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“Dieci punti programmatici dai quali la Cgil Puglia intende rilanciare le azioni vertenziali per lo sviluppo, per creare nuova e stabile occupazione e dare risposte in termini di protezione sociale ai più deboli. Non avvertiamo nella nostra classe dirigente la dovuta attenzione e preoccupazione circa le crescenti emergenze sociali che vive la nostra regione, ma la Cgil è in campo con le sue denunce, le sue analisi, le sue proposte e intendiamo farci ascoltare”. E’ quanto afferma il segretario generale Pino Gesmundo, che dà appuntamento “già da Lecce, dove la Cgil terrà dal 15 al 17 settembre le Giornate del Lavoro, precedute da un’assemblea generale proprio dedicata ai temi del Mezzogiorno”.
“Se è vero che gli ultimi due anni hanno visto un miglioramento dei principali indicatori economici in Europa, l’Italia mostra ancora forti difficoltà rispetto ad altri paesi e soprattutto il Sud registra segnali positivi minimi, ma resta molto significativo il divario, in alcuni casi si è amplificato, rispetto agli anni precedenti la crisi e rispetto alle regioni del Nord – sottolinea Gesmundo -. In Puglia la recessione si è fatta sentire con effetti più forti a causa delle debolezze strutturali storiche. Non è uno zero virgola in più di occupazione, tutta precaria, o di Pil, senza una crescita della ricchezza diffusa, che può farci stare tranquilli. Siamo anzi molto preoccupati di un certo immobilismo e vogliamo aprire dieci fronti vertenziali tra loro collegati che sosteniamo con analisi e proposte concrete”
1 - Lavoro
“Per noi centrali non possono che essere ovviamente le azioni per la creazione di lavoro, sicuro e ben retribuito – afferma Gesmundo -, per dare risposte ai centomila che lo hanno perso in dieci anni di recessione e soprattutto ai 20mila under 30 emigrati dal 2008. I dati sull’occupazione ci dicono che continuiamo a perdere lavoro stabile e quello che si crea è precario: non è un caso che aumentino gli occupati in Italia ma il monte ore resti invariato. Un part time generalizzato con retribuzioni basse che non può sostenere quella ripresa dei consumi che serve al paese né permettere di costruire progetti di vita. Il precariato è diventato una piaga che va sconfitta. Ormai è dimostrato che non è abbattendo i diritti e i salari che si sostengono gli investimenti e si genera occupazione. Anzi Bankitalia ci dice che in Puglia le imprese aumentano i profitti ma non reinvestono”.
2 - Industria e manifatturiero
Serve allora per la Cgil pugliese “creare condizioni per nuovi investimenti industriali, che puntino su settori innovativi e vadano a inserirsi in filiere legate a produzioni di eccellenza che pure vi sono, penso all’aerospazio, all’automotive, alla farmaceutica, al biomedicale. Allo stesso modo vanno affrontate e risolte le crisi industriali aperte, per difendere i posti di lavoro e insediamenti importanti: dalla Natuzzi alla Bosch mettendo in cima alla lista la vertenza Ilva, che ha una rilevanza nazionale e sulla quale il governo ha proceduto senza ascoltare sindacato e lavoratori. Con la partita degli esuberi che deve trovare risposte positive, nessuno deve essere lasciato per strada e la compatibilizzazione delle produzioni deve essere prioritaria. Dobbiamo obbligatoriamente coniugare a Taranto e ovunque industria, ambiente, salute”.
3 - Legalità e pubblica amministrazione
Di certo, sostiene il segretario generale della Cgil Puglia, “se non si investe nel Sud e nella nostra regione non è per il costo lavoro. C’è un livello di efficienza della pubblica amministrazione che va risolto: la Puglia secondo uno studio della Commissione europea è al 188° posto su 206 regioni per la qualità dei servizi, e secondo studi Ocse questo contribuisce ad abbassare la produttività dei settori manifatturieri. C’è poi una gravissima emergenza legalità, che coinvolge il lavoro e che tocca anche il sistema politico ed economico, un potere sociale quello che esprimono le mafie che agiscono in Puglia, dal Foggiano al Salento, che finché dura nega ogni possibilità di sviluppo. E’ questo che spaventa gli imprenditori, una criminalità che purtroppo si alimenta della crisi e del bisogno generato dalla mancanza di lavoro. E il contrasto non può che essere sul piano repressivo e giudiziario, ma anche culturale e dando risposte a chi è senza reddito”.
