Mercato del lavoro e formazione
Su questo tema si deve ripartire dai seguenti punti:
• Lotta al sommerso e sostegno alle politiche di emersione; Fiscalità di vantaggio per il lavoro a tempo indeterminato, e contestuale aggravio del costo, fiscale e contributivo, per tutte le tipologie, subordinate ed autonome, da esso distinte e non riconducibili ad attività stagionali, definite in modo rigoroso;
• Esigibilità di un sistema universale e strutturale di ammortizzatori sociali pubblico, fondato su due pilastri, rivolti rispettivamente a chi il lavoro l’ha perso, e a chi si trova in impresa con difficoltà temporanee, con contestuale e mirato intreccio di politiche attive, da erogarsi anche da soggetti privati, ma in regia con la scelta e la programmazione pubblica (Regioni, Province e CPI); revisione dei requisiti di accesso per favorire chi entra per la prima volta nel mondo del lavoro; ruolo solo integrativo della bilateralità, a seguito di intese contrattuali condivise dalle parti contraenti i CCNL applicati dall’impresa;
• Riordino e compressione delle tipologie occupazionali subordinate non a tempo indeterminato e, in tale contesto,rilancio delle proposte della CGIL sull’unificazione giuridica del mondo del lavoro;
• Recupero delle tematiche contenute nella proposta di legge elaborata dalla CGIL nel 2003 in materia di estensione dei diritti in caso di licenziamento e di computo delle soglie;
• in questo ambito e ferme restando le facoltà attribuite alla contrattazione collettiva, possibilità di intervenire sulla durata del periodo di prova in caso di assunzione a tempo indeterminato, e soppressione dello stesso in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto, anche a collaborazione, precedentemente svolto tra gli stessi soggetti, o intermediato da un’agenzia di somministrazione;
• Riordino e generalizzazione delle disposizioni legislative e contrattuali in caso di ogni tipo di trasformazione d’impresa, che includa ogni tipo di rilevante mutamento organizzativo e non solo societario;
• Necessità di una legge nazionale per l’apprendimento permanente e un programma di interventi pluriennale per raggiungere in tempi ravvicinati risultati di aumento degli adulti in formazione e avvicinarci il più possibile agli obiettivi europei. La legge deve affermare l’apprendimento permanente come nuovo diritto di cittadinanza, prevedere le misure per garantirne l’effettiva fruizione, promuovere la costruzione di un sistema nazionale della formazione permanente. Le misure a sostegno dell’apprendimento permanente devono essere finalizzate a rimuovere gli ostacoli che rendono difficile l’accesso alla formazione degli adulti ed escludono i più deboli: si devono prevedere congedi e permessi, interventi di defiscalizzazione delle spese formative, informazione e orientamento, certificazione delle competenze comunque acquisite. Occorrono interventi a sostegno della contrattazione della formazione, a livello nazionale e nei posti di lavoro, che estendano i diritti formativi a tutte le tipologie di lavoro, assicurino in primo luogo la formazione per la sicurezza, potenzino la contrattazione di secondo livello sui temi della produttività/organizzazione del lavoro/salari e inquadramenti.

Salute e sicurezza

Un giudizio sul Libro Bianco, in materia di Salute e sicurezza, non può prescindere dalle modifiche apportate al Decreto 81/08 (Testo Unico) dal decreto correttivo (D Lgs 106/09) approvato lo scorso luglio dal Governo. Il testo, in linea con l’impianto concettuale del Libro bianco, costituisce una sostanziale regressione della tutela delle persone al lavoro. La CGIL si è già ampiamente espressa nel merito confermando a più riprese il parere complessivamente negativo sul provvedimento. Il testo in particolare interviene pesantemente sui diritti individuali dei lavoratori e delle lavoratrici, sui diritti collettivi di rappresentanza e sulle attribuzioni dei rappresentanti dei lavoratori. In più interviene sull’intero sistema delle responsabilità, introducendo in alcuni casi norme che denotano un chiaro eccesso di delega. Il rischio concreto che promana dal correttivo è in definitiva quello di favorire un modello di impresa che basa tutta la sua qualità competitiva sulla riduzione dei costi contrattuali e sulla riduzione dei diritti e delle tutele del lavoro. Una prospettiva nefasta in un paese che ha accumulato negli ultimi 15 anni, indipendentemente dal ciclo politico e congiunturale, un divario di crescita di almeno 5 punti sulla media europea.

