È venuto a mancare Tullio De Mauro. Linguista, docente universitario, saggista, aveva 84 anni. Ministro della Pubblica istruzione dal 2000 al 2001, era presidente della Fondazione Bellonci, che organizza il premio Strega. Per ricordarlo pubblichiamo un'intervista che gli facemmo l'8 ottobre del 2004

Il De Mauro che non ti aspetti. Per la scuola ti cita Chirac, per l'università, addirittura, Margaret Thatcher. Due conservatori, ma "ci sono conservatori e conservatori e Dio ce ne desse di questa specie europea. Ricordo ancora i brusii a una festa dell'Unità, a metà degli anni ottanta, quando mi capitò di parlare di un provvedimento della Thatcher che apriva una linea di credito speciale per le università che assumevano professori al di sotto dei trent'anni. Una misura saggia per svecchiare gli atenei". Il governo italiano non fa nulla di tutto questo. "Anzi sottolinea De Mauro , di anno in anno decurta i fondi in Finanziaria e adesso licenzia una proposta sullo stato giuridico dei docenti che non solo è molto confusa, ma non affronta il problema più importante: reclutare energie nuove e fresche per l'università". Per la scuola, forse, è ancora peggio. Il governo non solo ha cancellato la riforma dei cicli del centro-sinistra (la legge 30/00), ma anche i programmi sperimentali Brocca, il grande lavoro sui saperi realizzato dalla commissione dei saggi durante la scorsa legislatura e che, dice l'ex ministro della Pubblica istruzione, "raccoglievano quanto di più positivo veniva dalla scuola stessa, dall'impegno degli insegnanti. Ecco, è questo sprezzo del lavoro dei docenti che più offende. Lo sa lei cosa stanno facendo in Francia per rinnovare la scuola? Hanno avviato una straordinaria consultazione con studenti, insegnanti, genitori per raccogliere idee, contenuti e proposte. E Chirac per annunciarlo ha fatto addirittura un discorso alla nazione".

A settantadue anni la passione politica e intellettuale di Tullio De Mauro, l'ultimo ministro della Pubblica istruzione espresso dal centro-sinistra (ma anche insigne linguista), è sempre la stessa. Una fiamma precoce (pochi ricordano che è stato assessore alla Cultura della Regione Lazio tra il '76 e il '77) che non s'è affatto affievolita: l'ultimo prodotto di questa fiamma risale a qualche mese fa. Un "Patto per la scuola, l'università e la ricerca", di cui proprio De Mauro è tra i promotori, e che chiama a raccolta intellettuali, uomini politici, professori, maestri e ricercatori sui tre temi forse più sensibili per lo sviluppo, non solo economico, di un paese. Tre temi che per De Mauro è impossibile scindere del tutto. "L'impianto delle riforme avviate da Luigi Berlinguer partiva da un dato complessivo e non soddisfacente del livello d'istruzione del nostro paese. Di qui l'impegno, non sempre compreso e sostenuto persino dalle forze dell'Ulivo, per un progressivo riassetto della scuola e dell'università italiana".

Rassegna Cominciamo dalla scuola, professor De Mauro, e facciamo l'ipotesi che la sinistra torni a guidare il paese. Cosa si dovrà fare?

De Mauro Innanzitutto sarebbe necessario che la sinistra, e il mondo intellettuale in generale, si procurassero qualche dato sulle vicende scolastiche del nostro paese. Bisognerebbe che noi tutti ricordassimo che non cinquecento anni fa, ma soltanto nel '55, in Italia il 59,2 per cento della popolazione adulta non aveva neanche la licenza elementare. Bene, la scuola ha fatto un lavoro enorme: ha preso per mano i figli di questa massa di persone e li ha tenuti in classe; ha fatto prendere loro, a partire dalla prima metà degli anni settanta, la licenza elementare e poi, dagli anni novanta, ne ha portato il 93 per cento alla licenza della media dell'obbligo. E ha continuato, nel senso che negli ultimi anni il 75 per cento dei giovani consegue un diploma medio superiore. La scuola ha cambiato la faccia di questo paese, dove fiorivano non solo i limoni, ma gli analfabeti. I giovani di oggi hanno livelli d'istruzione tripli o quadrupli rispetto ai padri e ai nonni. È un risultato straordinario, anche se va ricordato che, purtroppo, la dispersione scolastica non è stata sconfitta del tutto.

