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La stagione turistica del 2017 ha finalmente, dopo diversi anni, avuto un andamento positivo. Un trampolino di lancio anche per i prossimi mesi?
Il 2017 è stato un anno di netta ripresa per il turismo italiano, attestato dai dati delle sue fonti ufficiali, e forse ancora di più per tutte quelle forme di ricettività che sfuggono alle rilevazioni e purtroppo anche a molte regole (fiscali, lavoristiche, a volte anche sanitarie). A sostenere la tendenza sono stati gli stranieri, che non hanno mai smesso di venire in Italia per turismo: sia gli europei, che ci considerano un po’ il loro “parco divertimenti”, sia quelli che arrivano da altri continenti, per cui un’esperienza nel nostro Paese era e rimane imprescindibile anche a livello formativo. Ma il vero fatto nuovo, almeno dal 2016, è stata la ripresa della domanda interna fortemente depressa dalla crisi almeno a partire dal 2008. I segnali dell’inverno appena concluso, e della primavera ricca di “ponti”, sono comunque tutti molto positivi, tanto che aumentano le tensioni sui punti critici per l’eccesso di domanda, da Venezia alle Cinque Terre, e si fa un gran parlare di overtourism. Solo a Pasqua gli italiani in viaggio sono stati il 2,4% in più rispetto al 2017, e il giro d’affari è cresciuto più che proporzionalmente (7,2%).
Che stagione estiva si prevede per il 2018?
Come noto le prenotazioni si sono spostate molto “sotto data”, e le indagini lasciano sempre più vuoti conoscitivi. In ogni caso gli italiani prevedono di fare più vacanze che nel 2017 in una misura stimabile nel 10%, corrispondente a 3,5 milioni di persone. Anche alcune indagini previsionali condotte dalle regioni sulle proprie imprese confermano quest’ottimismo: solo in Toscana si ipotizza il 4% in più, qualcosa come 2 milioni di presenze. Da notare che, sempre in Toscana, rispetto a 46 milioni di presenze registrate nel 2017 negli esercizi ufficiali, se ne sono stimate altre 48 milioni nella ricettività non convenzionale e non ufficiale. E questo la dice lunga anche sulla capacità di monitorare il lavoro nelle sue quantità effettive e nel rispetto delle regole fondamentali.
Il buon andamento del turismo in Italia ha contribuito a migliorare l’occupazione?
Da tutto quanto detto sinora appare chiaro che la misura del lavoro, come avviene adesso, è uno strumento obsoleto e grossolano. Ciò nonostante il barometro dell’occupazione sembra volgere al “bello stabile”: i lavoratori dipendenti nel settore registrati dall’Istat sono “almeno” 1 milione e 71 mila nel quarto trimestre 2017, con un incremento rispetto all’anno prima del 9,4%.
Ci avviciniamo al periodo estivo in maniera diversa per i lavoratori?
Federalberghi, parlando delle proprie imprese, stima una crescita di occupati dell’1,9% nel 2017, ma trainata dai contratti a tempo determinato (+4,4%) a scapito di quelli più stabili (-1%). È un segno evidente che se cresce il lavoro, non per questo crescono la regolarità e le tutele. Unioncamere-Excelsior, dal canto suo, definisce ancor meglio il volume del turn-over, prevedendo tra aprile e giugno 2018 oltre 300 mila nuove entrate al lavoro nel settore. Non sono fenomeni nuovi, ma il frutto di una deriva ben più lunga: più lavoro e meno occupazione, più domanda e meno stabilità, per non parlare dei diritti.
Parliamo di lavoro nero e di contratti precari. Quale potrebbe essere il trend del 2018?
Mi sento di usare un’espressione nuova per descrivere quello che sta succedendo: il turismo “ufficiale” vale circa la metà del totale, e questo credo sia vero anche in termini occupazionali. Ma di più, al lavoro “nel” turismo si va affiancando in maniera prorompente – e in misura molto crescente – il lavoro “per” il turismo: mentre infatti le stesse imprese regolari adottano tutti gli strumenti possibili per esternalizzare servizi e conseguentemente lavoro (che diventa quindi di altri settori: dal pulimento alla guardiania, dal catering al trasporto, ecc.), tutto il “nuovo turismo” non si sogna neppure di assumere lavoratori alle regole del settore turistico. Secondo l’Osservatorio Federalberghi il 2017 ha registrato una crescita degli occupati in albergo (+1,9%). L’associazione conferma la diminuzione dei contratti a tempo indeterminato (-1%) e una crescita di quelli a tempo determinato (+4,4%). Il segno della crescita del settore nel nostro Paese rischia appunto di essere questo: un turismo in ottima salute, sorretto da un lavoro grandioso, ma progressivamente svilito.