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Agli abitanti di Saint Nazaire piacciono le misure extra large. Gli unici due palazzoni della città, in stile periferia romana, sono stati costruiti a un passo dalle spiagge atlantiche come una Punta Perotti qualsiasi, e il loro skyline è visibile quasi da ogni angolo della città. Un appartamento al decimo piano è più ambito di una delle poche casette scampate ai bombardamenti alleati della seconda guerra mondiale. Sarà perché rompono la monotonia delle abitazioni tutte rigorosamente a un solo piano, sarà perché il sogno della classe operaia arrivata da ogni dove per lavorare alla costruzione delle grandi navi da crociera è quello di ricreare su terraferma ciò che costruivano perché girasse il mondo, sarà perché nella grande base sottomarina che i tedeschi non abbandonarono fino alla fine della guerra si costruivano giganteschi torni e cannoni, ma agli abitanti di questa cittadina di poco meno di 70 mila abitanti affacciata sull’estuario della Loira e sull’Atlantico piacciono le misure XXL e tutto ciò che ha la forma di una nave: entrare nella vecchia stazione ferroviaria è come salire su un battello, una delle mete preferite delle gite domenicali è il vascello Belem, data di varo 1896, e l’arteria principale della città è conosciuta da tutti come il “paquebot”, il transatlantico.
La grande opera di cui i “nazariens” vanno fieri è la Queen Mary 2, mastodontica nave da crociera sfornata dai cantieri navali: a bordo, quattordici bar, una biblioteca, un teatro, piscine, una discoteca, un casinò e un planetario per ammirare le stelle. Per costruirla ci vollero appena due anni e fu così tanta la manodopera impiegata che si contarono lavoratori di 49 nazionalità diverse e il comune dovette mettere in piedi una struttura d’accoglienza.
Gianni Barbaro è un ingegnere ormai in pensione. Vive con la moglie in una anonima casetta a poche centinaia di metri dal mare e non dimostra in nulla i suoi novant’anni. Piuttosto che portarmi a zonzo tra i cantieri nei quali ha cominciato a lavorare quando, ancora minorenne, arrivarono i nazisti e per lui, figlio di un ferroviere antifascista scappato da Palermo all’indomani della Marcia su Roma, non dovette essere facile, mi invita a casa sua perché, dice, vuole mostrarmi qualcosa. Non si tratta di cimeli paterni né di reliquie antifasciste: al piano sopraelevato della sua abitazione ha continuato a costruire modellini di transatlantici e treni, ricongiungendo la sua storia di una vita e quella paterna. Funzionano alla perfezione, una nave potrebbe prendere tranquillamente il largo senza affondare e una locomotiva, mi spiega, riuscirebbe a trascinare fino a sei persone. “Mi è costata 6.500 ore di lavoro”, spiega. Non avevo mai trovato un’espressione della cultura operaia altrettanto forte di quella che mi ha mostrato questo improvvisato artista-artigiano autodidatta nel suo laboratorio casalingo, un legame più forte con il suo lavoro di una vita.
Oggi i cantieri non sono più quelli di una volta, anche se la città rimane permeata della sua storia ed è considerata una sorta di isola “rossa”, dove il tasso di sindacalizzazione è il più alto di tutta la Francia, la stragrande maggioranza della popolazione ha un cuore “gauchiste” e il Front National non fa paura. Un piazzale che divide il quartiere operaio di Penhoet dall’ingresso orientale dell’area dei cantieri navali, a un passo dalla fabbrica degli Airbus e da un deposito dell’Arcelor Mittal, è il luogo di raduno delle grandi manifestazioni operaie. Qui la Cgt ha il più alto tasso di operai sindacalizzati di Francia ed è questo che ha consentito di salvare i cantieri da una crisi che sarebbe potuta risultare fatale. Proprio di fronte c’è una pizzeria siciliana, il proprietario arriva da Pozzallo, una cittadina del ragusano.
Penhoet è storicamente il quartiere degli immigrati italiani: ha accolto gli operai antifascisti che arrivavano da Genova e La Spezia negli anni venti, in fuga dal Regime, e oggi ospita i nuovi operai che vengono a costruire le navi da crociera, anche se nelle casette del Pré Gras, dove gli italiani andarono a vivere nel dopoguerra, attualmente si parlano tante lingue diverse. Il pizzaiolo di Pozzallo è uno di questi, ha lavorato diciassette anni per la Msc, poi ha deciso di mettersi in proprio. “Qui è tutto più garantito – spiega –. Anche se gli stipendi non sono altissimi, nessuno si lamenta perché il venerdì a mezzogiorno si smette di lavorare e c’è il week-end libero, i servizi sono buoni e la vita è tranquilla”. Sono gli effetti della legge delle 35 ore lavorative a settimana, del periclitante ma ancora sostanzioso welfare francese e della longa manus dell’intervento statale.
