No al progetto di trasferimento da Roma a Cologno Monzese (Milano). È questa la motivazione dello sciopero dei redattori del Tg5 Mediaset indetto per venerdì 26 maggio, prima protesta di un pacchetto di tre giorni di stop. L'astensione dal lavoro durerà 24 ore e interesserà tutte le edizioni del telegiornale (previste tre finestre informative della durata di cinque minuti ciascuna).
"Davanti al silenzio dell'azienda – spiega un comunicato del Comitato di redazione (Cdr) - seguito alla nostra lettera dell’11 maggio scorso, e dunque in assenza di chiarimenti adeguati sull'ipotesi del trasferimento del Tg5 da Roma a Milano Cologno Monzese, ipotesi sulla quale continuano a circolare pressanti voci e indiscrezioni di stampa, mai smentite con fermezza, ripetiamo il nostro no al progetto perché comporterebbe un ridimensionamento del ruolo del Tg5, da 25 anni testata di successo grazie alla sua autorevolezza, professionalità, autonomia, credibilità. Storia e futuro del Tg5 sono da difendere”.
Il progetto comporterebbe inoltre "il grave rischio di omologazione e appiattimento dell'offerta giornalistica di Mediaset, nella prospettiva finale di una redazione unica, che tradirebbe la necessaria ricchezza di voci e pluralismo, da sempre motivo di vanto dell'editore, soprattutto in riferimento a quella che è da sempre la testata a più spiccata vocazione 'ecumenica'”. Il Cdr sottolinea anche l’inevitabile “ridimensionamento del ruolo di Mediaset nella Capitale d'Italia. Una scelta incomprensibile, essendo Mediaset un'azienda che lavora in regime di concessione pubblica e che ha costruito il proprio successo in questi anni con una forte presenza a Milano e a Roma”.
Il Cdr segnala inoltre i "disagi per centinaia di dipendenti (giornalisti, impiegati, tecnici e operai), costretti a un trasferimento che per molti rischia di trasformarsi nella perdita del posto di lavoro; i gravi contraccolpi economici per il vasto indotto che ruota attorno a Mediaset Roma; il pesante danno per l'economia del territorio, già provata da anni di crisi e aggravata della scelta di alcune imprese editoriali di abbandonare Roma e dalla profonde difficoltà che riguardano grandi aziende (Alitalia) e tante medie e piccole aziende nel settore dei servizi; il crescente depauperamento culturale della città, che rischia di trasformarsi in breve da viva capitale europea a museo a cielo aperto, sempre più agonizzante tra emergenze e abbandono”.