A partire dal 2026, Poste Italiane Spa potrebbe non concorrere alla procedura di gara per il rinnovo del servizio universale. L’annuncio è arrivato da parte dell’amministratore delegato dell’azienda Matteo Del Fante nei giorni scorsi, per il rinnovo del servizio universale. La reazione dei sindacati non si è fatta attendere: “Se così fosse, il management si dovrà prendere la responsabilità di cambiare profondamente la natura dell’azienda, che tradirebbe la sua mission in nome del profitto – commentano Nicola Di Ceglie della Slc e Pino Gesmundo, Cgil.

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I dirigenti sindacali ricordano che “attraverso il servizio universale Poste Italiane copre la spedizione e la consegna della corrispondenza in ogni area del paese, per garantire a tutti i cittadini la possibilità di fruire di servizi postali, definiti dal legislatore essenziali, che hanno reso l’azienda il colosso economico che tutti conosciamo e gli hanno consentito di avere una solida base su cui costruire tutte le altre attività”.

Ad aggravare ulteriormente la situazione, secondo quanto sottolineato nella nota, ci sono le tempistiche: le affermazioni dell’ad sono arrivate ad una settimana dalla conferma dell’ulteriore cessione al mercato del 15% delle azioni di Poste, prevista nella manovra 2024. “Di fronte a questo scenario vorremmo capire quanto valgono le rassicurazioni che la presidente Meloni aveva dato agli italiani affermando che Poste Italiane è e resterà un avamposto dello Stato”.

Da un lato, l’urgenza di preservare il ruolo sociale di Poste, dall’altro, quello di triplicare il rendimento delle azioni, obiettivo che il cda sembrerebbe essersi dato come prioritario. “Per tutte queste ragioni – concludono Gesmundo e Di Ceglie – continuiamo ad esprimere la nostra totale contrarietà nei confronti del progetto di dismissione del patrimonio pubblico, e ribadiamo a gran voce che il ruolo sociale che Poste ricopre va difeso con ogni mezzo, nell’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche nell’interesse di tutte le cittadine e i cittadini”.

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