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Puntare sul welfare per dare risposte ai bisogni dei cittadini ma anche per superare la crisi economica, occupazionale e sociale della nostra regione. È quello che chiede la Cgil Sicilia che sui temi dello Stato sociale ha tenuto oggi a Catania il secondo appuntamento dei “Laboratori per il lavoro”, finalizzati alla costruzione di una proposta di piano per lo sviluppo e l’occupazione. “Oggi - ha detto Mimma Argurio, della segreteria regionale Cgil, aprendo i lavori - scontiamo un deficit di infastrutturazione sociale che rappresenta un danno per i cittadini in termini di servizi carenti o mancanti del tutto, per l’occupazione collegata ma che sta causando anche difficoltà e ritardi nelle decollo delle azioni nazionali di contrasto alla povertà e del piano di azione e coesione”.
E per superarlo la Cgil chiede un piano complessivo che “metta al centro la persona intervenendo nell’ambito socio-sanitario, delle politiche per l’infanzia, per la famiglia, per gli anziani e la disabilità”. Promuovendo un riordino a partire dalla “definizione di una visione complessiva delle varie fonti di finanziamento, evitando quindi sprechi e duplicazioni e colmando le lacune esistenti”. Si parla di un contesto in cui, ad esempio, solo il 5,2% dei bambini da 0 a 3 anni è preso in carico dai servizi per l’infanzia, in cui l’abbandono scolastico tocca il 24% a fronte della media nazionale del 15%. In cui la povertà assoluta coinvolge 600 mila persone e quella relativa ha un tasso del del 34%.
Un contesto in cui il tasso di disoccupazione femminile è del 23% ( media nazionale dell’11,8%) e in cui la popolazione invecchia, con un progressivo cambiamento della struttura demografica. Nel 2002 per ogni 100 giovani (0-14 anni) c’erano 99 over 65, nel 2017 questi ultimi si sono attestati a 155 e tra 40 anni le previsioni dicono che gli over 65 saranno 300 ogni 100 giovani. “Una situazione- ha rilevato Argurio- che va affrontata con un ventaglio di interventi, che tengano anche conto della situazione reale che richiede un sistema socio- sanitario adeguato”. “Siamo convinti- ha proseguito- che occorra tracciare e condividere le linee di un vero welfare regionale, della governance, dopo un’attenta analisi e il confronto con tutte le forze politiche, con il convolgimento di tutti gli attori del sistema, affrontando i nodi strutturali a partire dal contesto sociale ed epidemiologico. Occorre superare ad esempio le carenze della medicina territoriale e affrontare le problematicità connesse alle liste di attesa”. Due dati: ancora oggi non risulta raggiunto l’obiettivo fissato nel 2010 di 2.500 Rsa e ci sono solo 184 consultori pubblici e 9 privati a fronte dei 250 previsti dalla legge in base alla popolazione.
“Per quanto riguarda il welfare per l’infanzia - ha detto Fabio Cirino, segretario della Flc Cgil di Palermo - occorre colmare il gap con le regioni del centro nord. Occorre ad esempio generalizzare le scuole dell'infanzia, rendendole obbligatorie; estendere le sezioni primavera; assegnare i finanziamenti previsti per lo 0-6 ristrettamente alle scuole; attivare nidi pubblici d'infanzia e servizi integrativi in forme ludiche ed educative, spazi gioco, centri ricreativi, sezioni integrate tra nidi e scuole dell'infanzia e sviluppare il tempo pieno alla primaria e curricoli obbligatori per legge di 30 ore".
"Per tutto questo ci vogliono naturalmente investimenti- ha sottolineato- ma va d’altronde considerato che investire sull’infanzia porta a lungo termine un ritorno di almeno il 6% in termini di Pil”. E può avere ricadute sul lavoro delle donne, direttamente o indirettamente. “In un settore come il commercio- ha rilevato la segretaria generale della Filcams Cgil Sicilia, Monja Caiolo- dove è diffuso il lavoro femminile che col part time raggiunge retribuzioni non più alte di 700 euro al mese, che si riducono notevolmente se il lavoro è in nero, spesso capita che le donne abbandonino il lavoro non avendo come far fronte alle incombenze legate alla cura di bambini e anziani, in contesto in cui anche il sistema sanitario sconta debolezze, come quella della inadeguatezza della rete di medicina territoriale”.
“Per quanto riguarda le politiche sociali e sanitarie- ha sostenuto Roberta Malavasi, della segreteria dello Spi Sicilia- occorre un riordino complessivo della legislazione. Le risorse non mancano ma manca un piano. Le difficoltà esistenti nella programmazione e nella progettazione rischiano anche di far perdere alla Sicilia importanti risorse europee e questo non è ammissibile in una regione dove i servizi sono carenti e l’arretramento dello Stato sociale comporta anche la perdita di posti di lavoro” . E ai comuni che lamentano mancanza di risorse, Malavasi manda a dire di “integrare i bilanci portando avanti la lotta all’evasione fiscale”.
“Al livello nazionale – ha ricordato Concetta Basile, segretaria regionale Fp Cgil- la Funzione pubblica chiede 500 mila assunzioni negli enti locali, nella sanità e nei ministeri per ridare consistenza e qualità ai servizi e questo e tanto più importante per la Sicilia dove la carenza è marcata. L’obiettivo deve essere un welfare sociale, sanitario e territoriale in grado di dare risposte reali ai bisogni. Considerate anche le difficoltà finanziarie dei comuni- ha aggiunto- occorre che si apra subito un tavolo con la presenza degli assessori regionali alla salute e alle politiche sociali, di Cgil Cisl e Uil e delle categorie per affrontare le criticità sul tappeto”. Giuseppe di Natale, dell’Auser Sicilia, ha rilevato la necessità di “rendere permanente un confronto tra gli stackolder siciliani per ridisegnare il perimetro di una politica sociale più inclusiva, in cui tutti possano riconoscersi”. E rilanciato la proposta di Cgil, Cisl e Uil e delle associazioni di volontariato Auser, Anteaa e Ada delvaro di una legge sull’invecchiamento attivo.