dimensioni sociali, economiche e ambientali. La sfida è rendere questo pannello di controllo sufficientemente ristretto da essere intelligibile con facilità, ma sufficientemente esteso da Includere una sintesi di ciò a cui teniamo di più”.

Il fondo del Messaggero, è invece affidato a Francesco Grillo, che scrive ci come sta cambiando il lavoro nel mondo a causa del covid: “Il 40% dei lavoratori dichiara che probabilmente lascerà la propria azienda e il 27% che potrebbe farlo anche senza aspettare una posizione nuova. Nei Paesi che inventarono l'idea moderna di impresa, la metà delle persone non si sente più legata alla propria organizzazione ed è un mutamento che può cambiare la natura stessa dell'impresa. Il ricambio (turn-over) cresce ed è una tendenza che è ancora più forte nelle imprese come Facebook o Alibaba che stanno cambiando il mondo e che si ritrovano a doverlo continuare a fare con una riserva di talento sempre più instabile. La società europea ed italiana non ha i livelli di flessibilità di quella americana (il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è arrivato fino al l'5 per cento nell'aprile del 2020 per scendere fino al 4,5 oggi, mentre in Italia oscilla tra l'13 e i17 da dieci anni). Tuttavia, anche in Italia il secondo trimestre del 2021 ha fatto registrare il più alto valore dal 2017 di dimissioni: 485mi1a che è, peraltro, un numero quattro volte più alto dei licenziamenti. Il fenomeno non è, in realtà, nuovo. A spingerlo sono due fattori ed entrambi sono stati accelerati dalla pandemia. Innanzitutto, la scoperta della possibilità di lavorare a distanza ha fatto, improvvisamente, capire a molti che gli obiettivi del lavoro e della vita familiare possono essere conciliati molto meglio. Ciò intrappola gli imprenditori in una scelta difficile: se insistono a richiamare tutti in ufficio a pandemia finita, rischiano di perdere dipendenti; se li lasciano a lavorare a distanza, diventa più probabile che essi entrino in un mercato del lavoro virtuale che non richiede spostamenti”.

Avvenire a pagina 3, ospita un commento del presidente dell'Abi Antonio Patuelli. Si legge: La Commissione Ue ha indicato come fenomeno europeo quello che in Italia era già noto: il crescente disallineamento fra domanda e offerta di lavoro in molti settori. Le imprese stentano, infatti, a trovare personale per tante occupazioni più o meno qualificate, mentre rimane ancora alta la disoccupazione. Soprattutto emergono le carenze di personale specializzato in attività o di scienze fisiche, chimiche e matematiche e di elevata tecnologia, o di parziale manualità. In tal modo non si riescono a cogliere le potenzialità attuali e future di molte imprese dei settori ora in maggiore espansione. In proposito, sono necessarie riflessioni più ampie e innovative che superino anche taluni pregiudizi del passato più o meno recente. Sono certamente da rivedere in Italia, ma anche nella Ue, le norme che regolano il mercato del lavoro e la formazione e riqualificazione professionale e che, evidentemente, alla prova dei fatti e delle grandi possibilità di sviluppo economico ed occupazionale, non riescono a far incontrare domanda e offerta di lavoro. Si tratta di vere emergenze che potrebbero frenare le prospettive di crescita economica e sociale e che non vanno certo rinviate, ma affrontate con ogni urgenza, innanzitutto con più formazione e più aggiornamento professionale.

