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“Una delle maggiori attività del settore agro-industriale italiano è quella della produzione del latte, che sta vivendo una crisi profonda a causa di una scarsa remunerazione, pur essendo i prezzi più alti a livello europeo. In Italia si produce soltanto il 60% del fabbisogno, esponendoci al confronto con i prezzi di produzione con gli altri Paesi europei”. Lo dichiara Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai.
“Da una parte, il prezzo del latte italiano subisce una continua flessione, tale da non rendere remunerativo produrlo – spiega il dirigente sindacale –; dall’altra, il prezzo del latte italiano alla stalla è il più alto degli altri Paesi europei, con differenze che vanno da 3-5 euro per 100 lt. della Germania e della Francia, fino agli 8 euro per 100 lt. dell’Ungheria. È evidente che la fine delle 'quote latte' ha fatto aumentare la produzione in Europa, non dovuta all’aumento dei capi, ma all’aumento della produttività alla stalla. Ciò ha creato un incremento della differenza dei costi di produzione, perché la struttura quantitativa e qualitativa dei nostri allevamenti è meno competitiva. Questo è un primo punto su cui si dovrebbe intervenire; un altro, è la commercializzazione che in questi ultimi anni la grande distribuzione ha 'cannibalizzato' tale prodotto, utilizzandolo come prodotto 'civetta', e quindi spesso è finito sugli scaffali, sottocosto. Questa situazione sta portando a una guerra fra produttori e industria di trasformazione, priva di senso: non si può pensare di produrre e mettere sul mercato un prodotto non remunerativo, e lo stesso vale per i produttori”.
“Tutti gli esperti – prosegue Macchiesi – sostengono che la soluzione passa attraverso un forte processo d'innovazione della filiera, con un forte investimento nella ricerca. Le associazioni agricole sbagliano a pensare di risolvere i problemi con politiche protezionistiche, come lo erano le quote latte, e sbaglia il ministro dell'Agricoltura Martina a rincorrere queste posizioni: non sono più sufficienti piccoli sovvenzioni a pioggia. Occorre individuare due comparti su cui intervenire, sostenendo i prodotti di eccellenza come i formaggi e l’innovazione organizzativa e gestionale, di processo e prodotto, semplificando il quadro legislativo, creando una fiscalità di vantaggio sugli investimenti, mettendo insieme gli investimenti pubblici e privati per fare massa critica. Al ministro vorremmo 'sussurrare' che forse, in qualità di rappresentanti dei lavoratori, potremmo dare un contributo importante agli incontri con le associazioni professionali e aziendali, se solo ci convocasse: serve un progetto ambizioso per evitare la scomparsa di un settore produttivo, che in Italia dà lavoro a circa 30.000 persone.