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Ha passato la prima prova del fuoco il governo portoghese del socialista António Costa: lo scorso 10 gennaio l'Assembleia da República ha approvato la legge finanziaria per il 2020 con il solo voto del partito socialista (Ps), il voto contrario delle destre – i conservatori del Psd, i democristiani del Cds, i liberali di Il e l’estrema destra di Chega – e l’astensione del resto dei partiti progressisti del Bloco de Esquerda, dei comunisti del Pcp, dei verdi del Pev, di Livre (una scissione del Bloco) e del partito ecologista Pan (più tre deputati del Psd della zona di Madeira).
“Una manovra di bilancio di continuità e di progresso che affronta le quattro sfide strategiche del cambio climatico, della demografia, della transizione digitale e delle diseguaglianze”, diceva Costa avviando il dibattito parlamentare. Per una legislatura iniziata con le elezioni dello scorso 6 ottobre che ha premiato la politica della cosiddetta geringonça, dando la vittoria netta ai socialisti, senza però portarli alla maggioranza assoluta parlamentare (108 seggi su 116). E l’esecutivo che si è costituito una ventina di giorni dopo è un monocolore socialista di minoranza che governerà con accordi puntuali con ciascuna delle forze progressiste.
La finanziaria del 2020 promuove “più investimenti, la qualità dei servizi pubblici, il miglioramento dei redditi e una maggiore giustizia sociale che ci permette di proseguire sul cammino dell’equilibrio di bilancio e della riduzione del debito”. La novità più significativa da un punto di vista dell’equilibrio dei conti pubblici, infatti, è che questa finanziaria presenta un saldo di bilancio positivo dello 0,2 per cento sul Pil, il primo della storia democratica portoghese, e l’obiettivo di arrivare a un rapporto debito su Pil del 100 per cento entro la fine della legislatura.
“Generare deficit e aumentare il debito, compromettendo il futuro del Paese, non è di sinistra”, sosteneva il ministro del Tesoro e delle finanze Mário Centeno introducendo la seconda giornata di dibattito. L’artefice del “miracolo economico” portoghese degli ultimi quattro anni, con la crescita degli investimenti in termini reali del 28 per cento, le esportazioni incrementatesi del 21 per cento, il debito pubblico sceso dal 130 nel 2015 al 118 per cento nel 2019, la riduzione della disoccupazione di oltre la metà con la creazione di 350 mila nuovi posti di lavoro e i salari cresciuti dal 2015 al 2019 del 28 per cento. Dimostrando così che poteva gestirsi una politica virtuosa di bilancio senza gravarne la popolazione dei costi e compromettere perciò la coesione sociale.
“È la finanziaria della lettera E”, illustrava Centeno. La E di “Equilibrio” dei conti pubblici; di “Economia”, che ha avuto un’evoluzione negli ultimi anni senza confronti in Europa; di “Estabilidade”, stabilità finanziaria, di bilancio, politica e sociale; di “Empresas”, imprese, con condizioni di finanziamento favorevoli; di “Emprego”, occupazione e aumento dei salari. È perciò la finanziaria della “Esquerda”, della sinistra.
La manovra di bilancio per il 2020 prevede una crescita del Pil dell’1,9 per cento, uguale a quella dell’anno scorso (le previsioni del Banco de Portugal sono dell’1,7). Per quanto riguarda la manovra tributaria, la finanziaria promuove una maggiore giustizia fiscale, aumentando il minimo esente in modo che oltre 30 mila famiglie con redditi più bassi siano esenti dall'imposta sui redditi delle persone fisiche: nel complesso, le famiglie portoghesi pagheranno 50 milioni di euro in meno nel 2020 in termini d’imposta sul reddito. Mentre è prevista l’introduzione di una misura specifica per favorire l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro: una “Irpef giovani”, con esenzioni pari rispettivamente al 30, 20 e 10 per cento nei primi tre anni di reddito del lavoro dipendente, per giovani di età compresa tra i 18 e i 26 anni di età.
Nella finanziaria figurano: il rafforzamento di tutte le prestazioni sociali, oltre 1 miliardo e 100 milioni di euro per ridurre le diseguaglianze sociali e la povertà; la crescita della spesa per il servizio sanitario nazionale pari a 4 miliardi e 600 milioni di euro; l’aumento degli investimenti pubblici per 700 milioni di euro, in particolare nei settori dei trasporti, della rete scolastica, della salute e della casa; l’incremento dell’occupazione e dei salari nella pubblica amministrazione; la rivalutazione delle pensioni in termini reali superiore all'inflazione per due milioni di pensionati e il rafforzamento del complemento di solidarietà per gli anziani in condizioni di povertà; l’incremento continuato e graduale del Reddito minimo interprofessionale, il cui valore nel 2020 arriverà a 635 euro mensili.