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"Sulla mobilità e il settore auto bisogna costruire una vertenza, che abbia al centro il nodo dell'occupazione e dei salari". Lo ha detto il segretario confederale della Cgil, Maurizio Landini, concludendo il convegno “Mobilità Auto, il futuro è adesso. Il posizionamento competitivo del gruppo Fca”, che si è tenuto oggi (11 ottobre) a Roma, nella sede nazionale di corso d'Italia.
Dal punto di vista sindacale, ha spiegato, oggi i mutamenti del settore "mettono in discussione i confini delle categorie tradizionali, così come le abbiamo conosciute finora. Il rischio è fare una discussione a compartimenti stagni, da cui invece occorre uscire per affrontare un discorso complessivo". Landini ha fatto l'esempio dell'Enel: "L'azienda annuncia un investimento di 300 milioni di euro nelle centraline per l'auto elettrica. Noi ci chiediamo: in quali città verranno fatte? Quanti posti di lavoro saranno creati?". Stesso discorso per il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio: "Ha detto che saranno stanziati fondi per produrre 2.500 autobus all'anno nei prossimi dieci anni. Dove vengono prodotti, da chi, con quali caratteristiche e quanta occupazione generano?".
Il segretario si è poi soffermato sulla situazione del gruppo Fca. "Parlo chiaramente - ha detto -: ci vuole un tavolo di trattativa dove aprire un confronto serio. Siamo davanti a un grande processo di mutamento che cambia il modo stesso di costruire un'auto: oggi però non c'è una discussione avviata, il governo non coordina nulla, spesso neanche i ministeri si parlano tra loro. L'esecutivo non pone vincoli sociali. Allora dobbiamo imprimere alla discussione un carattere vertenziale: tra l'altro nel 2018, se finiscono gli ammortizzatori sociali come già sta accadendo, c'è rischio di avere licenziamenti in ogni stabilimento. Affrontiamo questo dato concreto".
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Per incidere sulle scelte delle imprese e sulle politiche industriali dei governi va riconquistata una sede di confronto. Così Landini: "Le scelte importanti si stanno facendo in questa fase, il tavolo non serve solo per ascoltare ma anche per dire ciò che pensiamo: siamo contrari agli spezzatini, vogliamo l'integrità dei gruppi industriali, garanzie su stipendi e posti di lavoro". In questo scenario il sindacato deve fare la sua parte: "Bisogna recuperare un'iniziativa confederale che metta insieme tutte le categorie che operano in questi comparti. Qui si tocca il trasporto pubblico, il piano urbano e quello energetico. I confini delle categorie conoscono un cambiamento radicale: sta a noi riorganizzarsi per affrontare una nuova contrattazione di diversa natura".
All'inizio degli anni Novanta fu istituita una Cassa depositi e prestiti, strumento che in altri Stati già esisteva, ha ricordato. "La Cassa adesso c'è, ma non sta funzionando nella direzione giusta: rischia di diventare un banca d'affari, perché valuta dove fare investimenti e quale ritorno può avere. Torniamo a ragionare su questo strumento: anch'esso - come tutto il resto - non può funzionare senza una seria politica industriale del Paese".
Poi un passaggio sul caso Ilva. "È una vicenda simbolo. La proposta irricevibile di Mittal non era firmata dall'azienda, ma dai tre commissari nominati dal governo: l'esecutivo sapeva benissimo cosa conteneva. Hanno chiesto che i lavoratori fossero licenziati e riassunti senza l'articolo 18, con le norme del Jobs Act e minori salari, privandoli del diritto di sciopero. Lo sciopero dell'Ilva è stato il primo sciopero contro il Jobs Act". È qui, a suo avviso, che si dimostra l'importanza della mobilitazione: "L'adesione allo sciopero è stata quasi totale, gli stabilimenti erano vuoti, a quel punto il governo ha dovuto smentire la proposta di Mittal. Anche i momenti di mobilitazione e conflitto - quindi - servono per cambiare le cose".
