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Giornata molto importante, oggi, per l’agenda sindacale di questa fase. Dopo tre anni tornano a riunirsi le segreterie unitarie di Cgil, Cisl e Uil. All’ordine del giorno i temi scottanti di questi mesi: pensioni, fisco, rinnovo dei contratti. “L’incontro ha un grande valore – ha detto Franco Martini, segretario confederale della Cgil – nel corso del suo intervento di questa mattina su RadioArticolo1 (qui il podcast) –. Era paradossale che in tutti questi mesi il sindacato fosse sotto attacco e non riuscisse a convergere con tutte e tre le organizzazioni in una risposta condivisa, al netto delle differenze che conosciamo. Ed è singolare che questo avveniva proprio mentre le categorie unitariamente stavano facendo un lavoro prezioso sia nel predisporre le piattaforme per i rinnovi contrattuali sia in alcune vertenze di grande importanza, basti pensare alla scuola”.
Oggi, dunque, l’unità sindacale è più vicina? “Rispetto agli anni che abbiamo alle spalle – ha risposto Martini – vi è una prima condizione che rende più favorevole il processo di unità, e cioè le regole. Dopo il testo unico siglato con la Confindustria e con Confservizi sono infatti imminenti le intese sia con l'alleanza delle cooperative che con tutto il mondo del terziario, cioè con Confcommercio”. Si tratta di una prima condizione, “che è indispensabile per il processo unitario: verificare l'effettiva rappresentatività di ogni soggetto e soprattutto offrire delle regole certe al mondo del lavoro per verificare l'operato dei sindacati in materia contrattuale. Poi, ovviamente, ci sono i contenuti ma sulla base di regole certe credo sia più facile proporsi l'obiettivo di sintesi condivise”.
Nonostante l’importanza di questi accordi, si registrano ritardi da parte delle aziende nel trasferimento all'Inps dei dati sulla rappresentanza. Per il segretario confederale della Cgil si tratta di “un fatto culturale. Il mondo delle imprese in Italia vorrebbe tranquillamente fare a meno del sindacato perché prevale l'idea che il confronto con i sindacati sia un ostacolo alle politiche e agli interventi aziendali. Ma non è così perché, lo dice la stessa Confindustria, se i lavoratori vengono resi parte attiva nel progetto di impresa è chiaro che questo già di per sé è un valore aggiunto”. D’altro canto le regole sancite dall’accordo hanno un ostacolo e cioè “l'adesione facoltativa a questo sistema di misurazione: sapevamo che questo sarebbe stato un forte limite quindi per questo chiediamo a Confindustria di farsi parte attiva per recuperare questo deficit che è tutto interno alla rappresentanza delle imprese”.
Martini è poi intervenuto sulle pesanti dichiarazioni della scorsa settimana di Squinzi, secondo il quale sui contratti la Confindustria avrebbe messo i sindacati con le spalle al muro. “È una battuta fuoriluogo – ha commentato il sindacalista –. E il comportamento delle federazioni di settore che si riconoscono in Confindustria è diverso. Chimici e alimentaristi, ad esempio, hanno condiviso con i sindacati la definizione di un percorso per il rinnovo dei contratti. Credo che le parole di Squinzi si spieghino in un altro modo: in questa grande crisi della rappresentanza Confindustria ha qualche problema in più rispetto al mondo sindacale e, come spesso capita, cerca di nascondere i propri limiti rilanciando la palla nel campo avversario”.
Per il dirigente Cgil, la reazione di Squinzi si spiega anche con il recente macigno dell’accordo Fca Cnh: “In teoria la stagione degli accordi separati è chiusa per effetto della applicazione delle nuove regole definite con il testo unico. Il punto, però, è che alla stagione degli accordi separati può sostituirsene un'altra non meno dannosa e negativa. Quella dell'assenza di un'intesa secondo l'idea di Confindustria che può delineare un blocco complessivo dei tavoli di rinnovo contrattuale e quindi nessun accordo. A maggior ragione, dunque, è importante l'unità dei sindacati per superare questo rischio”.
In questi giorni molti quotidiani pongono il dilemma: bisogna prima rinnovare i contratti o il modello contrattuale? “Per la Cgil – risponde il segretario confederale – ormai il treno è partito ed è singolare pensare di fermarlo dopo tutto il lavoro che è stato fatto da parte delle categorie. In realtà dietro tutta questa spinta a definire un nuovo modello contrattuale vi è il tentativo di Confindustria di determinare una proroga delle scadenze contrattuali e soprattutto uno schiacciamento verso il basso dei salari e questo non è accettabile”.
In maniera informale, Confindustria ha comunicato ai sindacati una sua idea di possibile riforma dei contratti. “Cgil, Cisl e Uil – ha osservato ancora Martini – anche se con toni diversi non hanno condiviso quell'impianto perché tende a frenare la dinamica incrementale dei minimi salariali, tant'è che la Confindustria propone un meccanismo per il quale solo a valle i minimi salariali sarebbero confermati, e ovviamente in relazione agli andamenti. In questo modo si entra a gamba tesa nella stagione contrattuale già aperta”.
“L'idea che si debba spostare verso il secondo livello una maggiore attività contrattuale – ha aggiunto il segretario confederale – non è molto originale, perché già da anni la stiamo discutendo. Tuttavia dovremmo ragionare di questo con cognizione di causa, perché dobbiamo sapere che è solo una parte minoritaria del mondo del lavoro che svolge questo secondo livello di contrattazione. Il contratto nazionale resta dunque lo strumento di tutela fondamentale e anche per questo deve farsi carico della dinamica di incremento dei minimi salariali, altrimenti avremo un mercato del lavoro duale, dove la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori è destinata a rimanere schiacciata dentro un'ipotesi di bassi salari e questo non è accettabile”.
Questo per Martini
non vuol dire rimanere fermi: “È chiaro che i sindacati devono evolvere il proprio pensiero e anche la propria azione. Occorre fare in modo che il contratto nazionale sia in grado di tutelare tutte le figure, sapendo che quelle strutturate, al di là del Jobs Act, non sono ancora quelle prevalenti: ma questo deve dare più forza al contratto nazionale, non ridurlo a una scatola vuota”.
Insomma, sono tante le questioni che enfatizzano l’importanza dell’unità sindacale. “Auspico – ha concluso il segretario confederale della Cgil – che esca da oggi una tabella di marcia. Non partiamo da zero perché in diversi ambiti di lavoro abbiamo già prodotto unitariamente delle cose importanti. Vorrei ricordare per esempio il lavoro fatto unitariamente sulla questione degli appalti, con l'ottava commissione del Senato, sul disegno di legge di recepimento delle normative europee. Insomma mi auguro che sulle priorità che ormai tutti indicano si possa tirare fuori una sintesi di proposte unitarie con le quali andare al confronto con il governo, il Parlamento e le commissioni”.