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Susanna Camusso lo aveva spiegato a chiare lettere nell'intervista di apertura dell'ultimo numero di Rassegna Sindacale: "Il 20 ottobre saremo a piazza San Giovanni per dare voce al mondo del lavoro che appare invisibile, costretto a mettere a rischio se stesso perché il governo lo ignora". Il lavoro prima di tutto, non certo casualmente, il tema della manifestazione. Perché per un giorno (almeno per un giorno) il lavoro – quello che c'è, ma non è più sicuro; quello che non c'è, perché il presente è sempre più precario e del futuro meglio non parlare – si era deciso che tornasse protagonista.
Sul palco, dando la parola ai protagonisti delle innumerevoli vertenze sparse sull'intero territorio nazionale, ma anche attraverso i 21 stand regionali, dove sono stati raccontati i disagi delle aziende in crisi dei diversi territori, e i 12 messi a disposizione delle federazioni di categoria, che hanno illustrato le difficoltà attraversate dai settori di riferimento. Un vero e proprio viaggio dentro la crisi, rappresentata in una stessa piazza, fisica e virtuale, denominata il "villaggio del lavoro". Una forma di protesta del tutto peculiare – e da quanto ci risulta inedita –, proprio perché eccezionale e quasi senza precedenti è la crisi economica e sociale che l'Italia (e l'intera Europa) sta attraversando.
Il lavoro prima di tutto, dunque. Non solamente una rivendicazione – per quanto forte – da portare in piazza in occasione delle iniziative di protesta del movimento sindacale, ma un'esigenza concreta. Una condizione essenziale per far uscire il paese dalle sabbie mobili, perché il rigore da solo non può bastare; anzi: è controproducente, se non si mettono al centro di qualsiasi strategia politica scelte finalizzate all'equità e allo sviluppo.
È quanto ha (per l'ennesima volta) sottolineato la leader di corso d'Italia nel suo intervento dal palco di San Giovanni, quando ha parlato della straordinaria ingiustizia di un paese in cui si fanno provvedimenti che non danno il giusto rilievo al lavoro, che ha creato gli esodati, che sono senza pensione e senza reddito, che non riconosce alle donne il diritto di diventare madri e, nel contempo, di lavorare.
"Serve una politica industriale capace di assicurare – ha detto Camusso – un futuro di innovazione all'industria e ai servizi, facendo ricorso anche a investimenti publici, così come è necessario un intervento straordinario per favorire l'occupazione giovanile e femminile". Il lavoro prima di tutto, appunto. In gioco c'è molto di più di un'agenda politica da modificare (meglio, da rivoluzionare). C'è il futuro del paese.