Re David (Fiom): serve una politica industriale
Ci vuole una “politica industriale per il settore auto, c’è la necessità di mettere insieme una visione per definire i nostri obiettivi”, occorrono quindi “strumenti, tavoli di confronto e una cabina di regia”. Con queste parole la segretaria generale della Fiom Francesca Re David ha denunciato il “grande buco” della politica, della programmazione e dell’intervento pubblico nell’industria, in particolare nel settore dell’automobile.
“L’auto – ha spiegato Re David – è strategica, è un bene di consumo di massa di un certo valore. Quello che accade nel settore è fondamentale per capire cosa succederà nel nostro paese”. Ma nei cambiamenti in corso, sostiene la dirigente Fiom, “essere leader significa anche determinare le procedure, il modello ambientale e quello di produzione, significa avere un ruolo e non subire le scelte degli altri”. Non a caso “tutte le tecnologie che usiamo nascono da investimenti pubblici legati all’auto e al militare, che poi hanno fatto da traino a investimenti privati”. Per questo, secondo Re David, “è una follia che non ci sia un tavolo pubblico sull’automobile, e che il governo non abbia un ruolo e non dia un indirizzo sul modello di sviluppo e sulle tecnologie”.
“Il grande tema che abbiamo di fronte” è dunque quello di introdurre “elementi di regolazione e programmazione, bandi di gara con determinati vincoli, forme controllo sul sistema degli appalti legati alla produzione industriale”. Ma, prosegue Re David, “ogni volta che facciamo presente questa esigenza ai tanti tavoli di crisi aperti, ci guardano come se dicessimo cose fuori dal mondo”.
La Fiom è convinta che bisogna ripartire da un’idea collettiva, pubblica, e, a proposito di strumenti, quello “principale non può che essere la Cassa depositi e prestiti”, che deve intervenire e “fare da volano anche per gli investimenti privati, riportando l’industria a essere un’asse portante del sistema italiano”.
Delrio: le prospettive dei trasporti sono buone
“Sul trasporto pubblico e urbano c’è un ritardo da colmare, ma il governo si è impegnato molto e le prospettive sono buone”. Questo il messaggio lanciato dal ministro alle Infrastrutture Graziano Delrio, nel corso del suo intervento.
“Sul trasporto la committenza statale non c’è mai stata, abbiamo lasciato tutto alle Regioni, e questo è stato forse un errore” ha spiegato Delrio: “Adesso bisognerà ricostruire questo tipo di programmazione di lungo periodo, che a propria volta diventa creatrice di filiere industriali, come ad esempio stiamo facendo sul parco rotabile, dove abbiamo messo dieci miliardi di euro, cui si aggiungono quattro miliardi di Ferrovie”. Il ministro ha ricordato che si realizzeranno 453 treni, che Trenitalia ha chiuso i contratti di servizio con le Regioni, che è avviata la sostituzione dei treni regionali e che Ferrovie dello Stato ha appena presentato “un piano industriale ambizioso”, che tra i molti meriti ha anche quello di “rilanciare il tema del trasporto delle merci, che nel nostro Paese avviene quasi esclusivamente su gomma”.
Il ministro Delrio ha poi spostato l’attenzione sull’investimento progressivo che verrà fatto sugli autobus, con l’obiettivo di sostituire 2.500 bus all’anno. “Abbiamo appena dato 500 milioni di euro alle Regioni per i bandi di gara e fatto la gara Consip, e su questo capitolo di spesa per i prossimi anni sono già stanziati quattro miliardi di euro”. Grande ritardo si sconta sulle metropolitane, considerando “che in tutto il Paese ne abbiamo meno di 230 chilometri, mentre soltanto Madrid ne ha 240”: il Piano metropolitane, ha concluso Delrio, è stato “finanziato con tre miliardi di euro, ci auguriamo con prossima legge finanziaria di metterci mettere altre risorse”.