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... In alcuni casi bisognerà però attendere mesi prima di vederli. Ad esempio, non si sa quando arriverà il Leone d’oro, quel Faust di Aleksandr Sokurov che ha messo d’accordo tutti. Si tratta infatti di un monumento tra il cinema di ieri (lo stile è vecchiotto, come accade anche per altri lavori di questo cineasta) e il cinema di oggi (il pennello elettronico aiuta a inventare scenari immaginari scardinando il realismo della cinepresa).
Il Leone è un salvacondotto. Ben fatto, non facile, affascinante: serve pazienza per questo film.
Il premio speciale della giuria è andato a Terraferma di Emanuele Crialese; film controverso, discusso, così come contrastata è stata la decisione di premiarlo. Gli ha nociuto la chiacchiera sulla predestinazione al premio. Crialese ha finezza ed eleganza ma la mano poco felice nelle sceneggiature: bisognerebbe che si facesse aiutare. Per il tema degli immigrati, tuttavia, rovinato da tante brutte rappresentazioni, questa operazione era indispensabile.
Detto questo, indico le mie preferenze sul programma della Mostra. La rosa dei film da vedere in ordine di qualità secondo me è la seguente: Carnage di Polanski, A Dangerous Method di Cronenberg, Tinker, Tailor, Soldier, Spy di Alfredson, Killer Joe di Friedkin e The Ides of March di Clooney. Questi film hanno sceneggiature, attori, fotografia e montaggi di prima qualità.
Mi vorrei soffermare, infine, sul lavoro del vecchio William Friedkin, quello di French Connection e L’esorcista. Il suo Killer Joe ha chiaramente l’intenzione di conquistare nel mercato e, nel cuore dei cinephiles, il primato del “pulp fiction” che per ora spetta a Quentin Tarantino. È una storia truce di polli umani e di polli arrosto veri. I primi sono i componenti di una sgangherata famiglia allargata in cui entra un poliziotto corrotto. Il secondo è un pollo vero allo spiedo ed è al centro della parte finale del film, dove vengono al pettine tutti i nodi: vizi, gelosie, tradimenti, paura, rapacità, voglia di denaro (l’economia americana non è in buona salute e scorre la violenza per fare dollari).
Nell’ultima mezz’ora mi sono divertito come un bambino che pasticcia con la cioccolata: agli appassionati di Quentin farà piacere rituffarsi nella pappa a fuoco lento di un maestro dell’horror quotidiano: una serie di invenzioni a carica spettacolare atomica, il tutto nello spazio ristretto di una cucina. Ma ecco un pericolo avvicinarsi all’orizzonte. L’idea tarantiniana potrebbe essere compromessa da un uso smodato della formula. Sembra che il cinema americano, quello del genere horror, stia correndo il rischio di rompere occhi e timpani, oltre che pazienza, per il ricorso a un grand-guignol a tutti i costi, ostentato e alla lunga stucchevole. Passi per Killer Joe. Si spera però che non ci sciupino troppo il giocattolo pulp.