“La pesca è al collasso, anche a seguito di normative europee sempre più orientate a ridurre le giornate di lavoro, già diminuite a causa del maltempo, ma l’Italia dimentica i suoi figli naturali: i pescatori. È incomprensibile come un Paese con 8.000 km di coste e tante marinerie, da Nord a Sud, cresciute grazie alla forza di prodotti ittici unici che garantiscono l’eccellenza del made in Italy, sia incapace di tutelare e promuovere questo patrimonio sociale, economico e culturale”. Questo, il commento di Fai, Flai e Uila pesca sui contenuti della manovra finanziaria 2020, presentata dal governo.
“Abbiamo apprezzato l’impegno della ministra Bellanova per stabilizzare il reddito dei pescatori nei periodi di non lavoro, così come l’aver recuperato i ritardi sul pagamento dell’indennità di fermo 2019 (risorse stanziate con legge di Bilancio precedente, che già avevamo denunciato come insufficienti) ma, al momento, in questa manovra finanziaria di misure sociali per il 2020 non ce n’è traccia – proseguono le tre sigle di categoria –. Non solo la cassa integrazione, oggi prevista per i lavoratori agricoli, non viene estesa alla pesca, come da anni il sindacato chiede ma, addirittura, scompare per il 2020 l’unico strumento che garantiva l’indennità per il fermo obbligatorio, rimanendo solo risorse irrisorie per quello non obbligatorio”.
“Il mix tra azzeramento delle misure sociali e incremento degli oneri sociali per le imprese ittiche, insieme alla riduzione delle giornate di pesca – insistono i tre sindacati del settore pesca –, si traduce in un colpo letale per i pescatori, sulle cui spalle ricade esclusivamente la responsabilità di tutelare la sostenibilità ambientale e che devono combattere ogni giorno sul mercato con oltre il 75% di prodotto consumato importato. La politica tutta dovrà essere impegnata affinché le parole, troppo spesso pronunciate, si traducano in norme concrete, al fine di salvaguardare le eccellenze del nostro made in Italy. Quindi, considerano doveroso, durante il dibattito parlamentare, sanare questa annosa e profonda lacuna”, concludono i sindacati.