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Sono un Mezzogiorno e una Sicilia in profonda difficoltà quelli di cui si è parlato mercoledì 3 giugno al San Paolo Palace di Palermo nel primo giorno di lavori della Conferenza "Il Sud per rilanciare il Paese", organizzata dalla Cgil regionale e che vedrà giovedì 4 giugno l'intervento conclusivo di Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Un Mezzogiorno che dal 2004 al 2014 ha visto andare in fumo 800mila posti di lavoro, 230mila dei quali in Sicilia, che registra la ripresa dell'emigrazione con 700mila persone che dal 2011 al 2103 si sono spostate da Sud a Nord. Un Mezzogiorno sul quale la Cgil punta ad accendere i riflettori perché "i temi del Sud, del disagio e dell'inclusione sociale, di una questione meridionale mai risolta – ha detto il segretario della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, spiegando il senso dell'iniziativa - tornino a essere al centro dell'agenda politica di un governo fino ad oggi fin troppo distratto".
Dalla Cgil i numeri della crisi. Dal 2008 al 2013 in Italia il Pil (fonte Svimez) è diminuito dell'8,5%, nel Mezzogiorno del 13,3%. La Sicilia con il 14,6% è terzultima regione dopo il Molise (-16,5%) e la Basilicata (-16,3%). Sempre in Sicilia nello stesso periodo gli investimenti si sono ridotti del 50%, il reddito pro-capite è sceso del 15%, i consumi delle famiglie si sono ridotti del 15% , il 40% del valore aggiunto delle attività manifatturiere è andato in fumo, la povertà assoluta è aumentata del 40%, arrivando a coinvolgere 250 mila famiglie (il 15,8%) ."Il rischio povertà – ha affermato Pagliaro - è al Sud tre volte maggiore rispetto al centro Nord e la Sicilia è la regione dove questo rischio tocca il 42% della popolazione. Basti pensare – ha aggiunto - che nell'isola il 70% dei pensionati vive con meno di 700 euro al mese".
Anche secondo il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo la questione del Mezzogiorno è “scomparsa dall’agenda politica nazionale, per responsabilità della classe dirigente nazionale e meridionale”. E allora ci alcuni grandi temi che vanno rimessi in cima all’agenda politica: “Viabilità, rigenerazione delle aree industriali di Carini, Brancaccio e Termini Imerese, ruolo e valore delle società partecipate e edilizia scolastica”. E sono questi i quattro settori “che noi da Palermo, alla conferenza della Cgil sul rilancio del Sud, poniamo al centro della piattaforma delle province siciliane, che deve diventare vertenza strategica”, ha insistito Campo.
E se la Cgil punta su una nuova rinascita delle aree industriali, sempre più desertificate per la fuga dei grandi gruppi, l’altro argomento oggetto d’attenzione sono le società partecipate. Rispondendo a Confindustria Palermo, che nei giorni scorsi ha chiesto al Comune il coinvolgimento dei privati nei servizi pubblici, Enzo Campo ha aggiunto: “Ci sembra bizzarro da parte degli industriali porre il tema delle esternalizzazione dei servizi delle partecipate, che sono a carico dell’amministrazione comunale. Confindustria farebbe bene ad avviare un ragionamento sulle partecipate partendo dalla qualità del servizio di pubblica utilità reso alla città e dalla qualità dell’occupazione. Su questo saremmo disponibili a un confronto, a patto che nella discussione la remuneratività delle imprese sia posta sullo stesso piano della qualità dei servizi e della qualità dell’occupazione".
Nella prima giornata di lavori è intervenuta anche la segretaria nazionale Gianna Fracassi. “Per il Mezzogiorno – ha osservato - ci vuole una strategia fatta di politiche ordinarie e straordinarie su obiettivi condivisi. Il governo finora non si è mosso su questi binari, anzi da un anno ne denunciamo l’inerzia e la latitanza sul problema della crisi del Sud del paese. Ed è per questo che la Cgil punta ad aprire una grande vertenza sul Mezzogiorno, a partire dai territori”. Fracassi ha anche sottolineato la “necessità di selezionare i temi e le priorità su cui intervenire. E’ infatti un grave errore pensare che si possa affrontare tutto contemporaneamente, è una modalità che per quanto riguarda le risorse straordinarie si è tradotta in frammentarietà degli interventi”.
Fracassi ha poi posto l’accento sulla crescita del gap tra Nord e Sud, su un “dualismo tra le due parti del Paese che si è accentuato negli anni della crisi con l’aumento dei deficit strutturali delle regioni del Mezzogiorno. Assistiamo, oggi, non solo all’abbandono dei privati, ma anche a quello delle grandi aziende pubbliche. Il fatto è che tutto è lasciato a logiche di mercato, non c’è una guida, non c’è da parte del governo una strategia di sviluppo e questo vale per tutto il Paese, per il Nord e per il Sud, che però paga due volte”.