“Le fasce di popolazione che più hanno votato No sono i giovani e i disoccupati. Lo slogan del cambiamento, il governo più giovane della storia repubblicana, la riforma costituzionale presentata come panacea dei mali del Paese si sono scontrati con il no della generazione che, nella retorica governativa, più avrebbe dovuto beneficiare della rottamazione renziana”. A dirlo è il coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi, Giammarco Manfreda: “Questo dato – afferma –, assieme a quello dell’alta affluenza, sono segnali rilevanti: la riforma costituzionale non è piaciuta agli italiani, che hanno capito che non 'basta un sì' per far fronte ai problemi, aspetto su cui il governo ha invece incentrato la campagna referendaria”.
Per Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Unione degli universitari, “la fortissima personalizzazione del quesito nella figura del presidente del Consiglio ha avuto un ruolo decisivo nel ridurre il dibattito ad uno scontro tra tifoserie. Ma le nostre organizzazioni non hanno mai voluto centrare il dibattito referendario sulla figura del premier; piuttosto sui contenuti, a nostro avviso sbagliati. Il dibattito, ora, deve restare acceso, riuscendo a sanare una divisione che rischia di fossilizzare il Paese in una demonizzazione degli avversari, deve saper ascoltare chi e perché ha votato No. Purtroppo non possiamo pensare che la battaglia su una certa concezione della Costituzione, e quindi del nostro sistema politico, si consideri conclusa con un successo elettorale”.
Concludono i due rappresentanti degli studenti: “Il nostro voto nel merito del contenuto della riforma, a differenza di chi ha sostenuto il No per una mera logica anti-renziana e anti-governativa, ora ha una sola prospettiva: quella di spingere affinché venga portata avanti l’idea di dare piena attuazione ai principi costituzionali e, conseguentemente, difendere i principi democratici che dovrebbero essere alla base del sistema politico italiano. Lo abbiamo detto fin dall’inizio di questa campagna referendaria: il Paese ha bisogno di democrazia, partecipazione e rappresentatività. Sarà fondamentale in questo momento non bloccare l’attività politica in corso, a partire dalla discussione sulla legge di bilancio e sulle deleghe della buona scuola. Il Paese necessita di parlare di scuola, di università, di riscatto sociale e di lavoro. Per questo – concludono – sarà fondamentale che con il cambio di scenario politico si riapra un confronto ampio, a partire da quello con i corpi intermedi, al fine di ricucire gli strappi che purtroppo si sono generati durante questa campagna referendaria e per trovare risposte collettive alla crisi della politica e della rappresentanza in Italia”.