Il Messaggero, infine, a pagina 23 ospita un intervento a firma del leader Cisl Luigi Sbarra e della segretaria Cisl scuola Lena Gissi, che scrivono: “Anche per l'imminente rinnovo del contratto nazionale il quadro delle risorse disponibile appare ben lontano da quanto sarebbe necessario per rivalutare in modo significativo le retribuzioni del personale, in condizioni di evidente svantaggio, per tutti i profili professionali, sia nei confronti interni che in quelli internazionali. L'emergenza pandemica ha peraltro comportato un notevole sovraccarico di impegni per chi lavora nella scuola, coinvolgendo in questo sia il personale di ruolo che quello precario: dalla riorganizzazione in forme inedite delle modalità di lavoro per il personale docente, all'accresciuto carico di responsabilità per i dirigenti, alla necessità di assicurare tutti gli interventi necessari per garantire la sicurezza e salubrità dei locali. Impegno che merita di essere ben diversamente e doverosamente riconosciuto. Siamo fermamente intenzionati a sostenere in ogni sede la necessità di modificare e migliorare, attraverso opportuni interventi emendativi, il testo del disegno di legge, per colmarne limiti e insufficienze e correggerne gli aspetti su cui emergono evidenti criticità. Chiediamo che su questo si apra immediatamente un confronto che dovrà vedere coinvolto il Governo al massimo livello, riconsegnando il tema della scuola e della sua centralità al contesto di condivisione e concertazione che anima il Patto per la scuola al centro del Paese, rispetto al quale è quanto mai indispensabile recuperare piena coerenza nell'azione di governo”.

Economia, welfare, sindacato
Ampio spazio nei quotidiani di oggi per il dibattito sulle pensioni. Sul Sole24Ore, a pagina 12, Marco Rogari scrive: “l premier ha anche già fissato un preciso paletto: qualsiasi forma di flessibilità in uscita o di pensionamento anticipato dovrà essere vincolata al ricalcolo contributivo dell'assegno, sulla falsariga di quanto già previsto per Opzione donna, che tra l'altro la manovra proroga di un anno. Un vincolo, quello posto da Draghi, che non appare certo in linea con le richieste dei sindacati: flessibilità in uscita diffusa partendo dai 62 anni d'età o al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione, oltre a specifiche tutele per giovani e lavori gravosi. E Cgil, Cisl e Uil senza risposte precise da parte del governo su previdenza fisco minacciano di proseguire la mobilitazione che hanno indetto e di andare anche oltre. Risposte che difficilmente potranno arrivare subito”.

Dello stesso tema si occupa Luca Cifoni del Messaggero a pagina 7: “Il tavolo a cui parteciperà il presidente del Consiglio è convocato per oggi pomeriggio alle 16,30. Sul dossier più delicato, quello relativo alla nuova forma di anticipo che potrebbe sostituire in via strutturale Quota 100, la carta del governo è l'estensione a tutti i lavoratori della possibilità di lasciare il lavoro anticipatamente in cambio di un assegno interamente calcolato con il metodo contributivo. Una generalizzazione della formula "Opzione donna" (appena prorogata per un altro anno), che è già stato ribattezzato "Opzione tutti" e potrebbe scattare da un'età minima di 62-63 anni. La soluzione non piace a Cgil, Cisl e Uil ma per l'esecutivo è l'unica possibilità di conciliare le esigenze dei pensionandi con quelle del bilancio pubblico. Questo meccanismo infatti pur provocando nell'immediato un maggior numero di uscite, concorre nel medio-lungo periodo a ridurre la spesa previdenziale, proprio perché gli importi degli assegni risultano ridotti a causa del calcolo meno favorevole”.

Ne scrive poi Alessandro Barbera della Stampa a pagina 4: “Nell'ordine del giorno c'è sempre la questione previdenza, che per paradosso sarebbe l'ultima delle priorità: una volta deciso il superamento del meccanismo di "quota cento", ci sarebbe da decidere che fare nel 2022. Le sigle si siederanno al tavolo con un intento diverso, ovvero costringerlo a mettere mano a quanto deciso con la legge di bilancio. Usano l'eufemismo «miglioramenti», ma di questo si tratta. Draghi Le sigle vogliono cambiare quanto già deciso con la Legge di bilancio tenterà di limitare la discussione alla riforma prossima ventura, ed evitare così (nel 2023) il ritorno alla vecchia legge Fornero. L'ipotesi è quella di partire da un'età minima per tutti a 62 anni, introducendo maggiore flessibilità per le mansioni più gravose e le donne. Ma c'è di più: avendo rinviato al Parlamento la destinazione degli otto miliardi destinati al taglio delle tasse, Cgil, Cisl e Uil vogliono dire la loro. Sposeranno la tesi della sinistra, di Pd e Leu, chiedendo di concentrare i fondi sugli oneri in busta paga del lavoro dipendente. E poiché la gran parte dei loro iscritti sono pensionati, chiederanno qualcosa per gli assegni di un sistema che concede poco a troppi. Le premesse sembrano le stesse che fecero fallire le ambizioni del governo Monti nel 2011, che ebbe carta bianca giusto il tempo necessario a evitare il default finanziario salvo poi essere inghiottito dalle richieste dei partiti”.

