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Il diritto all’istruzione è un valore costituzionale e va garantito a tutte le bambine e i bambini. Gli obblighi introdotti dalla legge sulla vaccinazione vanno applicati con buon senso e rispetto della Costituzione: la scuola pubblica ha il dovere di accogliere i soggetti in formazione anche se manca l’autocertificazione. Così la Flc Cgil in merito alla questione vaccini e diritti allo studio che ha accompagnato con roventi polemiche questa estate. Il sindacato della conoscenza della Cgil, dopo i giudizi negativi su decreto legge e legge di conversione, esprime il suo dissenso in merito alle circolari applicative del ministero della Salute e del Miur.
“Come accade sempre più spesso nel caso di applicazione di nuove norme, la fretta con cui il Governo ha deciso di licenziare una legge pasticciata e per alcuni versi irrazionale – si legge in una nota –, non tiene in alcuna nessuna considerazione i tempi della scuola, in totale disprezzo del lavoro di dirigenti scolastici e segreterie e del valore stesso del servizio di istruzione, garantito dalla Costituzione”.
Per la Flc, “a 6 mesi dalla chiusura delle iscrizioni e dall’accettazione delle domande, il patto di corresponsabilità stipulato tra i dirigenti scolastici e le famiglie delle bambine e dei bambini iscritti alle scuole dell’infanzia non può essere violato a causa di norme imposte da una legge successiva che, pur nella dichiarata urgente finalità di tutela della salute pubblica, consente alle Asl tempi distesi per l’implementazione dei sistemi informatici necessari a gestire il flusso dei programmi vaccinali (entro 10 giugno 2020), mentre impone da subito al servizio nazionale di istruzione, solo indirettamente coinvolto dalla materia, una funzione di controllo su un adempimento sanitario estranea ai compiti delle scuole e dei dirigenti”.
Le disposizioni previste dalla legge sui vaccini relativamente alla frequenza della scuola dell’infanzia non sono per il sindacato lo strumento giusto per perseguire le finalità che la legge si propone, cosi come la scelta di precludere la frequenza della scuola dell’infanzia ai bambini e alle bambine non vaccinati per decisione consapevole delle famiglie “non è certo la strada giusta per affrontare un problema che non è solo di carattere sanitario ma culturale e sociale”.
Il rischio paventato è quello di “escludere dall’inserimento precoce nel sistema di istruzione - considerato un valore e un obiettivo strategico dall’Ue - una fascia consistente di bambine e bambini dai 3 ai 6 anni che, solo se appartenenti a famiglie agiate, confluiranno nel sistema privato o perderanno un’opportunità educativa che segnerà in modo indelebile il loro futuro di studenti e cittadini”.
Per questo il sindacato invita i dirigenti scolastici a non precludere la frequenza della scuola dell’infanzia ai bambini regolarmente iscritti per l’a.s. 2017/2018 limitandosi, come prevede la legge, a segnalare alle Asl entro il 20 settembre, per gli adempimenti di loro esclusiva competenza, i nominativi dei genitori che non abbiano sottoscritto le autocertificazioni.
Né la legge, né le successive circolari impongono in alcun punto il divieto di frequenza, affermando solo che la vaccinazione costituisce un requisito di accesso: “Se il decisore politico ha intenzione di escludere dalla frequenza della scuola dell’infanzia fin dall’a.s. 2017/2018 i bambini non vaccinati ma regolarmente iscritti e accettati, deve dirlo esplicitamente assumendosene tutte le responsabilità”, attacca l’organizzazione sindacale.
La Flc si dice dunque pronta a vigilare “affinché l’applicazione della legge sui vaccini, contenente finalità estranee al servizio di istruzione, non si trasformi nell’ennesima molestia per i dirigenti scolastici e le segreterie delle scuole e non produca irreparabili lesioni al diritto all’istruzione”.