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L'elmetto blu sopra la bara. Perché Gianluca è morto da operaio, anche se in realtà la vita lo ha abbandonato su un letto di ospedale, dove era costretto da sei mesi.
Era il 10 luglio 2017 quando mentre svolgeva una manovra con un carroponte nelle Acciaierie Ast di Terni, di proprietà della multinazionale ThyssenKrupp, è rimasto schiacciato da un coil, un rotolo di acciaio del peso di 22 tonnellate.
Oggi, 24 gennaio 2018, al suo funerale c'era una folla di parenti, amici e colleghi di lavoro, questi ultimi in sciopero per quattro ore, proprio per salutare Gianluca, ma anche per dire basta a tragedie come questa e rivendicare più sicurezza. A dire addio c’erano anche i compagni del suo sindacato, la Fiom Cgil. C'erano i rappresentanti delle istituzioni, dal sindaco ai parlamentari, il prefetto, il questore. Ma c'era soprattutto un pezzo di città che ha sentito il bisogno di partecipare al funerale di un ragazzo di 35 anni, strappato alla vita in un modo così assurdo.
"Oltre mille morti sul lavoro nel 2017 sono un'enormità - ha detto il vescovo di Terni Giuseppe Piemontese che ha celebrato il funerale - ma il lavoro non può trasformarsi in strumento di morte, deve essere fonte di sostentamento e presidio di dignità umana”. “Negli ultimi 10 anni - gli ha fatto eco un amico della famiglia di Gianluca - 13mila persone hanno perso la vita sul lavoro, è una guerra. Eppure l’articolo 1 della nostra Costituzione dice che la Repubblica è fondata sul Lavoro”.
Nella nota con cui hanno proclamato le 4 ore di sciopero in occasione dei funerali, la Rsu di Ast ha scritto che “aziende come la nostra non devono avere scampo su questioni come la sicurezza sul lavoro, non devono avere la libertà di concedersi tempi troppo lunghi per svolgere azioni di analisi e di presa delle decisioni. Avremmo inoltre interesse a comprendere cosa pensano e cosa stanno facendo gli organismi Istituzionali deputati al controllo".