Rassegna Questa sfida è stata quasi del tutto vinta, lei dice. E allora qual è la prossima?

De Mauro Il successo formativo della scuola è avvenuto su un terreno culturale rimasto sostanzialmente povero. Secondo dati Istat del 2003 solo il 10 per cento delle famiglie italiane spende qualche euro per l'acquisto di libri non scolastici. Il risultato è che solo nel 25 per cento delle case italiane ci sono più di cento libri. È un dato molto negativo: tutte le indagini serie ci dicono che oggi questa variabile è quella che più influenza il buon andamento a scuola dei ragazzi.

Rassegna E il reddito, le dotazioni elettroniche?

De Mauro Viene tutto dopo. Ed è una novità, perché negli anni sessanta il fattore reddito era quello che pesava di più. Al basso indice di lettura di libri si collega il dato, altrettanto clamoroso, che riguarda la lettura dei giornali. La prima indagine realizzata nel 1955 da Ignazio Weiss, per le edizioni di Comunità, registrava la vendita di una copia ogni undici abitanti; bene, nel 2004 la percentuale è rimasta la stessa. Riassumendo, la scuola ha portato i ragazzi in classe, ma non è riuscita a spostare questi fattori, e forse non era neanche suo compito. Prendiamo uno dei tantissimi ragazzi che proviene da quell'80 per cento di famiglie che non ha libri a casa e non compra giornali. Siamo riusciti a fargli prendere la licenza media, lo portiamo alle superiori e gli facciamo studiare i numeri immaginari, le derivate, Kant. Magari è bravissimo, "succhia" dai libri quello che il contesto non gli dà e arriva all'università. Ma spesso con lacune impreviste, clamorose. Per riprendere Don Milani, la scuola è riuscita a portare "Gianni" avanti, ma se questi non avrà incontrato un Don Milani, un professore capace di mettere in moto la sua intelligenza e ce ne sono, mi creda , il gap con l'altro 20 per cento dei suoi coetanei rimarrà sempre molto forte. Dunque, per rispondere a questa sfida noi dobbiamo innanzitutto far funzionare meglio la scuola. Migliorare il reclutamento e l'aggiornamento degli insegnanti, la qualità della didattica, sollecitare l'autonomia delle scuole.

Rassegna Sembra insufficiente, rispetto allo scenario che lei prospetta.

De Mauro E infatti non basta. Bisogna affrontare l'altro grande tema che, per la prima volta in Italia, la legge Berlinguer metteva in primo piano: l'educazione permanente degli adulti, praticamente azzerata dalla legge Moratti. L'idea era quella di tenere aperti il pomeriggio i 14.000 edifici scolastici del paese per agire su un doppio versante: da un lato su quella metà della popolazione italiana che non ha la licenza media; dall'altro sull'aggiornamento continuo delle competenze tecnologiche dei lavoratori. La richiesta era enorme e sono partite molte iniziative interessanti. Ma i finanziamenti sono stati azzerati; qua e là Regioni e Comuni tengono in piedi alcuni Centri territoriali permanenti per la formazione degli adulti, ma senza soldi e impulsi dal centro la buona volontà è destinata a esaurirsi.

Rassegna Riassumendo, lei sostiene che solo con l'educazione degli adulti si può migliorare il contesto culturale delle famiglie italiane che, nonostante gli enormi sforzi della scuola nel dopoguerra, è rimasto povero. Un adulto che a 45 anni torna in "classe", magari compra qualche libro in più, legge il giornale e questo ha una ricaduta positiva sui figli, se li ha, che vanno a scuola.

