La Tmb Italia, azienda partenopea che per conto di Tim si occupa da anni in Sicilia della manutenzione e installazione di impianti elettrici, di condizionamento e radiomobili, ha annunciato ai sindacati un piano di esuberi nell'Isola intorno al 70 per cento della forza lavoro. Un ridimensionamento dovuto al blocco dei pagamenti ai fornitori da parte di Tim, che sta mettendo in forte discussione la continuità occupazionale delle ditte fornitrici con il rischio di pesantissime conseguenze occupazionali.
Una delle realtà colpite è la Tmb, che si è vista costretta a dichiarare lo stato di crisi, con la riduzione del personale. Immediata la reazione della Fiom Cgil di Palermo e di Catania: i sindacati, convocati dall'azienda, hanno espresso il loro no a ogni ipotesi di riduzione del personale. Dopo una lunga discussione, i licenziamenti a sono stati “congelati” in attesa di un incontro che si terrà il 19 marzo. L'azienda si è riservata di non attuare esuberi fino a quella data.
Nella sede della Cgil di Enna il 19 marzo si svolgerà un'assemblea congiunta, dalle 15 alle 17, con i 50 dipendenti delle due sedi Tmb della Sicilia occidentale e orientale di Palermo e di Catania. In quell'occasione il sindacato, rigettata la proposta degli esuberi, prospetterà soluzioni alternative ai licenziamenti e concorderà un percorso con i lavoratori. “Non accetteremo mai un piano di esuberi che toglie occupazione a due territori già fortemente penalizzati dalla crisi come Palermo e Catania – dichiarano il segretario provinciale della Fiom Cgil Palermo Francesco Foti e il segretario generale Fiom Cgil Catania Nunzio Cinquemani – Sulle politiche degli appalti, Tim ha avviato un taglio dei costi che coinvolge tutti i fornitori. Questi tagli non possono ricadere sui lavoratori. Ridurre il costo degli appalti, oltre al rischio concreto di perdita di posti di lavoro, significa anche favorire l'utilizzo del lavoro irregolare e di provocare e ricadute in termini di sicurezza sul lavoro, mettendo a rischio la vita dei lavoratori del sub appalto”.
Il processo di ridimensionamento della Tim è iniziato con il cambio di ad. Il precedente amministratore delegato, Flavio Cattaneo, che a luglio scorso ha lasciato la Tim dopo gli scontri sui piani di banda ultralarga del governo e le tensioni con Vivendi, aveva attuato un piano di tagli da 1 miliardo di euro verso i fornitori, per raggiungere gli obiettivi di risparmio del piano 2016-2018, con la promessa di consolidare i volumi e stabilizzare i prezzi delle commesse. Ma così non è stato.
E si ritorna a parlare di tagli. “I cambiamenti di politica industriale sempre di più sono orientati non alla competizione e al rilancio dei nuovi servizi ma alla creazione di operazioni finanziarie per sostenere il titolo, a partire dal taglio dei costi, ritornati al centro delle strategie dell’azienda – aggiungono Foti e Cinquemani - In questi ultimi mesi Tim è praticamente ferma sugli investimenti, sulle strategie industriali, sul rilancio del business e registra un peggioramento dei ricavi. L’attenzione si è spostata sulla divisione del perimetro aziendale, sul taglio degli organici, sulle ulteriore riduzione dei costi industriali e sul blocco dei pagamenti ai fornitori, come ritorsione all’indisponibilità a rivedere i costi delle commesse”.