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Ultima chiamata per il Sulcis Iglesiente. Si tiene oggi (martedì 13 settembre) a Roma, alle ore 11 al ministero dello Sviluppo economico, un vertice tra governo, ente regionale e sindacati sul futuro di quel pezzo di Sardegna, travolto da anni da una crisi industriale che sembra essere senza fine. In coincidenza dell’incontro Fiom Cgil, Uilm Uil, Fim Cisl e Cub hanno organizzato un sit-in, cui parteciperanno almeno 250 lavoratori.
La principale vertenza del Sulcis-Iglesiente è quella dell’Alcoa di Portovesme, iniziata nell’autunno 2012 con la cessazione dell’impianto, che riguarda quasi 900 posti di lavoro (436 diretti e oltre 400 dell’indotto) e il destino dell’importante produzione di alluminio primario (derivante dalla lavorazione della bauxite). Il 22 agosto scorso la multinazionale americana ha annunciato di voler smantellare il sito industriale in via definitiva. Per i lavoratori si annunciano tempi durissimi: 168 dipendenti perderanno l'assegno di cassa integrazione a dicembre, tutti gli altri nel 2017.
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Per rilevare l’impianto si è fatta avanti la svizzera Glencore, a patto però di ottenere uno “sconto” sul prezzo dell’energia (precisamente 25 euro a megawattora per dieci anni) e alcune opere infrastrutturali (come l'adeguamento del porto). Le richieste sarebbero state in larga parte soddisfatte, ma la società non ha ancora sciolto le riserve. Per quanto riguarda la bolletta energetica, occorre sottolineare che quello spuntato sarebbe un prezzo tra i più bassi d'Europa, e “sicuro” anche sul fronte comunitario, visto che l’Unione ha confermato che non si tratta aiuti di Stato. “Dall'incontro vogliamo finalmente avere una risposta: ci dicano cosa ha deciso la Glencore. E se la Glencore dicesse no, ci indichino un'altra soluzione” hanno spiegato i rappresentanti sindacali il 9 settembre scorso in un incontro con i parlamentari eletti in Sardegna.
A preoccupare i sindacati c’è anche la situazione della Eurallumina di Portovesme, i cui lavoratori sono dal 1 gennaio in cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione aziendale (per complessivi 36 mesi). Il progetto della multinazionale russa Rusal prevede una nuova centrale termica a carbone, l'adeguamento della raffineria e l'ampliamento del bacino dei residui del ciclo produttivo. Entro giovedì 15 settembre la società dovrà consegnare i documenti necessari per le autorizzazioni ambientali, ma l’esito è ancora incerto. Il timore dei sindacati, qualora le autorizzazioni non venissero accordate, è quello di perdere un investimento di 190 milioni di euro che darebbe lavoro a 357 dipendenti (di cui 90 nuovi assunti), oltre a quelli dell’indotto e degli appalti.
Una buona notizia per i lavoratori Alcoa è arrivata alla fine della scorsa settimana dalla Regione Sardegna. L’assessora al Lavoro Virginia Mura ha infatti illustrato ai sindacati il progetto per le politiche attive per il lavoro del Sulcis. Scopo della misura, finanziata con cinque milioni di euro, è sostenere tutti quei lavoratori (circa 200) cui sta per scadere la cassa integrazione.
E un'altra buona notizia è arrivata dal ministero dello Sviluppo economico: il dicastero ha dato il via libera informale al riconoscimento delle aree complesse di Portovesme e Porto Torres, che permetterà ai lavoratori interessati di accedere alla proroga degli ammortizzatori e alle misure aggiuntive di sostegno al reddito previsti dal governo nazionale. Ad anticiparlo è il segretario generale della Cgil Sardegna Michele Carrus, che sottolinea la battaglia sindacale portata avanti su questo fronte.“Gli ammortizzatori non sono la soluzione ma un punto fermo indispensabile in attesa di realizzare il riavvio delle produzioni e le riconversioni” spiega Carrus, aggiungendo che “il sindacato ha spinto la Regione ad agire e incassato l’impegno del ministero, ma è evidente che occorre incrementare le risorse e le misure per far fronte a tutte le situazioni disagiate che coinvolgono drammaticamente migliaia di altri disoccupati, a Nuoro, Ottana, Macomer, Tortolì, e anche a Oristano, San Gavino, Cagliari e Olbia”. La Cgil apprezza comunque queste prime misure perché segnano il cambio di atteggiamento auspicato ma chiede l’ampliamento del bacino dei destinatari e delle risorse a disposizione. Il governo nazionale merita pesanti critiche per aver cancellato, di punto in bianco, ogni sostegno al reddito senza prima costruire alternative e soluzioni alla crisi sociale, economica e produttiva. “Anche la Regione – conclude il segretario - deve fare molto meglio la sua parte, perché dopo due anni e mezzo di governo bisogna cambiare decisamente rotta rispetto a politiche del lavoro del tutto insoddisfacenti e a una loro gestione burocraticamente troppo lenta”.