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Il referendum irlandese che, attraverso la particolare forza del voto popolare, ha legittimato il matrimonio omosessuale dice molto anche a noi italiani e dimostra come, persino in una nazione dalle forti radici cattoliche e dalle tradizioni conservatrici, si sia preso atto dell’essere ormai maturo il tempo per dare alle unioni omosessuali risposte concrete. Si è data loro l’opportunità di sancire in modo formale - anche attraverso il matrimonio – la propria unione consolidata o anche la volontà di stare insieme ed insieme affrontare la vita. C’è solo da imparare da questi irlandesi e agire con celerità.
Le unioni civili, come le coppie di fatto, non vanno regolamentate, ma tutelate e incentivate poiché portano con sé il valore sociale della solidarietà e del sostegno reciproco. Valori che – particolarmente in una società nella quale prevalgono nettamente spinte individualistiche come quella attuale – dovrebbero essere riscoperti e promossi.
Altre vicende chiamano la classe politica italiana a dare finalmente risposte a tali questioni. Da tempo urgono interventi di regolazione sociale verso i dilemmi posti dalle migrazioni legate ai processi di globalizzazione o anche agli esodi determinati da altri fattori siano essi politici, sociali o religiosi e che toccano particolarmente il nostro Paese. Sono fatti che pongono istanze legate alle nuove coppie che – in tali situazioni – si formano, alle nuove famiglie, alle diverse sensibilità e religioni, ai diversi modi di intendere le relazioni tra sessi e generi e non si tratta solo di affrontarne i relativi problemi dell’accoglienza o della sicurezza.
Non si possono più negare tali evidenze né nascondersi dietro le – pur conclamate – priorità economiche. La vita non è solo economia. Tali problemi che non emergono di certo oggi, certamente adesso hanno raggiunto un livello di rilevanza tale da ottenere interlocuzione ed ascolto persino dal Papa della Chiesa cattolica.
Non sarebbe sbagliato pensare di conferire rilevanza alle diverse forme di unioni attraverso il solo rito civile, lasciando alla discrezionalità soggettiva e alle diverse inclinazioni e credo una sanzione ulteriore e successiva del legame. E’ un’idea che può apparire ardita in un Paese nel quale ogni sorta di cambiamento incrocia un sistema di veti incrociati tali da vanificare e derubricare come rituale anche quelle legittime proteste emerse su temi scottanti quali la riforma dell’educazione e della formazione o della lotta alla povertà crescente.
Ci si deve scontrare con la Chiesa? Non so, non lo penso. Piuttosto la domanda meriterebbe un’altra formulazione. Ci si dovrebbe scontrare con la parte più conservatrice della Chiesa e dalla quale il Papa stesso sembra marcare sempre più le distanze? Provare per credere, in ogni senso. Già altre volte la gente comune, le mille facce che incontriamo per strada hanno dimostrato di essere più avanti. Più avanti di lobby e potentati, di caste e di gruppuscoli dediti all’estenuante e odiosa battaglia per l’autoconservazione. E, per cortesia, lasciamo in pace la Costituzione che tirata di qua e di là per mille motivi, forse solo su questi aspetti richiede interventi di aggiornamento particolarmente urgenti.
* segreteria regionale Cgil Emilia Romagna, responsabile Politiche di genere