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Un mese di tempo per trovare una soluzione. Prosegue oggi (lunedì 29 ottobre) a Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico, il confronto tra governo, sindacati (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil), Regioni interessate e Unicoop Tirreno sulla difficile situazione della catena di distribuzione alimentare. La società (un milione di soci, un centinaio di punti vendita e circa 4.500 dipendenti tra Toscana, Lazio, Campania e Umbria) nell’ultimo incontro ha accolto l’invito a sospendere la cessione di otto negozi nel Lazio (due a Pomezia, uno a Fiuggi, Velletri, Aprilia, Genzano, Colleferro, Frosinone), per complessivi 270 dipendenti, “congelando” ogni decisione fino al 30 novembre. Ma ora occorre fare in fretta, affrontando nel contempo le altre questioni rimaste irrisolte, come la complicata situazione finanziaria e la ventilata sospensione della contrattazione di secondo livello.
La Filcams Cgil ha accolto “positivamente l'apertura al dialogo e la sospensione delle cessioni”, manifestati dalla cooperativa di consumatori nel vertice del 18 ottobre scorso. In quell’occasione Unicoop Tirreno ha anche “confermato che al momento non c'è più un interlocutore per la cessione” degli otto punti vendita nel sud del Lazio, di cui sembrava ormai certa l’acquisizione da parte della Pac 2000, detentrice del marchio Conad. “Il confronto – continua la Filcams – è però tutto da svolgere, considerando che gli obiettivi di recupero dei costi da parte della cooperativa restano immutati”. Il sindacato del commercio e terziario Cgil, inoltre, ha anche rimarcato che in questo momento “non è possibile avviare contemporaneamente la discussione sul contratto integrativo di tutto il gruppo”, sostenendo che “non è ancora chiaro se Unicoop voglia disdettare o meno il contratto”.
Unicoop Tirreno intanto, nella riunione del Consiglio di amministrazione del 16 ottobre scorso, ha ribadito “che gli obiettivi di contenimento delle perdite necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2019 e al conseguimento degli utili nel 2020 (come indicati nel piano industriale della cooperativa) restano inderogabili e dovranno essere conseguiti con determinazione”. Un obiettivo non facile da raggiungere: malgrado le parole rassicuranti del direttore generale Piero Canova (“l'operatività nei primi otto mesi del 2018 – ha dichiarato due settimane fa – ci conferma quanto pianificato, con un nettissimo miglioramento rispetto al 2017”), la previsione del bilancio 2018 potrebbe comunque chiudersi in rosso.
Tornando ai contenuti della vertenza, i sindacati contestano il piano industriale (approvato nel 2016) di Unicoop Tirreno, in quanto “si pone quale principale obiettivo quello di ridurre il salario, peggiorare le condizioni di lavoro e abbandonare parte dei dipendenti”. Filcams, Fisascat e Uiltucs chiedono che il perimetro aziendale rimanga immutato e che nessun posto di lavoro vada perduto, ma nel contempo si dicono disponibili a valutare il ricorso ad ammortizzatori sociali conservativi per quei punti vendita che stanno attraversando le maggiori difficoltà. Altro tema di dissidio, infine è il superamento della contrattazione integrativa (che porterebbe a un taglio netto in busta paga, secondo l’anzianità e la qualifica, da 200 a 350 euro) e del patto occupazionale siglato nel 2017, con ulteriori flessibilità dell’organizzazione del lavoro e inevitabili ripercussioni sul taglio delle ore lavorate e delle retribuzioni.