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Continua a salire il bilancio del disastro nella miniera di carbone di Soma, Turchia occidentale, dove nella notte tra il 13 e il 14 maggio si è verificata un'espolosione, causata da un guasto ad un trasformatore elettrico, mentre nell'impianto erano al lavoro 787 minatori. Secondo l'ultimo aggiornamento del ministro dell'Energia Taner Yildiz i morti accertati al momento (ore 8 locali del 15 maggio) sarebbero 282.
Secondo una nota diffusa mercoledì dall'azienda proprietaria dell'impianto, 450 lavoratori sono stati messi in salvo. Ma a quasi due giorni dall'esplosione e l'incendio che hanno scatenato l'inferno nelle gallerie della miniera, dove si trovavano centinaia di operai, le speranze di trovare dei sopravvissuti sono esilissime.
Ieri il premier Recep Tayyip Erdogan - che ha visitato il luogo del disastro - è stato contestato per questa tragedia da molti considerata "annunciata", date le condizioni di lavoro e i drastici tagli sui costi dell'estrazione. Ad Ankara - secondo quanto riporta l'agenzia TMNews - la polizia ha lanciato lacrimogeni per cercare di disperdere migliaia di manifestanti, scesi in strada per protestare contro il governo.
La stampa turca sottolinea che l'incidente nella miniera di carbone di Soma è il peggiore disastro industriale nella storia della Turchia moderna. Persino peggiore di quello della miniera di carbone di Zonguldak, nella regione del Mar Nero, dove nel 1992 una esplosione aveva fatto 263 morti.
Ma nonostante la gravità della situazione, le autorità turche non hanno accettato le offerte di aiuto venute da diversi paesi stranieri, fra cui Israele, Usa, Grecia, Germania, Francia, Italia, Polonia, Iran, come pure l'Ue, che hanno offerto assistenza alla Turchia.