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Lavorare di notte aumenta le probabilità di contrarre il cancro o malattie cardiovascolari. L’associazione tra l’effettuazione di turni di notte e alcune gravi patologie era nota da tempo, come dimostra l’inserimento da parte dell’International Agency for Research on Cancer del lavoro notturno nel gruppo dei “cancerogeni probabili per l’uomo”. Mai prima d’ora, però, era apparso uno studio che rendesse quest’associazione così evidente, come nel caso della ricerca “Total and cause-specific mortality of U.S. nurses working rotating night shifts” (scarica il pdf), pubblicata di recente dalla rivista American Journal of Preventive Medicine (secondo quanto riporta la newsletter medico legale 7/2015 dell’Inca Cgil).
L’indagine ha preso in esame 75 mila infermiere statunitensi nell’ambito dell’Health Study Nurses, per un periodo di 22 anni (dal 1988 al 2010), documentando oltre 14 mila decessi, di cui 5.413 per cancro e 3.062 per patologie cardiovascolari. I dati dimostrano che le donne che hanno svolto turni di notte per almeno cinque anni presentano una sovramortalità superiore dell’11 per cento rispetto alle lavoratrici che hanno svolto le proprie mansioni solo durante il giorno, sia per malattie cardiovascolari sia per cancro (in primis ai polmoni, ma anche al colon-retto, al rene, e il mieloma). La causa va cercata nella rottura del ritmo circadiano (sonno-veglia), che ha molteplici conseguenze, come ad esempio l’abbassamento della melatonina, che ha importanti effetti antitumorali e un’azione benefica sul sistema cardiovascolare.
“In Europa il lavoro notturno, quello compreso dalle 22 alle cinque del mattino, è in aumento: quasi il 20 per cento dei lavoratori europei è impegnato per almeno due ore in quella fascia oraria” spiega Marco Bottazzi, coordinatore medico-legale dell’Inca Cgil nazionale. La ricerca statunitense ci pone la necessità di due possibili interventi: la prima è “la riduzione del lavoro di notte laddove non è necessario, dove cioè non è legato a cicli produttivi, rispondendo quindi alle maggiori richieste di produzione con altre modalità di organizzazione del lavoro, e questo è un obiettivo da raggiungere con la contrattazione”. Ma ci sono settori, come la sanità o la vigilanza, dove il lavoro notturno è ineliminabile: in questi casi, continua Bottazzi, occorre “operare al meglio con la prevenzione secondaria, agendo mediante una sorveglianza sanitaria molto più attenta, che sappia cogliere alla loro comparsa i sintomi di possibili future patologie”. La sorveglianza sanitaria, conclude il coordinatore medico-legale dell’Inca Cgil nazionale, deve anche modularsi in base alle diverse età dei lavoratori: “nelle donne, ad esempio, la possibilità di sviluppare un tumore mammario aumenta nel momento del cambio ormonale legato alla menopausa, è quindi opportuno, in quella fase della loro vita, indagare questo specifico rischio cancerogeno”.