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I bancari, assieme ai lavoratori dei trasporti e dei servizi, sono i più esposti allo stress lavoro correlato, questo è ormai assodato. Eppure, in un terzo degli istituti dell’hinterland milanese la valutazione del rischio è del tutto insufficiente, né si realizzano azioni positive per arginare il fenomeno. C’è sicuramente attenzione al pericolo delle rapine, ma nulla viene messo in atto per lo stress (che però le comprende). A queste conclusioni è giunto il “Progetto Slc nelle banche”, attuato dalla Asl Milano mediante questionari e audit, i cui risultati sono stati resi pubblici di recente.
Gli istituti di credito analizzati sono 18, e sei risultano insufficienti. Diverse le criticità riscontrate: le aziende non forniscono informazioni ai dipendenti riguardo lo stress lavoro correlato, Rls e medici competenti vengono esclusi dalla partecipazione attiva, la valutazione del rischio non viene realizzata per ogni singola agenzia e non è orientata alla ricerca di soluzioni, mancano le azioni migliorative e gli interventi per bonificare le situazioni a rischio, le analisi non sono sviluppate secondo genere, età, provenienza da altri paesi e tipologia contrattuale di lavoro (come invece prevede il decreto 81/2008). E la scelta di affidare a consulenti esterni il processo di valutazione, suggerisce la ricerca, può voler dire che non vi è l’intenzione di gestire questo rischio con le figure interne della sicurezza aziendale.
Un altro elemento critico è la formazione: la ricerca evidenzia il notevole sbilanciamento tra quella tecnico-economica, garantita al 90 per cento dei dipendenti e per un numero congruo di ore, e la formazione su salute e sicurezza, che invece viene erogata solo al 10-30 per cento degli addetti e soltanto per poche ore (con un elevato ricorso all’e-learning). Un’ultima annotazione riguarda le differenze di genere: pur avendo un personale composto di uomini e donne in misura sostanzialmente uguale (55 per cento di dipendenti maschi e 45 femmine), le donne che ricoprono il ruolo di dirigenti sono soltanto il 13,7 e di quadri il 34,7 per cento del totale, a dimostrazione del fatto che le aziende non si pongono il problema di garantire alle donne un accesso alle cariche più alte, magari intervenendo con un impegno più positivo sulle variabili che conciliano la relazione casa-lavoro.
D’altro canto, però, occorre comunque rilevare che due terzi delle banche (ossia 12 su 18) sono qualificate come sufficienti o buone. Sono istituti di credito che promuovono l’attiva partecipazione degli Rls (anche mediante focus group), forniscono una formazione variegata con progetti dedicati, propongono un’informazione precisa e attenta (con intranet, newsletter, pubblicazioni aziendali), tengono in debita considerazione tutte le differenze all’interno del personale. Banche, insomma, dove si manifesta un interesse primario dei vertici aziendali e delle figure dirigenziali in merito ai temi dello stress, della salute e della sicurezza dei lavoratori, che ci si augura possano essere d’esempio per tutte le altre.