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“È stato chiaramente un attacco al cuore dell'Europa. Si è verificato non solo all'aeroporto, ma nelle stazioni della metropolitana, proprio nella zona delle istituzioni comunitarie. Ha un valore simbolico, però dobbiamo reagire, dobbiamo essere capaci di rispondere con la democrazia, con la pace e anche con la solidarietà”. A dirlo è Luca Visentini, segretario generale della Ces, la confederazione europea dei sindacati, raggiunto al telefono da RadioArticolo1 ai microfoni di Martina Toti nella trasmissione Tutto Lavoro (ascolta il podcast integrale), subito dopo gli attentati di Bruxelles.
Proprio stamani nella capitale belga era in programma il comitato esecutivo della Ces, ovviamente interrotto per questioni di sicurezza. Lo racconta a caldo lo stesso Visentini: “Eravamo a poche centinaia di metri dalla stazione della metro dove il kamikaze si è fatto esplodere. Tra l'altro, molti di noi erano passati là qualche minuto prima dell'attentato. Io stesso sono sceso da quella stazione meno di un quarto d'ora prima dell'esplosione”.
I sindacalisti hanno lasciato il comitato dopo le 14.30, appena è stato possibile raggiungere un luogo sicuro. “Siamo rimasti dentro – racconta ancora – seguendo le indicazioni della polizia. Tutte le riunioni negli edifici dell'Unione e delle varie istituzioni collegate sono state sospese per oggi e domani. Non c'è alcuna possibilità nemmeno di usare i trasporti pubblici e anche il traffico privato è stato completamente interdetta. È tutto paralizzato”.
La Ces ha trasmesso un comunicato di solidarietà, precisando anche i contenuti politici. “Eravamo riuniti – spiega Visentini – per adottare una posizione comune della Confederazione europea in difesa dei rifugiati e contro le attuali politiche europee assolutamente insipienti e ignave nell'affrontare questo problema; contro l'accordo concluso pochi giorni fa con la Turchia per bloccare i rifugiati nel territorio e non farli venire nell'Unione europea; e anche per distinguere il fatto che non c'è alcun legame fra l'emergenza umanitaria dei rifugiati e quello che invece accade sul versante del terrorismo. Non dimentichiamoci – insiste – che la ragione per la quale, molto probabilmente, si sono verificati questi attacchi oggi qui a Bruxelles è semplicemente il fatto che uno dei terroristi di Parigi è stato catturato due giorni fa dalla polizia dopo giorni e giorni di ricerche”.
Evidentemente gli altri appartenenti alla stessa cellula terroristica si sono sentiti minacciati e hanno deciso passare all'azione immediatamente. “Sappiamo benissimo chi sono queste persone – osserva l'esponente della Ces –, è un gruppetto di poche decine di giovani che vive in un quartiere isolato della città che si chiama Molenbeek, dove però ci sono altri 40mila abitanti che non hanno nulla a che vedere con il terrorismo. Sono giovani emarginati colpiti dalla crisi economica, dalle difficoltà sociali che esistono quel quartiere, non integrati nella società belga ed europea, che vengono attratti dalle sirene della propaganda terroristica. Ma non sono buoni musulmani. Questo è tema fondamentale che va precisato: sono persone che non vanno in moschea, non hanno nessun rapporto con la comunità musulmana locale, non hanno nulla a che vedere con la fede. È semplicemente una reazione di persone emarginate che decidono di collegarsi al terrorismo per avere un riscatto da una situazione di esclusione dalla società”.
Lo dimostra la percentuale di disoccupazione che tra i giovani in Belgio è intorno al 20 per cento, invece nel quartiere di Molenbeek è superiore al 40 per cento. Prosegue Visentini: “Se andiamo a vedere le vite personali degli attentatori, anche quelli di Parigi, sono persone già legate a situazioni di criminalità comune alle quali si aggiunge una certa pazzia che porta a queste scelte estremistiche. È fondamentale, ripeto, distinguere molto chiaramente gli atti terroristici e criminali di questi gruppi ristretti di persone, da quella che è la comunità musulmana del Belgio e dell'Europa più in generale, dall'emergenza dei rifugiati e dell'immigrazione che l'Europa non dimostra di saper gestire in maniera adeguata. Non facciamoci trascinare in una spirale di xenofobia, di rigetto, solo perché abbiamo terroristi nell'Unione europea”. (mm)