De Mauro Esattamente. In più sta anche meglio lui, ha maggiore facilità nel trovare o cambiare lavoro perché aggiorna continuamente le proprie competenze. Mi auguro poi che l'Ulivo, sempre che riesca a vincere le prossime elezioni, decida di proseguire con gli obiettivi che si era dato: portare tutti gli studenti, non solo i tre quarti di oggi, al diploma di scuola superiore.

Rassegna L'attuale maggioranza di governo ha scelto un sistema duale: i licei da un lato, le scuole tecniche e professionali dall'altro. Opposizione e sindacati parlano di scuola di serie A e serie B. Cosa ne pensa?

De Mauro Si può discutere di tutto, non esistono tabù. In Germania il modello duale produce una scuola di tutto rispetto. Il Gymnasium, il nostro liceo, da una parte, e la formazione professionale, dall'altra. Va detto che la formazione professionale tedesca è di ottimo livello e, oltretutto, ha uno specifico e valido sbocco universitario, cioè le scuole di alta tecnologia. Detto questo, in Germania il sistema scricchiola ed è ormai ampiamente messo in discussione. In molti vorrebbero avviare una riforma di segno opposto che porti ai risultati ottenuti dalla Francia negli anni novanta e nella cui direzione si sta muovendo anche la Spagna: una sorta di liceizzazione di tutta la scuola secondaria superiore, che tenga gli studenti in un unico sistema, senza produrre fratture. Personalmente continuo a pensare che la via migliore da perseguire sia proprio questa: unificare i percorsi e costruire un comparto tecnico-professionale all'altezza dei licei. Del resto, già Giuseppe Lombardo Radice, in una pagina del 1913 delle sue Lezioni didattiche, scriveva che se un paese vuole innalzare il proprio livello d'istruzione, deve unificare, anziché separare.

Rassegna Per di più nel modello Moratti questa scelta è molto precoce, a 13 anni e mezzo. Qualcuno ha parlato di un ritorno dell'avviamento scolastico, abolito da un altro centro-sinistra.

De Mauro Citerò ancora Lombardo Radice. Nello stesso libro, a un certo punto, parla delle scelte precoci. Non lo dice, ma sta raccontando la sua storia: prima volevo fare il pittore, poi il militare, poi ho scoperto che era bella la matematica. Alla fine ho studiato filosofia. Ma questa scelta è maturata nell'ultima classe delle scuole medie superiori. Oggi si vorrebbe che i ragazzi compissero scelte così importanti addirittura a 13 anni. Ragazzi che, ricordiamo, provengono nell'80 per cento dei casi da famiglie senza libri e giornali in casa. Quali strumenti hanno per scegliere?

Rassegna Più volte lei ha insistito sull'importanza dei saperi, dei contenuti, piuttosto che delle architetture istituzionali. Edgar Morin, nei Sette saperi necessari all'educazione del futuro, esalta una conoscenza non specialistica e frammentaria. Pascal contro Cartesio, per il quale la conoscenza è "separazione".

De Mauro Sono d'accordo, alla scuola del futuro servono pochi assi fondamentali intorno ai quali, come avviene nei licei francesi o nei college inglesi o americani, costruire un'offerta formativa varia, articolata e specializzata. Quindi, matematica intesa come capacità di operare con e sui dati; le scienze sociali e quelle dell'osservazione e, naturalmente, i saperi linguistici e umanistici in senso lato: le nostre lingue e quelle degli altri.

Rassegna Ma è pensabile che, a ogni cambio di governo, le scuole italiane siano costrette a ricominciare da capo, a fare i conti ogni volta con un'idea diversa, talvolta opposta, dell'istruzione?

De Mauro No, non è pensabile. Ed è per questo che la prima cosa da fare, se l'Ulivo tornerà al governo, è quella di restituire credibilità a tutti i corpi, perché con questo governo il disprezzo del principio della consultazione è stato totale. Bisognerebbe fare come stanno facendo in Francia: una grande consultazione di tutto il mondo della scuola, per capire meglio qual è lo stato delle cose e cosa serve veramente a operatori, studenti e famiglie per migliorare il sistema dell'istruzione.

