PHOTO
Dopo l’annuncio della chiusura dei due stabilimenti italiani, le istituzioni iniziano a muoversi. Dieci giorni fa la multinazionale britannica dell’acciaio Vesuvius ha comunicato la decisione di dismettere a fine anno i siti produttivi di Avezzano (L’Aquila) e Assemini (Cagliari), per complessivi 186 licenziamenti (più altrettanti posti di lavoro perso nell’indotto). Per iniziare una trattativa e verificare le possibilità di salvare l’impianto si riunisce oggi (lunedì 26 settembre) a Cagliari, presso l’assessorato regionale all'Industria (alle ore 18), il tavolo richiesto dai sindacati, cui è stata invitata a partecipare anche l'azienda.
Lo stabilimento di Assemini (105 dipendenti e circa 80 lavoratori indiretti) produce in media 130 mila pezzi all’anno di materiale refrattario isostatico per colate in altiforni di primaria qualità, riconosciuta in ambito internazionale. Ma al momento attuale non sembrano esserci grandi possibilità di salvataggio. “È il sito meno competitivo dal punto di vista dei costi tra tutti gli altri stabilimenti della divisione flow control in Europa, Medio Oriente e Africa” ha spiegato l’azienda in un comunicato. Possibilità che non sembrano esserci anche per Avezzano, un sito “focalizzato sui prodotti slide-gate, che sarà chiuso per bilanciare l'attuale capacità produttiva del gruppo”. L’azienda si è anche detta disponibile “fin da subito a iniziare la discussione per individuare la migliore soluzione in grado di minimizzare l'impatto sociale sui complessivi 186 dipendenti coinvolti”.
Più in generale la multinazionale, specializzata nella produzione di componenti refrattari e valvole di regolazione del flusso di acciaio liquido per acciaierie, ha sottolineato che “il gruppo deve allineare la propria capacità produttiva di refrattari per il flow control alle richieste del mercato, per mantenere un posizionamento competitivo e continuare a fornire ai propri clienti servizi di alta qualità, nonostante le attuali difficili condizioni di mercato”. Secondo il management, “la domanda e la produzione di acciaio in Europa, Medio Oriente e Africa hanno subito un graduale calo a partire dal 2007 e non si prevedono concreti miglioramenti nei prossimi anni. Inoltre, l'azione combinata tra la sovraccapacità produttiva di acciaio in Cina e il minor consumo ha incrementato particolarmente i livelli di export verso l'Unione Europea”.
“Gli impianti hanno funzionato sempre bene, senza mai un problema” ha spiegato nei giorni scorsi agli organi della stampa locale Giampiero Manca (Filctem Cgil Cagliari): “Poi l'azienda ha incaricato un'agenzia di individuare gli stabilimenti più costosi e meno competitivi, così ha deciso di chiudere quelli di Assemini e Avezzano. Ma riteniamo che la multinazionale intenda produrre a costi minori in Polonia per poi continuare a commercializzare in Italia”. Una chiusura inaccettabile, ha concluso Manca, rimarcando come questo provvedimento “violerebbe gli impegni presi al ministero dello Sviluppo economico lo scorso luglio, quando i responsabili aziendali avevano assicurato la volontà di confrontarsi al tavolo con sindacati e istituzioni”.