I cantieri navali di Saint Nazaire solo pochi anni fa rischiavano di chiudere gettando sul lastrico un’intera città. Hanno resistito grazie alle commesse militari (1,2 miliardi dai russi per costruire le portaerei Vladivostok e Sebastopol, ora al centro di un caso internazionale perché la loro consegna da parte del governo francese violerebbe l’embargo per la questione ucraina) e alla costruzione della nave da crociera più grande d’Europa, la Preziosa della italo-svizzera Msc (la prima ad avere a bordo anche due ristoranti di Eataly). Dopo aver costruito la Oasis of the sea 3, di recente approdata nel porto di Napoli con grande clamore mediatico, ora si sono accaparrati una commessa da oltre un miliardo di euro della Royal Caribbean. Per tre anni i quattromila portuali della Stx avranno il lavoro assicurato. Dovranno costruire la più grande nave da crociera del mondo: 361 metri di lunghezza, 47 di larghezza e 72 di altezza, per 225 mila tonnellate di stazza, e in grado di ospitare 5.400 passeggeri e 2.100 membri dell’equipaggio. Un’opera monstre che riuscirà nell’impresa di superare il precedente della Queen Mary 2.
Nell’affaire Oasis c’è lo zampino del governo francese: i lavori sono stati “scippati” alla Finlandia (la Royal Caribbean aveva costruito le precedenti navi nei cantieri di Turku) e quest’ultima ha protestato con Bruxelles per presunti aiuti di Stato. Pierre Moscovici, da ministro dell’Economia, aveva sostanzialmente ammesso il sostegno ai cantieri navali sotto forma di garanzie per le banche finanziatrici e ora, da neocommissario agli Affari economici della Commissione Ue, dovrà vedersela proprio con un finlandese considerato un “falco” dell’austerità, Jyrki Kaitanen, nominato vicepresidente con delega alla crescita da Jean Claude Juncker, a quanto pare proprio per marcare stretto l’omologo “protezionista” francese.
Nonostante i cantieri siano stati sostanzialmente privatizzati e lungo i muri di cinta sopravvivano ancora le scritte contro l’arrivo dei coreani della Stx e i licenziamenti conseguenti, lo Stato francese interviene ancora, come dimostra il caso Oasis. È forse anche per questo che le commesse atlantiche fanno gola alla nostra Fincantieri. Di recente l’amministratore delegato Giuseppe Bono, presentando a Marghera la Costa Diadema (132.500 tonnellate, 306 metri, 4957 passeggeri e 1253 membri di equipaggio), sfornata dai cantieri di Genova, a precisa domanda su una possibile acquisizione di Saint Nazaire, ha confermato l’interesse: “Fincantieri deve crescere. Abbiamo obiettivi importanti. In questo momento i coreani stanno perdendo, sono in difficoltà. Noi siamo l’unico cantiere che cresce e che guadagna, poco, ma guadagna. È il momento di muoversi”.
A Saint Nazaire di tutto ciò non si parla. La questione politica principale, in questi giorni, sono le politiche di austerità: il governo socialista guidato da Manuel Valls ha garantito all’Europa 50 miliardi di tagli alla spesa pubblica per compensare lo sforamento del rapporto deficit/Pil. Il 15 ottobre scorso la Cgt ha scioperato e gli operai dei cantieri hanno sfilato per il centro della città. Anche se il Presidente della Repubblica Francois Hollande ha promesso in tv che “non ci saranno tasse supplementari”, non ha convinto quasi nessuno. Saint Nazaire è una città storicamente guidata dai socialisti e con una forte presenza della “gauche”. Alle scorse elezioni però i partiti della sinistra hanno preso complessivamente il 72 per cento. Oggi prevale lo scetticismo. Jean Luc Danto, titolare di una apprezzata vineria di fronte al mercato cittadino, lo riassume così: “Siamo delusi, Hollande non ha fatto nulla e perderà le prossime elezioni. Nel 2004 mi turai il naso e per non far passare Le Pen al ballottaggio votai Chirac, cioè la destra moderata. Ma stavolta non voterò Sarkozy contro il Front National, vada come vada”. Il popolo di sinistra francese, non meno bastonato di quello italiano, discute di questo.