"La volontà dell’attuale governance di ricorrere all'articolo 11 della legge 112/13 - spacciata come panacea, come avevamo previsto e sostenuto con radicale opposizione - si è rivelata fallace e la millantata maggiore e migliore produttività è rimasta sulla carta". Lo dichiara la segreteria Slc Cgil di Roma e Lazio. "Al contrario di quanto si vuole far credere - scrivono -, non è stato firmato alcun accordo con le organizzazioni sindacali né circa il contratto integrativo aziendale, né sul piano industriale. Oggi si annunciano mirabilia, ma la verità è che il piano aziendale cosiddetto di risanamento è vuoto".

"L’unica cosa certa è il taglio del personale e del relativo costo; di contro non si registrano maggiori introiti e risorse ministeriali, benchè in forma di prestito, nella misura trionfalmente annunciata. Come chiaramente dimostrato dai molteplici contenziosi sindacali riguardanti tutti i settori, il Teatro è abbandonato a se stesso ed è in forte sofferenza perchè non si dà soluzione ai problemi che si vanno sempre più aggravando e perchè non esiste un progetto di respiro internazionale".

L’area tecnico-amministrativa, inoltre, "è in profonda crisi di rapporti e di obiettivi, il corpo di ballo è prossimo allo smantellamento (rimangono 15 ballerini su 70); critica la situazione dell’orchestra, mentre il coro vive una situazione gestionale di profondo malessere. Il Teatro nel suo insieme è ben lontano dal vedere migliorato il rapporto col pubblico, anzi. E' sempre meno frequentato e la visibilità, anche internazionale, risulta ridotta. Gli elementi di positiva promozione rappresentati da alcuni settori innovativi sono, nei fatti, annichiliti. Le attività di formazione dei giovani e di richiamo di pubblico nuovo e di diversa provenienza sociale si sono rivelate fallimentari".

"Forse esiste davvero un complotto per togliere di mezzo l’Opera di Roma quale centro di produzione di lirica e balletto di eccellenza, come le superficiali e irresponsabili minacce di liquidazione hanno fatto intendere. Nella voluta assenza di prospettive, qualcuno spinge per trasformarlo in un contenitore vuoto, al servizio di altri interessi, da riempire con progetti discrezionali, al ribasso ed esternalizzati, verso i quali dirottare anche le risorse prelevate dalle tasche dei dipendenti. Diciamo no al meccanismo perverso messo in atto dall’attuale dirigenza che di fatto vuole consegnare alla città un teatro di provincia e ci opponiamo fermamente al taglio degli organici che non abbassa la spesa globale (rimasta immutata), ma riduce qualità e produttività con una visione, dunque, puramente ragionieristica e commissariale".

"E’ indispensabile e urgente, invece - concludono -, aprire quel tavolo istituzionale con ministero, Comune e Regione, più volte promesso ma mai concretizzato, dove tutti i protagonisti in modo trasparente possano confrontarsi sul reale futuro dell’Opera di Roma secondo un progetto che sia all’altezza del ruolo rivestito da questa istituzione culturale di livello nazionale e internazionale".