4 – Giovani
Da tutto questo scappano i giovani, spiega Gesmundo, “da una regione che non offre opportunità di lavoro se non precario, nella migliore delle ipotesi altrimenti grigio o nero; da un sistema produttivo che investendo poco in innovazione non offre possibilità a chi si è formato e specializzato di spendere qui i suoi saperi. La Cgil ha una sua proposta di piano straordinario per l’occupazione giovanile che chiama a un ruolo da protagonista lo Stato e gli enti pubblici, con investimenti su energie alternative, ambiente, beni culturali, servizi alla persona. Con un programma da 10 miliardi, ha stimato la Cgil, si creerebbero 600mila posti di lavoro, un cifra ben al di sotto di quanto si è speso in questi anni per incentivi diretti alle imprese e decontribuzione, senza effetti significativi”.
5 – Ricerca e formazione
Ma i giovani prima di tutto lasciano la Puglia per studiare in altre università, “perché evidentemente non abbiamo servizi e politiche di diritto allo studio connessi al sistema formativo all’altezza di quello di altre regioni. 50mila giovani universitari pugliesi studiano nel centro nord, dove quasi certamente rimarranno dopo la laurea. Allora occorre elevare la qualità delle nostre università, dei servizi offerti, provare a connettere sempre più i corsi, le specializzazioni alla realtà del tessuto imprenditoriale, sociale, economico della Puglia, dove segnaliamo un ritardo delle imprese a dialogare con i centri di eccellenza di ricerca e formazione. Investendo sempre più sulla ricerca e l’innovazione. Non corsi civetta che inseguono una moda ma calati nella nostra realtà”.
6 – Ambiente e cultura
Tra le enormi potenzialità della Puglia da mettere ancora pienamente a valore “vi sono le nostre risorse naturali e culturali – ricorda il segretario generale della Cgil -. Parchi, zone umide, coste, centri storici, solo per citare alcune bellezze paesaggistiche, cui sono connessi siti culturali, archeologici di valore assoluto. Inoltre la Puglia vanta una produzione culturale di eccellenza che coinvolge migliaia di operatori cui vanno riconosciuti pieni diritti. Si tratta di elevare l’offerta attrattiva della regione, che non può essere solo balneare e concentrata in poche settimane all’anno, quando milioni di turisti si riversano in Puglia spesso senza un coordinamento e servizi adeguati. Un sistema non governato fa più danni che bene e rischia di perdere quel turista che non ha trovato le risposte che si aspettava da una regione leader in Europa per l’accoglienza”.
7 – Agroalimentare
Un turismo che deve e può fare da traino anche “alla nostra produzione agroalimentare, unica per qualità e varietà. Un sistema produttivo che aumenta l’export, che vede nascere sempre nuove imprese, ma che è ancora clamorosamente macchiato da lavoro nero e sfruttamento. Non possiamo più sostenere caporalato, ghetti, morti sul lavoro, violazioni contrattuali. In Europa i consumatori sono attenti all’eticità delle produzioni. Serve aggregare le forze, non lasciare ai mediatori il valore aggiunto della commercializzazione, servono sempre più certificazioni di qualità, fare massa critica tra i produttori. Così si esce da quella piramide capovolta dell’agroalimentare che penalizza chi produce, ma una cosa è certa: non è possibile scaricare sui più deboli, sui i più poveri, sui lavoratori, i frutti amari di un sistema che va certamente riformato”.
