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Palermo - Il 1° aprile è il 69mo anniversario dell'uccisione di Calogero Cangelosi, dirigente della Cgil, assassinato dalla mafia il primo aprile del 1948 all'età di 41 anni. La Cgil e l'amministrazione comunale del paese lo ricorderanno presso il cimitero di Camporeale, alle 10.30, e deporranno una corona di fiori presso la sua sepoltura. Interverranno: Dino Paternostro, responsabile dipartimento Legalità Cgil Palermo, Rosalia Bonura, responsabile Lega Cgil di Camporeale, Vincenzo Cacioppo, sindaco di Camporeale, Calogero Guzzetta, della segreteria Cgil Palermo e Francesco Lannino, segretario generale Filctem Cgil Palermo, che concluderà l'iniziativa.
Cangelosi era nel mirino dei latifondisti del paese, cui dava fastidio per le sue battaglie condotte dalla parte dei contadini poveri. Il 1° aprile del 1948 fu assassinato alle 10 della sera mentre tornava a casa dopo una riunione alla Camera del Lavoro, in cui si era discusso della conquista delle terre, dell’applicazione dei decreti Gullo sulla divisione del grano ai contadini, e della concessione alle cooperative contadine delle terre incolte. Quattro sindacalisti si erano offerti di scortare Cangelosi. Ma sulla strada di casa, tra la via Minghetti e la via Perosi, dove Cangelosi abitava con la moglie Francesca Serafino e i quattro figli, la più piccola di 2 mesi e il più grande 11 anni, decine di colpi sparati col mitra ad altezza d’uomo si abbatterono sul gruppo. Colpito alla testa e al petto, Cangelosi cadde per terra, morendo all’istante. Anche Vincenzo Liotta e Vito Di Salvo furono colpiti e feriti gravemente. Miracolosamente illesi rimasero, invece, gli altri due, Giacomo Calandra e Calogero Natoli. Non fu mai bandito un processo. Nonostante tutti sapessero che a dare l’ordine di morte fosse stato il proprietario terriero don Serafino Sciortino, di cui Cangelosi era il mezzadro, e che a sparare erano stati il capomafia Vanni Sacco e i suoi “picciotti”, si procedette contro “ignoti”.
Cangelosi rientra nell'elenco della quarantina di militanti e dirigenti sindacali della Cgil uccisi tra il ‘45 e il ‘66, che il sindacato ha deciso di ricordare nel suo calendario della memoria. “Con Calogero Cangelosi ricordiamo una stagione eroica delle lotte per il lavoro e la democrazia in Sicilia. Cangelosi – dichiara Dino Paternostro, responsabile dipartimento Legalità della Cgil – insieme agli altri dirigenti sindacali, sostenuti da un imponente movimento contadino e bracciantile, hanno costruito condizioni di vita e di lavoro più civili in una terra dominata dagli agrari e dalla mafia. Hanno lottato a pugni nudi, alcuni hanno sacrificato la vita, ma la Sicilia è uscita dal feudalesimo. Oggi, in forme diverse, e in loro nome dobbiamo continuare quell'impegno e quelle lotte, perché abbiamo ancora bisogno di futuro, di diritti, di lavoro, di civiltà”.
E aggiunge Calogero Guzzetta, della segreteria Cgil Palermo: “Nel ’48, con l’escalation a pochi giorni di distanza dell'uccisione dei nostri tre dirigenti sindacali Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto e Calogero Cangelosi, la mafia sferra il suo colpo decisivo contro le frange più organizzate del movimento contadino della Sicilia occidentale. Cangelosi che, sapendo di essere nel mirino, si batté per portare avanti gli ideali dei contadini e della gente comune, rimettendoci la pelle, rappresenta un pioniere di un'antimafia che ha origini antiche e risale al movimento contadino dei fasci siciliani”.
Lo scorso anno, alla prima commemorazione organizzata dalla Cgil, sono intervenuti alcuni parenti, trasferiti da anni a Grosseto, tra cui la nipote Sonia Grechi, dirigente della Filcams Cgil, che ha ricordato che la sua mamma aveva solo due mesi quando Cangelosi fu eliminato. “Ha vissuto col dolore di non aver mai conosciuto suo padre - raccontò Sonia Grechi -. La vera motivazione della morte di mio nonno l'ho scoperta da grande, quando una volta con la nonna abbiamo sfogliato le foto dell'album di famiglia e ho visto le foto della grande folla al funerale. La nonna, dopo 12 anni dalla morte del marito, rimasta con 4 figli piccoli, difficili da far crescere in quel contesto, si trasferì in Toscana”.