Rassegna Il centro-destra, nei suoi progetti riformatori, enfatizza molto un senso di presunta libertà individuale: si riduce il tempo scuola obbligatorio alle elementari lasciando la "libertà" alle famiglie di scegliere di mandare i figli fuori dalla scuola; si finanziano i privati (il buono scuola) per lo stesso motivo, e per lo stesso motivo si dice che se uno non vuole andare a scuola, può assolvere i suoi obblighi formativi molto presto nella formazione professionale o addirittura in azienda (con l'alternanza scuola-lavoro). Una riforma di "sinistra" della scuola cosa dove opporre a questa ideologia? Non c'è il rischio di apparire "regolistici", rigidi?

De Mauro Una scuola di "sinistra" a questo schema non può che opporre le opportunità che offre a tutti. Tra l'altro questo mitico mondo delle libertà andrebbe analizzato fino in fondo. Recentemente Sabino Cassese ha spiegato molto bene, utilizzando un noto studio americano, quanto questa presunta e totale libertà individuale sia una chimera anche negli Usa. Seguendo la giornata di due cittadini, John e Mary, si scopre che da quando si alzano fino al momento in cui tornano a dormire, le loro azioni sono in ogni momento regolate da una folla di norme generali che li vincolano.

Rassegna Cambiamo argomento. La riforma dell'università varata dal centro-sinistra, invece, non è stata toccata. Qual è il suo giudizio sul cosiddetto 3+2?

De Mauro L'Italia ha una quota di laureati che è la metà di quella degli altri paesi europei di pari peso democratico. Ne abbiamo 70.000 invece che 150.000. I nostri laureati sono bravi, tra i migliori nel mondo occidentale, e questo non sempre viene detto. Ma questa eccellenza si ottiene al prezzo di una selezione selvaggia: fino a poco tempo fa si laureava solo il 30 per cento degli iscritti al primo anno. La legge varata dal centro-sinistra cercava di porre ripari a questa situazione. Secondo me si tratta di una buona legge, il cui successo va verificato sperimentalmente. I primi dati disponibili ci dicono che la dispersione al primo anno si è ridotta dal 70 al 50 per cento. Sarebbe un primo risultato.

Rassegna Cos'è che non funziona?

De Mauro La triennalizzazione dei corsi richiede un investimento in strutture, numero di docenti, aule, laboratori che non c'è stato. Nella mia cattedra di Linguistica generale facciamo mille esami l'anno e andiamo avanti grazie a un professore ordinario di Napoli che ci regala un corso. Come si fa a proporre una didattica personalizzata in queste condizioni? Di Finanziaria in Finanziaria i fondi per le università vengono ridotti. C'è un altro aspetto, poi, da non sottovalutare. Per anni l'università è stata un luogo in cui ciascuno amministrava se stesso come meglio credeva, in maniera un po' casuale ed episodica. Vale sia per gli studenti sia per i docenti. Questi ultimi, in particolare, non hanno mai coordinato le scelte di programma con quelle degli altri colleghi in funzione dello studente e della sua formazione. Quali sono gli obiettivi dell'insegnamento? Cosa bisogna fare per raggiungerli? Sono riflessioni che solo ora, con la spinta della riforma, si cominciano a fare.

Rassegna Non sempre però. Molti studenti lamentano ancora il carico spesso eccessivo degli esami, con un bilanciamento non sempre razionale dei crediti formativi. Tutti elementi che frenano un altro obiettivo della riforma: accelerare il tempo di studio in Italia, che è tra i più lenti in Europa.

De Mauro È vero. Soprattutto nelle facoltà umanistiche la sensazione è che molti studenti non ce la faranno a terminare il corso della laurea di base nei tre anni previsti. Ma non parlerei di fallimento, la macchina deve ingranare: è necessaria un'attitudine empirica che cerchi di capire cosa funziona e cosa no.

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