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Venti anni fa moriva Paolo Borsellino. Era il 19 luglio 1992 quando si consumò la strage di via D'Amelio. Il magistrato di Palermo si stava recando a far visita alla madre insieme alla sua scorta, nel condominio del quartiere siciliano: alle 16.58 un'automobile parcheggiata con 100 chili di tritolo esplose al suo passaggio, uccidendolo insieme ai cinque agenti che lo proteggevano. Borsellino sapeva di essere "condannato a morte" da Cosa Nostra, come lui stesso aveva dichiarato in alcune interviste. Le sue inchieste sulla mafia siciliana, insieme al collega e amico Giovanni Falcone, lo avevano reso una vittima designata.
E tutta l'Italia ricorda la figura di Paolo Borsellino per questa ricorrenza. A Palermo si prevede una grande partecipazione nella fiaccolata in ricordo del magistrato e della scorta, organizzata da un cartello di oltre quaranta associazioni di ogni segno politico. Il Comune palermitano ha consegnato delle agende ai nati il 19 luglio 1992, il giorno della strage: block notes con l'elenco di tutte le vittime della mafia, dal 1893 a oggi, per non dimenticare.
L'altra manifestazione importante è a Milano: indetta da Libera e Associazione nazionale magistrati, l'iniziativa "Un momento di riflessione comune" inizierà alle 15.30 nell'aula magna del Palazzo di giustizia, sarà introdotta dal presidente della Corte d'Appello, Giovanni Canzio. Poi molti interventi, insieme alla sintesi della rappresentazione teatrale "Paolo Borsellino essendo stato" di Ruggero Cappuccio. Verranno letti stralci del libro "Le ultime parole di Falcone e Borsellino", a cura di Roberta Mascali. Alle 16.58 sarà osservato un minuto di silenzio.
La tragedia di Borsellino venti anni dopo è ancora un mistero, non ci sono colpevoli. Un tema che torna d'attualità proprio in questi giorni, mentre i pm di Palermo indagano sulla presunta trattativa tra Stato e mafia che fu condotta in quegli anni. Lo ha sottolineato il fratello, Salvatore Borsellino: "Avevamo avuto la gioia di veder spiragli di verità sulla strage di via D'Amelio, ma ecco che si cominciano a frapporre ostacoli ai più alti livelli istituzionali. Il sentire che un ex ministro (Mancino, ndr) indagato per i suoi silenzi chieda e, sembra, ottenga l'appoggio del capo dello Stato Napolitano ci addolora e ci fa rabbia".
Un ricordo personale arriva da un collega del magistrato, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: "Dieci giorni prima della strage - ha raccontato Grasso - Borsellino a Roma mi confessò che lo avevano avvertito che era arrivato l'esplosivo anche per lui. 'Amici mi hanno consigliato di lasciare Palermo, di abbandonare tutto - disse -, ma che amici sono se mi consigliano di fare qualcosa che significherebbe deludere tante persone?'".
Grasso ha quindi sottolineato l'impegno antimafia oggi. La mafia siciliana "ha subito colpi molto duri, che hanno notevolmente limitato la sua capacità militare e il suo radicamento sul territorio, ma resta ancora molto da fare". Questo un passaggio dell'intervista al quotidiano francese Le Figaro. L'azione contro Cosa Nostra è anche finanziaria, ha spiegato, "oltre quaranta miliardi di euro di beni mafiosi di ogni sorta sequestrati in quattro anni', anche se purtroppo 'questi beni non sono gestiti come si dovrebbe, passa troppo tempo tra il sequestro e la confisca effettiva".
E' una giornata di memoria, dunque, ma anche volontà di conoscere la verità ancora lontana. "Fare piena luce sulla strage di via D’Amelio, sul contesto in cui maturò l’omicidio di Falcone prima, di Borsellino poi e delle loro scorte è un dovere a cui non ci si può sottrarre, per rendere giustizia ai magistrati uccisi, per potere guardare con limpidezza al futuro e a quel che resta da fare nella lotta contro la mafia". Lo chiede anche il segretario generale della Cgil Sicilia, Mariella Maggio, augurandosi che "sul doloroso argomento della trattativa mafia-Stato la verità venga una volta per tutte a galla".