Allo stato occorre in primo luogo prevedere la rapida ma anche adeguata definizione dei molteplici adempimenti (circa 40 tra Decreti ministeriali, Accordi Stato/Regioni etc) che il Governo ha durante l’ultimo anno colpevolmente ritardato. Prioritariamente occorre ripristinare, anche normativamente, efficaci misure di contrasto al lavoro nero ed irregolare (dove si concentra una quota significativa del fenomeno infortunistico). Tali misure debbono prevedere, per le imprese reiteratamente inadempienti agli obblighi della sicurezza, la effettiva sospensione dell’attività imprenditoriale e l’esclusione dagli appalti pubblici. Occorre inoltre avviare politiche efficaci di sostegno alle micro, piccole e medie imprese (mirate in primo luogo all’introduzione di adeguati sistemi di gestione della sicurezza e dell’ambiente, al trasferimento tecnologico ed alla crescita dimensionale). Occorre, sul fronte delle tutele, aprire una discussione trasparente sulle risorse derivanti dagli avanzi di gestione dell’Inail, prevedendo misure di adeguamento delle prestazioni e delle rendite (oggi intollerabilmente basse) per le famiglie ed i lavoratori vittime di incidenti e di malattie professionali.

Per il sindacato il compito prioritario è il rilancio di una contrattazione sui luoghi di lavoro che abbia al centro le l’organizzazione e la qualità del lavoro (tempi e carichi di lavoro, riposi, turni, lavoro notturno etc) come fattore della prevenzione e della sicurezza sia per i rischi tradizionali che per quelli emergenti legati (stress lavoro-correlato etc) soprattutto nei luoghi (appalti) e per i soggetti (lavoratori precari, immigrati, donne) a maggior rischio.

L’obiettivo dell’abbattimento del numero di infortuni va infine accompagnato da un’attenzione nuova e forte alle malattie di origine professionale. Un fenomeno sottovalutato dalle istituzioni ed anche dalla comunicazione che produce però (come è stato evidenziato dalla Commissione di inchiesta del Senato sul fenomeno delle cosiddette “morti bianche”) un tributo di morti ben superiore a quello degli incidenti mortali.
Per questo motivo la Cgil proporrà alla Commissione Consultiva costituita presso il Ministero del Lavoro un dettagliato programma di azione per l’emersione di quelli che la Commissione del Senato definisce “tumori perduti”.

Sanità
Per ciò che riguarda la sanità abbiamo fin qui cercato di dimostrare che non c’è un problema di insostenibilità finanziaria. Il problema più rilevante della spesa sanitaria sta nella sua allocazione: molte risorse sono destinate al tradizionale sistema di cura e assistenza (acuzie, strutture ospedaliere, etc) assai meno rispetto alla prevenzione e al sistema territoriale.

Il problema quindi di una diversa organizzazione del servizio socio-sanitario deve costituire per noi una vera priorità. Battersi per dare centralità alla salute sul territorio vuole dire intercettare meglio i bisogni di assistenza, interpretarne la domanda, individuare le fonti del disagio, fare incontrare la programmazione sociale con quella sanitaria, portare i servizi vicino ai cittadini e ai loro bisogni in forma partecipata, superare un approccio alla politica sanitaria e sociale intesa solo come produzione ospedaliera e posti letto. Da questo punto di vista, ad es., si tratta di operare affinché si realizzi la continuità assistenziale nelle 24 ore e tra ospedale e territorio. Ciò significa garantire e consolidare le Unità Territoriali di Assistenza Primaria, realizzando finalmente l’integrazione tra i servizi distrettuali, i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta. Gli accordi regionali e locali sulle cure primarie devono garantire l’assistenza nelle 24 ore per 7 giorni la settimana, la continuità assistenziale ospedale/territorio, il ruolo del medico di medicina generale nella presa in carico. Naturalmente, proprio per rendere credibile quanto detto, dobbiamo dare continuità alla nostra iniziativa, insieme alle Regioni, per evitare che il governo nella prossima finanziaria confermi i tagli delle risorse destinate al servizio sanitario nazionale.

