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Per i lavoratori dei fast food è stato un inizio d’anno difficile che rischia di concludersi anche peggio: alle già dure condizioni di lavoro, infatti, si è aggiunta la disdetta – a ottobre scorso e con effetto dal 1° maggio 2014 – del contratto nazionale del turismo, a cui fanno riferimento, da parte della Fipe (la Federazione italiana pubblici servizi aderente alla Confcommercio). Questo atto unilaterale e gravissimo rischia di lasciare senza diritti e tutele ben 700 mila lavoratori del settore; per questo il 16 maggio è stato proclamato uno sciopero nazionale dei dipendenti delle imprese aderenti a Fipe Confcommercio, Fiavet Confcommercio, Confesercenti, Aica e Federturismo.
Per il 16 Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno organizzato manifestazioni e presidi a livello territoriale coinvolgendo migliaia di lavoratori. Alla decisione di disdettare il contratto, precisa la Fipe in un comunicato, “si è arrivati dopo aver ricercato, senza esito, di sviluppare un confronto con le organizzazioni sindacali dei lavoratori con l’obiettivo di giungere ad un recupero dei costi attraverso un miglioramento della produttività, punto di partenza ineludibile per qualsiasi ipotesi realistica ed equilibrata di soluzione alla grave crisi che il settore sta attraversando”. Questa affermazione, però viene respinta in toto dal sindacato di categoria, che invece afferma: “Lo scopo reale di detta associazione nel corso di questo rinnovo è stato il tentativo di scardinamento e di demolizione del contratto nazionale vigente, relegando le trattative per il suo rinnovo a mera simulazione”.
Con questi comportamenti, secondo la Filcams i datori di lavoro vogliono scaricare il costo della crisi esclusivamente sulle lavoratrici e i lavoratori, le cui condizioni di forte precarietà, negli ultimi anni, hanno subito se possibile un ulteriore e drammatico inasprimento.
Per capire il clima di tensione in cui si è svolta la trattativa, basti pensare che Fiavet, a giochi ormai conclusi, ha abbandonato il tavolo del negoziato che ha prodotto, lo scorso 19 Gennaio, un importante rinnovo contrattuale con Federalberghi e Faita, mentre Confesercenti si è da subito sistematicamente sottratta al confronto cercando, nei fatti, di ottenere una moratoria e una dilazione dei tempi al fine esclusivo di non erogare aumenti.
“Una sommatoria di diversi atteggiamenti tutti inaccettabili da parte di alcune importanti controparti – cui si è aggiunta ora anche Confindustria –, che fanno prevalere la miopia sulla lungimiranza e che respingiamo in toto perché lesivi di una tradizione di relazioni sindacali che in passato sono state capaci di trovare soluzioni spesso innovative e rispondenti alle peculiarità dei differenti settori”, sottolinea la Filcams. Il sindacato si dichiara pronto a riprendere le trattative, “ma la discussione non potrà essere confinata al recupero della produttività che Fipe ha finora interpretato come sommatoria di tagli lineari al costo del lavoro. Ormai prossimi a Expo 2015 vorremmo condividere il presupposto che dal lavoro non si può prescindere e dal lavoro bisogna ripartire per garantire, tra l’altro, successo a questo appuntamento che tutti vedono come una occasione imperdibile per il rilancio della nostra economia”.
“La nostra forma prioritaria di lotta continuerà a essere lo sciopero – conclude la Filcams –, a cui affiancheremo laddove necessario azioni legali fino a quando le controparti non coglieranno la disponibilità del sindacato a riaprire il dialogo, non smetteranno di scaricare le difficoltà sull’anello più debole della catena e, finalmente, la politica si accorgerà che senza una valorizzazione del turismo e di chi nel turismo opera, non si va da nessuna parte”.