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È sempre più drammatica la condizione delle 80 lavoratrici delle aziende tessili Pierrot e Rebus di Mondovì (Cuneo), di proprietà della famiglia Arnaldi. Le due società sono ormai a un passo dal fallimento, per le dipendenti l’unica prospettiva sembra ormai il licenziamento. Una situazione che vedrà nella mattinata di sabato 16 aprile un corteo per la strade della cittadina piemontese (da piazza Carlo Ferrero in piazza Martiri della Libertà) organizzato dalla Cgil, e che sta provocando una vasta mobilitazione popolare mediante i social network. A motivare la crisi sembra esserci la perdita del più grosso committente delle due imprese, il gruppo Miroglio di Alba, che sta provocando un’esiziale crisi finanziaria e di mercato.
La situazione è esplosa il 4 aprile scorso quando, su sollecitazione della Cgil, si è svolto un confronto con i titolari delle due società. “Siamo stati noi a chiedere l’incontro dopo che numerose lavoratrici ci avevano interpellato per farsi assistere perché in fabbrica non esiste una rappresentanza sindacale” spiega il segretario generale della Filctem Cgil Cuneo Gaspare Palermo: “Sapevamo di stipendi pagati a singhiozzo, di cali di commesse e di ricorsi alla cassa integrazione, ma non certo che i proprietari si accingessero a portare i libri in tribunale per dichiarare il fallimento”. Una crisi, dunque, paradigmatica della condizione di tante imprese “contoterziste”, costrette a una competitività tutta centrata sulla riduzione del costo del lavoro e dei diritti.
Le aziende Rebus e Pierrot sono attive nel campo del taglio e del confezionamento degli abiti. “Il clima fra le lavoratrici è davvero pessimo” riprende Palermo, ricordando che le dipendenti da oltre tre mesi non percepiscono lo stipendio. Il segretario Filctem sottolinea anche che “pare esserci un piccolo spiraglio, parziale e ancora da verificare, per 14 lavoratrici, visto che un imprenditore di Torino sembra voler avviare una nuova attività tessile a Mondovì”. In conclusione, Palermo lancia un appello al Comune e all’imprenditoria locale affinché si eviti “di disperdere le numerose professionalità presenti tra le lavoratrici, dando una soluzione occupazionale e di prospettiva, anche in considerazione del fatto che alcune commesse produttive della precedente gestione potrebbero ancora non essere perdute”.