Oltre un milione di cittadini europei hanno firmato in favore della tassa per le transazioni finanziarie, una petizione lanciata mesi fa dalla campagna 005 che sostiene l'introduzione di un'imposta estremamente ridotta - potrebbe essere lo 0,05 per cento, ma anche lo 0,01 per cento - su ogni compravendita di strumenti finanziari. Un onere limitato ai mercati speculativi che non toccherebbe altri trasferimenti, come i pagamenti per beni e servizi, le prestazioni di lavoro, le rimesse dei migranti, i prestiti interbancari e operazioni delle banche centrali. Alcuni la conoscono come Robin Hood Tax, perché l'obiettivo è destinare le risorse alle politiche sociali e all'economia reale.

“Ci sembra una misura utile in due direzioni”, spiega Fausto Durante, responsabile dell'area Politiche internazionali ed europee della Cgil, intervistato da RadioArticolo1. “La prima è combattere le operazioni finanziarie meramente speculative, molte delle quali sono alla base degli attacchi che l'euro ha subito nei momenti di difficoltà dovuti alla crisi di questi ultimi anni con gravi conseguenze per il sistema bancario di paesi come la Grecia, Spagna e Portogallo. Poi, per una ragione di puro merito: dobbiamo contrastare la tendenza a produrre denaro con il denaro senza alimentare l'economia reale. Le transazioni finanziarie fanno guadagnare miliardi a chi sposta capitali da un posto all'altro del globo con un click, senza investirli in attività produttiva”.

Secondo le stime dei promotori, solo in Italia il ricavato sarebbe di circa 6 miliardi, un tesoretto da destinare al piano straordinario di investimenti per lo sviluppo e l'occupazione, soprattutto quella giovanile. “Non è un caso - sottolinea Durante - che questa tassa è indicata come uno dei pilastri del famoso piano proposto dalla Ces, 250 miliardi all'anno per dieci anni, insieme a una patrimoniale sulle grandi ricchezze non produttive. A chi dice che si tratta di propaganda, bisognerebbe ricordare che l'Unione europea ha speso mille miliardi all'anno nei tre anni di difficoltà per salvare le banche, quindi non è vero che non ci sono le risorse, si tratta solo di scelte politiche”.

Manca però un impegno concreto da parte del governo che “sta giocando una partita fino a questo momento non particolarmente brillante”, osserva il dirigente sindacale ricordando che nel recente passato il nostro paese ha avviato la cooperazione rafforzata - insieme ad altri undici - per introdurre questa tassa. “Grazie alla spinta del milione di firme - conclude - l'esecutivo dovrebbe intervenire in tutte le occasioni possibili, a cominciare dal prossimo vertice dei capi di Stato e di Governo e dalle riunioni dei ministri economici. È una tassa che avrebbe un grande impatto se fosse una scelta condivisa su scala europea. Dal ministro Padoan e dal premier Renzi ci aspettiamo un ruolo attivo e forte dell'Italia che potrebbe beneficiare di quelle risorse”.