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Venerdì per la prima volta la Cgil ha strappato un importante risultato nella lotta alle fake news: il fotografo italo-newyorchese Fiorenzo Borghi, candidato al senato col Movimento 5 stelle nel collegio estero, ha riconosciuto con un tweet di avere diffuso una “bufala” su Susanna Camusso scusandosi. Vi potrebbe sembrare poca cosa, su Facebook molti hanno commentato la notizia arrabbiati dando vita a una sorta di linciaggio dell’unica persona che ufficialmente ha fatto mea culpa – a conferma di come Facebook liberi gli istinti senza un briciolo di razionalità -, ma non lo è affatto. Anzi quel tweet è un risultato, il frutto di segnalazioni, ripetuti interventi da parte di militanti e dirigenti della Cgil, e dell’annuncio che si sarebbe proceduto a querelare chi avesse diffuso quelle falsità.
Dalla imponente manifestazione unitaria del 9 febbraio di piazza San Giovanni, sono tre in particolare i temi su cui si concentra l’attacco al sindacato e alla Cgil in particolare: le pensioni d’oro dei sindacalisti cui è funzionale la bufala su Camusso; l’opposizione della Cgil al salario minimo; Maurizio Landini prima schierato con i No Tav e dopo l’elezione pro-Tav, perché entrato a far parte della "casta".
La strategia per delegittimare e così neutralizzare chi viene individuato come l’oppositore del momento è chiara: prima si diffondono sui social materiali e notizie false o distorte, come la pensione stratosferica di Susanna Camusso, che in pensione non è. In questo modo, usando i social e in particolare Facebook, si prepara il clima di rabbia e rancore giusto per lanciare poi l’attacco politico, che risponde così a un sentiment ormai ben radicato nella pancia degli utenti italiani. Una strategia usata sia per indebolire l’opposizione, sia come arma di distrazione di massa: l’opinione pubblica si focalizza sulle “pensioni d’oro dei sindacalisti” mentre il governo lavora alle intese sul gravissimo provvedimento dell’autonomia differenziata, che qualcuno ha già ribattezzato "la secessione dei ricchi".
Ma come si fa a far diventare virale un post al punto da invadere il web e renderlo così diffuso che se, anche se si volesse bloccare, non sarebbe ormai più possibile? Sono state almeno 32 le pagine Facebook riconducibili alle forze di governo che in questi giorni hanno lanciato e rilanciato i post contenti le notizie false sulla Cgil. Accanto a questa galassia di pagine, ciascuna della quali conta migliaia di iscritti, c’è l’attività dei militanti. Basta andare sulla pagina ufficiale del Movimento 5 stelle per iscriversi al canale Telegram del Movimento. Telegram è un’app di messaggistica veloce simile a Whatsapp che si può usare contemporaneamente da telefono, tablet, pc anche per spedire file molto pesanti, che consente di collegarsi anche senza numero di telefono, solo via nick, e che funziona benissimo per diffondere materiali a grossi gruppi di utenti, fino a diecimila.
I Cinque Stelle lo usano proprio così. Postano nel loro canale i canva – le immagini commentate – con cui veicolano il messaggio. Gli utenti sono invitati a scaricarle e a usarle. In questo modo, esattamente come è avvenuto per il canva "fake" su Camusso, è impossibile risalire alla fonte e bloccarlo. C’è poi da dire che spesso il messaggio scelto viene declinato in varie versioni, più o meno aggressive a seconda del canale su cui vengono diffuse. Sul canale ufficiale non si veicolano vere e proprie fake news ma frasi dal senso distorto, o forzature, così da evitare denunce. Sui canali non ufficiali girano invece i materiali più propriamente falsi, o contenenti le invettive. In questo modo le “bufale” vengono lanciate, rilanciate da pagine, siti e profili apparentemente di diverso orientamento con un rafforzamento di credibilità, e con stili e registri linguistici diversi, anche questo elemento che contribuisce a rafforzarne la connotazione di “autenticità”. Una marea di bugie che inonda il web per fare politica. È questo il cambiamento annunciato?
Esmeralda Rizzi è responsabile social della Cgil nazionale