Barcellona – Era il 29 febbraio del 1976, a poco più di tre mesi dalla morte del dittatore Francisco Franco, quando un gruppo di manifestanti si concentrò per le vie della città catalana di Badalona, rivendicando l’amnistia per i prigionieri politici. Fu quella la prima manifestazione in Catalogna e in Spagna “tollerata” dal regime franchista senza Franco. Appena alcune settimane prima, analoghe iniziative a Barcellona erano state brutalmente represse dalla polizia. Assieme a quelle, organizzate dalle centrali sindacali ancora clandestine, contro il decreto dell’aprile del ’75 di congelamento salariale. Ancora pochi giorni e, il 3 marzo del ’76, nella città basca di Vitoria, in pieno sciopero generale, si compì quella che è stata definita la più grave carneficina della “transizione” alla democrazia.

Circa 4mila lavoratori, riuniti in assemblea presso la chiesa di San Francesco di Assisi, nel quartiere operaio di Zaramaga, furono caricati e sloggiati con violenza dalla polizia agli ordini del ministro Manuel Fraga Iribarne. All’uscita dalla chiesa, gli agenti cominciarono a sparare sui manifestanti, seminando morte e terrore. Cinque lavoratori rimasero uccisi, sul posto o per le ferite riportate: Pedro María Martínez Ocio, di 27 anni, Francisco Aznar Clemente, di appena 17, Romualdo Barroso Chaparro, diciannovenne, José Castillo, di 32 anni, e Bienvenido Pereda, trentenne. Una strage mai chiarita fino in fondo, che accelerò la fine del franchismo e l’inizio della “transizione”, con Adolfo Suárez a capo del nuovo governo.

Ma il clima di violenza di quei giorni di 40 anni fa non insanguinò solamente il Paese basco. A poco più di 48 ore dalla mattanza di Vitoria, il 6 marzo del ’76, la polizia caricò ancora una manifestazione di protesta operaia, convocata questa volta dai lavoratori della raffineria di Tarragona, in Catalogna. Uno di quei lavoratori si chiamava Juan Gabriel Rodrigo Knafo. Figlio di emigranti, il giovane – appena diciannovenne – cercò una via di scampo rifugiandosi nell’androne di un palazzo. Non si è mai stabilita con esattezza la dinamica dei fatti. L’unica cosa certa è che Knafo da quel portone uscì cadavere.

Alcuni giorni fa, dopo decenni di oblio, nella città di Tarragona è stata apposta una targa in sua memoria. La famiglia Knafo si batte ancora perché la giustizia riapra il caso e l’uccisione di Juan Gabriel venga considerata, ai sensi della Legge sulla memoria storica, un crimine di Stato. Non solo. Sempre qualche giorno fa, lo scorso 3 marzo, in occasione della fallita investitura del socialista Pedro Sánchez a presidente del governo, anche il ricordo dei tragici eventi di Vitoria ha trovato uno spazio importante, sollecitato alle Cortes di Madrid, in apertura delle loro dichiarazioni di voto, da Pablo Iglesias, leader di Podemos, e da Aitor Esteban, portavoce del Partito nazionalista basco. La doppia commemorazione, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, rappresenta un segno evidente dell’efficacia proprio della legge varata nel 2007 per volontà del governo Zapatero.

Bisognerà attendere il 13 marzo del 1976, a Madrid, per assistere allo svolgimento della prima manifestazione autorizzata dopo la morte di Franco, convocata dall’associazione dei vicini del quartiere di Canillas, contro la disordinata espansione urbanistica della città. Risale invece al successivo 18 marzo (oggi sono esattamente 40 anni) la prima manifestazione autorizzata a Barcellona, promossa – per rivendicare la libertà d’informazione e il segreto professionale – da uno dei primi nuclei del sindacato dei giornalisti.