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Come coniugare le esigenze della vulnerabilità sociale con le istanze del territorio? È l’interrogativo a cui cercano di rispondere i Laboratori di comunità, attivi in diverse realtà italiane ed europee (Condominio Bel(le)Trame, Happy Center Bolognina e Laboratorio E-20, a Bologna, St Mungo’s, a Londra, Fundación San Martin de Porres, a Madrid, Hub Multiculturale Cecchi Point, a Torino, D-Hub, a Verona).
Nell’area bolognese, i Laboratori di comunità operano sul tema del disagio adulto con l’idea che etichettamento e stigmatizzazione possano essere decostruiti attraverso iniziative di apertura verso il proprio territorio. I Laboratori di comunità sono spazi sociali in cui le persone contribuiscono attivamente alla costruzione di una rete relazionale significativa attraverso la promozione di attività che coinvolgono non solo coloro che vivono in condizione di disagio socio-economico, ma tutti i cittadini del territorio in cui tali realtà insistono.
Oltre alla valorizzazione delle risorse individuali, diventa dunque fondamentale favorire momenti di incontro e di confronto tra tutti i membri della comunità, costruendo una realtà condivisa capace di indurre un cambiamento sociale e urbano. Tra le attività sostenute, la gestione di palestre popolari, l’organizzazione di eventi o mostre culturali, la gestione di spazi comuni, come i giardini, la promozione di corsi e laboratori (poesia, cucito, fai da te, informatica, cura del verde ecc.), l’organizzazione di mercati di agricoltura biologica, e così via.
I Laboratori di comunità sono diventati dunque risorse per i territori sui quali insistono. L’ampia gamma di attività suggerisce efficacemente la quantità e la qualità delle relazioni che si possono instaurare, e contribuisce a identificare tali esperienze come patrimonio di tutta la comunità. Tali spazi permettono dunque il raggiungimento di diversi obiettivi: da un lato, la formazione e il reinserimento di persone in difficoltà, a dimostrazione di quanto ogni persona sia in grado di contribuire attivamente alla vita di comunità, e – dall’altro – la generazione di un senso di fiducia e sicurezza per tutta la comunità-quartiere, attraverso l’incontro e l’interazione tra gli abitanti.
Alla luce delle esperienze portate avanti fino a oggi appare decisivo il rafforzamento del rapporto tra cittadinanza, lavoro sociale (servizi sociali, educatori ecc.), ricerca e istituzioni, che non può prescindere da un mutuo riconoscimento e da un mutuo apprendimento. Di qui l’importanza della valorizzazione della conoscenza posseduta dai cittadini, dagli educatori e dagli assistenti sociali sulle potenzialità e sulle criticità che attraversano i propri territori. È solo ascoltando il territorio che diventa possibile valorizzare le esperienze di coloro che lo abitano e di coloro che operano nei suoi spazi sociali. L’obiettivo è dunque “rendere visibile l’invisibile, rendere pubblico il privato”, interrogare i diversi campi della vita sociale e valorizzare le connessioni tra comitati di quartiere, organizzazioni per i diritti umani, sindacati, comunità religiose, e le altre realtà che costituiscono la comunità.
È chiaro che, data la natura dinamica dei fenomeni sociali che si vuole interrogare, tali attività di ascolto e relazione debbono essere costantemente alimentate. In una società caratterizzata da crescenti difficoltà, i Laboratori di comunità rappresentano infatti un importante punto di partenza per la propria capacità di generare tessuto sociale e appare dunque fondamentale, per favorire l’inclusione sociale e la costruzione del benessere comune, saper intercettare e sostenere i fermenti che attraversano il territorio.