Un 'disegno strategico' della Regione in materia di sviluppo delle aree interne, che dia il segno di una regia finalizzata a mettere a regime gli interventi comunitari e statali, a integrarli, a individuare le responsabilità, in modo che progettazione e spesa non subiscano intoppi di nessun genere: lo chiede la Cgil Sicilia al nuovo governo regionale. Oggi il sindacato ha tenuto un convegno per fare il punto sull’attuazione in Sicilia della Snai, la strategia nazionale per le aree interne, finanziata con fondi comunitari, nel cui ambito sono state individuate nell’Isola quattro aree-progetto (Terre Sicane, Madonie, Nebrodi, Calatino), per un totale di 62 comuni, a cui si aggiunge l’area del Simeto-Etna, composta da tre comuni, individuata in ambito nazionale come area sperimentale.
“L’iniziativa punta a colmare il divario con le città – ha detto nella relazione d’apertura Ferruccio Donato, del dipartimento territorio Cgil Sicilia –, contrastando spopolamento e degrado. Si mira a incidere su ambiti importanti, come l’istruzione, la sanità, la mobilità, l’assetto del territorio, le telecomunicazioni. Alla Snai si aggiunge la legge nazionale del 2017 sui piccoli comuni, che definisce una buona cornice di interventi per il contrasto allo spopolamento”. Oltre alla perdita demografica (nei monti Sicani si è avuto tra il 2001 e il 2011 un calo della popolazione del 9% e al dicembre 2016 di un ulteriore 3,53%, mentre nelle Madonie dal 2011 al 2016 la popolazione è diminuita di 3.380 unità: come se fosse scomparso il Comune di Petralia Soprana), nelle aree in questione si registra un marcato invecchiamento della popolazione con il 26% di ultra-sessantacinquenni.
“Su interventi certo importanti – ha affermato il segretario generale Cgil Sicilia, Michele Pagliaro – si scontano oggi ritardi, come del resto per le Zes e i Patti per la Sicilia e per le città metropolitane. Strumenti tutti di accelerazione della spesa, che vanno messi a regime tempestivamente ed è qui che la Regione può giocare un ruolo importante”. L’area individuata come prototipo, quella delle Madonie, ha visto l’approvazione della strategia nel 2017, ma da oltre un anno si attende la sottoscrizione dell’Apq (accordo di programma quadro). “Un tempo troppo lungo”, ha commentato Pagliaro, sollecitando al governo regionale di “accelerare la sottoscrizione dell’Apq e dell’investimento territoriale integrato, per passare alla fase dell’attuazione”. Le altre aree sono ancora più indietro.
“L’esperienza delle Madonie – ha sostenuto Donato – può fare da battistrada per dare soluzione immediata alle eventuali criticità”. Per la strategia delle Madonie, lo Stato è intervenuto per i servizi fondamentali (scuola, sanità e mobilità) con 3,740 milioni, la regione con 33,4 milioni e i privati con 1.962 milioni. Si aggiungono i fondi per i piccoli comuni, sui quali, per quanto limitati (160 milioni per 7 anni su scala nazionale), “si può fare valere lo stesso effetto moltiplicatore avuto per le Snai. È un momento buono per i piccoli comuni, ma la Regione deve avere un ruolo da protagonista, governando i processi e integrando le norme per consentire a tutti i piccoli comuni di usufruire delle previsioni della legge del 2017, mettendo anche a disposizione risorse con la riprogrammazione dei fondi comunitari”.
Al governo regionale e ai comuni la Cgil dà la propria disponibilità al confronto, con l’obiettivo della riuscita della strategia per i piccoli comuni, con proposte che riguardano i temi della sanità, della scuola, della mobilità, della salvaguardia del territorio e del contrasto al dissesto idrogeologico. Temi che sono oggi al centro del dibattito.