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Le organizzazioni sindacali firmatarie del Contratto Nazionale Lavoro Domestico, Filcams Cgil, Fisascat Cisl, UILTuCS Uil e Federcolf, esprimono grande preoccupazione in merito alle determinazioni previste dal decreto sulle tipologie contrattuali. Lo “Schema di decreto legislativo recante il testo organico delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014 n.183”, approvato dal Governo il 20 febbraio scorso, prevede al titolo III, artt.51-54, un sostanziale ampliamento della disciplina del “lavoro accessorio”, già modificata dalla legge 92/2012 (c.d. riforma “Fornero”) che modificò radicalmente la disciplina originaria (introdotta con il D lgs 276/2003).
Al momento - ricorda la Filcams in una nota - "lo schema di decreto è in attesa dei necessari pareri delle Commissioni Parlamentari, ma già risulta evidente il dirompente effetto negativo che potrebbe produrre in un settore come quello del lavoro domestico". Per i sindacati, lo schema di decreto presenta "molteplici criticità in relazione a un settore caratterizzato da forte irregolarità". “Infatti”, spiegano i sindacati, “sebbene le finalità del lavoro accessorio fossero originariamente orientate a regolamentare attività occasionali spesso svolte al di fuori della legalità, con le modifiche introdotte prima dalla riforma Fornero e poi dal Jobs Act, vi è il rischio concreto che vi sia al contrario un effetto incentivante dell’irregolarità".
Il decreto infatti elimina ogni riferimento “qualitativo” al carattere occasionale della prestazione, limitandosi a indicare un tetto “quantitativo” peraltro innalzato fino a 7mila euro per anno. Quindi, a prescindere dall’attività svolta e dalla natura subordinata o meno del rapporto di lavoro, questo è definito accessorio solo in riferimento ai limiti economici dei compensi percepiti.
“Nel settore della collaborazione e dell’assistenza familiare - proseguono i sindacati di settore - c’è il rischio di riferirsi alla maggioranza dei rapporti di lavoro, che seppur continuativi e stabili, non totalizzano compensi che superino il tetto previsto. Si tratterebbe dunque di rapporti di lavoro di natura effettivamente subordinata, in cui sarebbe del tutto assente un accordo fra le parti che instauri un rapporto giuridicamente valido di lavoro: il semplice acquisto di un voucher e la consegna quale forma di pagamento non può costituire rinuncia, da parte della lavoratrice o del lavoratore, ai propri diritti derivanti dalla legge e dal contratto collettivo di lavoro”.
Secondo i sindacati, potrebbe derivarne un aumento del contenzioso: se la lavoratrice ha un rapporto di lavoro effettivamente di natura continuativa e subordinata, l’utilizzo del voucher introduce ampie deroghe alla disciplina di legge e a quella prevista dal contratto Collettivo Nazionale di Lavoro: dalla consegna della lettera di assunzione a quella dei prospetti paga, dai limiti all’orario di lavoro al diritto al riposo settimanale e alle ferie, dalla tredicesima sino alla tutela delle lavoratrici madri.
Le organizzazioni fanno notare, poi, che il lavoro accessorio non dà diritto alle prestazioni di maternità, disoccupazione e assegni familiari. C'è, secondo i sindacati, "il rischio concreto che il voucher venga utilizzato per mascherare prestazioni di lavoro continuative e subordinate più che per regolarizzare rapporti di lavoro realmente occasionali. Difficile, nel settore domestico e della cura, controllare le vaste zone di nero e di grigio : con l’ulteriore flessibilità garantita dal voucher, si offre uno strumento in più per dichiarare meno ore lavorative di quelle effettivamente svolte".
Nell’ipotesi che si remuneri l’eccedenza in nero, è possibile consegnare uno o due voucher orari (del valore di 10 Euro lordi e 7,50 netti) per intere giornate di lavoro, arrivando a “coprire” rapporti di lavoro continuativi della durata di svariati mesi.
"Le Organizzazioni Sindacali - si legge nella nota - hanno sempre dichiarato la necessità di favorire l’emersione del lavoro nero nel settore attraverso l’incentivazione della leva fiscale, quale sostegno alle famiglie ed aiuto alla regolarizzazione dei molteplici rapporti in essere nel settore del lavoro domestico. Questo provvedimento va invece in direzione contraria, favorendo l’irregolarità e alimentando ulteriormente le diseguaglianze. Per questo - concludono -, riteniamo auspicabile e urgente una riforma radicale dell’istituto in questione, che ripristini i confini certi della sua applicazione e lo riporti nell’alveo del diritto del lavoro e della Costituzione, impedendo che diventi uno strumento di ulteriore precarizzazione e irregolarità".