8 – Infrastrutture
Per aumentare il valore delle produzioni, per rendere più competitive le imprese, il sistema regione, per colmare in parte il divario dal resto del Paese, “servono infrastrutture adeguate, a cominciare da quelle di trasporto. La Puglia è sotto media per le reti stradali, per infrastrutture economiche, per aeroporti, siamo sopra la media nazionale per porti e ferrovie, un indice che non misura però il gap che vive la regione nel Salento e le storiche strozzature del binario singolo sulla Lesina-Termoli e verso Napoli e Roma, con lavori di raddoppio nel primo caso mai avviati e nel secondo che stanno subendo ritardi enormi, per un’opera che in fase di annuncio avrebbe dovuto essere terminata nel 2020. Così come per i porti, senza una adeguata rete ferroviaria e servizi retroportuali, si mina l’operatività e l’attrattiva delle stesse strutture. Serve accelerare sulle opere cantierizzate e finanziate, utili ad accrescere la competitività del sistema Puglia e assieme creare occupazione”.
9 – Welfare e sanità
“Ma anche di infrastrutture sociali ha urgente bisogno la nostra regione”, sostiene Gesmundo. “Dal 1992 gli investimenti nel Mezzogiorno hanno continuato a scendere anche per interventi di tipo sociale, come la costruzione di scuole e ospedali. Tocca alla Regione allora fare la sua parte ma sulla sanità non ci siamo. Una legge nazionale ha costretto le regioni a rigidi piani di rientro ma occorreva e occorre intervenire sugli sprechi non tagliando servizi essenziali ai cittadini. I piani di riordino dei governi Vendola ed Emiliano hanno visto la chiusura di numerosi ospedali e presidi, anche in zone disagiate come quelle montane, dove i cittadini sono costretti a percorrere molti chilometri per raggiungere un pronto soccorso. Ancora una volta il classico esempio di politica dei due tempi: assieme alla chiusura o riconversione delle strutture si sarebbe dovuto investire sulla sanità territoriale, un modello alternativo che non è mai partito. Il risultato è che sono aumentati i disagi per l’utenza, le strutture ospedaliere sono ingolfate, aumentano le liste d’attesa cosi come le persone, le più deboli socialmente e economicamente, che rinunciano proprio a curarsi. Non è più sostenibile una sanità pubblica non dà risposte in tempi dignitosi ai malati salvo se non si ricorre alla pratica dell’intramoenia. Va invece sostenuto lo sforzo della Regione Puglia sul Redditi di dignità, un esperimento che va verso il sostegno alle famiglie più deboli creando assieme occasioni di formazione e occupazione. Valuteremo gli effetti ma crediamo non basti: politiche della salute, politiche di invecchiamento attivo, politiche per il diritto allo studio, politiche per la casa, sono alcuni degli assi su cui intervenire per dare risposte a quella fascia di popolazione più a rischio di povertà ed esclusione sociale, che in Puglia è il 47,8 per cento, un dato preoccupante che cresciuto di sette punti dal 2007”.
10 – Spesa fondi strutturali
Per mettere in campo tutte queste azioni servirebbe per la Cgil “in primis un forte impegno di spesa per il Mezzogiorno da parte del governo, ma le misure degli ultimi anni e degli esecutivi, lì dove non hanno tagliato sono stati più spot elettorali, con risorse spalmate in un lungo periodo che non possono avere quell’impatto forte che servirebbe per provare e invertire il segno della crisi. Allora vanno spese velocemente e bene le risorse certe: in attesa che si apra un solo cantiere del Patto per la Puglia, c’è la partita dei fondi strutturali che la Regione deve saper gestire al meglio”. Ricorda Gesmundo che “la Cgil ha denunciato i ritardi che si stanno accumulando, dal Piano di sviluppo rurale al Fesr-Fse, dove siamo ancora a percentuali minime di interventi effettuati. Così come vi è una incomprensibile lentezza di alcune stazioni appaltanti: da Aqp ad Anas, dalle Ferrovie in concessione ai Comuni. Vi sono risorse per il lavoro, per infrastrutture sociali, per anziani e disabili, per interventi sul disagio abitativo, per le infrastrutture, per la messa in sicurezza del territorio. Come Cgil intendiamo portare avanti un confronto serrato con le istituzioni a partire proprio dalla Regione affinché si acceleri la spesa delle risorse avendo però stessa attenzione alla qualità degli interventi, ciò che fa la differenza rispetto ai risultati che si ottengono. E la Puglia, i suoi cittadini, hanno bisogno di interventi concreti, risposte concrete, per questo lavoreremo”.