Previdenza
Sul sistema previdenziale abbiamo due temi urgenti da affrontare: quello della definizione dei lavori usuranti e quello dei coefficienti di trasformazione relativi al sistema di calcolo contributivo. Sulla prima questione si tratta di rivendicare e chiedere che sia attuato integralmente quanto previsto dal protocollo sul welfare del 23 luglio 2007. È un anno che l’attuale governo procrastina il decreto cercando continuamente di intervenire per ridurre la platea dei beneficiari di quanto previsto dal protocollo. In secondo luogo, è urgente affrontare la questione dei coefficienti perché la loro applicazione così come rivisti dal nucleo di valutazione della spesa previdenziale non solo incide sulle prestazioni future, ma potrebbe comportare problemi di carattere giuridico specialmente nel caso in cui i nuovi coefficienti dovessero essere applicati anche alla quota di montante contributivo maturato prima dell’entrata in vigore dei coefficienti stessi.

La revisione su tutto il montante, infatti, e la conseguente riduzione delle pensioni finiscono con il generare forti discontinuità di trattamento fra generazioni molto simili di pensionati. Coloro, infatti, che si collocano in pensione dopo la revisione dei coefficienti vedrebbero ridursi in modo significativo l’importo della loro pensione a fronte di coloro che si sono collocati in pensione nel periodo precedente la revisione dei coefficienti stessi. Per di più queste differenze non sarebbero giustificate da elementi oggettivi (l’aumento della sopravvivenza che viene rilevato dall’ISTAT si riferisce ad una maggiore speranza di vita sia di coloro che si collocano in pensione prima della revisione dei coefficienti che di quelli che vi si collocano successivamente) e ciò potrebbe fare emergere una illegittimità sul piano istituzionale. Inoltre, per coloro che si trovano vicini al pensionamento si verrebbe a creare una incertezza rispetto all’importo della futura pensione.

Si può allora lavorare ad una ipotesi alternativa: configurare, cioè, un meccanismo “pro-rata” secondo cui i nuovi coefficienti verrebbero applicati alla sola quota di montante che si riferisce alla anzianità maturata dopo la revisione. La quota di montante maturato precedentemente si calcolerebbe, invece, sulla base del vecchio coefficiente.

In secondo luogo si tratta di prendere in considerazione l’esistenza di forti disuguaglianze sociali nell’aspettativa di vita in relazione alle mansioni che si svolgono durante l’attività lavorativa. Queste disuguaglianze mettono capo a svantaggi di alcuni anni nella speranza di vita per le persone che arrivano alla pensione da carriere di lavoro subordinato con basso reddito e bassa posizione sociale. Proprio per fare fronte a questa situazione si può pensare ad una differenziazione del coefficiente proprio in relazione al tipo di attività svolta durante la vita lavorativa.

Politiche sociali
Sulle politiche sociali e socio sanitarie è importante la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (Liveas), come condizione per colmare le differenze territoriali nell’erogazione dei servizi, tanto più a fronte della recente approvazione della legge delega sul federalismo fiscale. Da questo punto di vista, le priorità riguardano: infanzia, non autosufficienza, contrasto alla povertà. E’ indispensabile, infatti, che il governo definisca un piano per l’inclusione sociale e il contrasto alla povertà che faccia perno su una legge nazionale in grado di coniugare il sostegno economico con efficaci programmi di inserimento sociale e lavorativo. In secondo luogo è fondamentale un finanziamento adeguato per il Fondo nazionale per la non autosufficienza, al fine di colmare la differenza tra l’attuale offerta di servizi e la crescente domanda di assistenza proveniente dalle persone parzialmente o totalmente non autosufficienti. Inoltre, è necessaria la definizione di un programma di potenziamento dei servizi per l’infanzia, che aumenti progressivamente la copertura delle esigenze espresse dalle famiglie fino a raggiungere i parametri indicati a livello europeo.