Il Fatto quotidiano a Pagina 13 si occupa invece dello sciopero dei corrieri Amazon in appalto. Scrive Roberto Rotunno: “E' un mesetto che si sono fermati gli incontri e non abbiamo più ricevuto convocazioni, fa notare Danilo Morini della Filt Cgil. I sindacati puntano ad abbassare i ritmi, portare da 44 a 39 le ore settimanali nel medio periodo e a imporre la clausola sociale, quella per cui l'azienda che subentra è costretta a riassumere, alle stesse condizioni, i dipendenti di quella che uscente. Le imprese si smarcano perché ritengono che il loro contratto con Amazon sia formalmente di trasporto e non di appalto. Poi ci sono richieste sulle politiche da adottare in caso di danni ai mezzi, per evitare di penalizzare i lavoratori stessi costretti ai risarcimenti, ai premi economici e al trattamento dei dati personali, dato che gli addetti vengono monitorati durante i loro spostamenti”.

Sul Manifesto a pagina 18, Edoardo Turi scrive invece di sanità privata: “L'intento è depurare il Ssn da quell'aspetto costituzionale di «riforma di struttura», «elemento di socialismo» (come prefigurava il Pci) o «obiettivo prefigurante» (per il manifesto,che la sinistra aveva ottenuto in due decenni di lotte operaie e studentesche a cavallo del lungo Sessantotto italiano. Nel suo discorso di insediamento Mario Draghi, alfiere del pensiero neo-liberale-liberista, ha citato Cavour, e i partiti che lo sostengono (Pd, Lega, 5Stelle) sono ormai tutti nell'orbita liberale-liberista, seppure con declinazioni diverse tra loro. Liberal-liberisti con i soldi pubblici. Siamo alla spallata finale dopo anni di definanziamento e ricorso al privato, responsabili anche governi di centrosinistra nazionali e regionali (pur con la sinistra radicale), in mancanza di nuove elaborazioni e pratica sociale”.

Avvenire, a pagina 10, torna infine sugli incidenti sul lavoro. Paolo Ferrario scrive: “I ddl sull'istituzione della Procura nazionale del lavoro è stata depositata in Senato su iniziativa di lunio Valerio Romano (M5s). «La proposta - si legge nel testo - pagna di mobilitazione per allenare tutte le forze a disposizione» perché «solo in questo modo si può voltare pagina ed interrompere una tragedia inaccettabile». La nuova sfida della sicurezza è allora quella della «prevenzione partecipata», iniziativa lanciata ieri dalla Fondazione Rubes Triva e dall'Osservatorio Olympus, in collaborazione con Inail e Ispettorato nazionale del lavoro, che culminerà negli Stati generali della salute e sicurezza sul lavoro, in programma dal 4 al 6 maggio 2022 all'Università di Urbino. «La battaglia contro le morti sul lavoro si vince tutti insieme, lavoratori, datori di lavoro, aziende, associazioni, sindacati e, naturalmente, tutti gli organismi statali», si le :4: e in una nota dei promotori. Alla presentazione del Festival ha preso parte anche il direttore dell'Inl, Bruno Giordano, sottolineando che «fare prevenzione» deve essere la priorità e ricordando anche i costi sociali degli infortuni sul lavoro: più del 2,5% del Pil, pari a qualcosa come 40 miliardi di euro. Una montagna di soldi che non tengono conto del «numero oscuro» degli incidenti sul lavoro: quelli che non vengono denunciati o sono camuffati da infortuni di altra natura”.

Oggi Collettiva apre con la vertenza della Sa.Ga. Coffee di Gaggio Montano (Bo) e con la diretta dell'iniziativa dell’area Welfare Cgil e Collettiva sucome i media trattano il consumo di sostanze stupefacenti,

L’agenda degli appuntamenti
Per il quadro completo di tutti gli appuntamenti Cgil, vedi l’agenda di Collettiva.