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Servizi educativi al collasso in tutta Italia. Ogni regione, ogni comune con le sue criticità. Il sindacato sostiene da tempo la necessità di rilanciare la scuola dell’infanzia statale, un segmento del sistema di istruzione fortemente penalizzato dalla politica dei tagli degli ultimi 10 anni e totalmente ignorato dalla legge 107/2015 sul piano degli investimenti. Come vivono questa situazione i lavoratori del settore? Lo abbiamo chiesto a due maestre che svolgono questo mestiere da sempre, avendo investito i loro studi, i loro sforzi e la loro passione per riuscire a farlo al meglio.
Sabina fa la maestra nelle scuole per l’infanzia del Comune di Venezia dal 1986. E racconta di un capoluogo veneto sempre efficiente, organizzato e attento al benessere lavorativo. Negli ultimi anni però è successo qualcosa e la situazione è precipitata. “Abbiamo un problema nella modalità di gestione delle sostituzioni. Quando una maestra si assenta per malattia o per problemi personali, il Comune non si appoggia a una rosa di possibili supplenti, bensì va a sostituire l’assenza spostando delle maestre di ruolo dalle loro classi”.
Il risultato è che, per tappare un buco, se ne provoca un altro. “Inutile dire – prosegue Sabina – che in questo modo la continuità didattica diventa un’utopia. È importante seguire i bambini in un percorso studiato, pensato per loro. Invece, qualsiasi progetto didattico subisce continui stalli, variazioni”. C’è poi da analizzare il problema anche dal punto di vista della maestra che viene chiamata per la sostituzione giornaliera: “Questo implica che ogni giorno diventa un’incognita sapere in che struttura si lavorerà e quindi come organizzarsi. Peggio ancora con gli orari, che con questa modalità di sostituzione delle assenze vengono stravolti. Una maestra che doveva staccare alle 15 potrebbe ritrovarsi a farlo alle 19. Con conseguenze anche sulla gestione della vita privata. Molte di queste maestre hanno dei figli piccoli e in questo modo si rende loro davvero difficile la gestione della vita familiare”.
Diversa la situazione di Anna Rita, che dal 1993 è insegnante di ruolo nelle scuole per l’infanzia e attualmente lavora nel Comune di Osimo, in provincia di Ancona, dove già nel 2003 l’amministrazione aveva deciso di fare una società partecipata, trasferendo tutto il personale dal Comune in un’azienda speciale, municipalizzata. Ma, visto il disappunto delle insegnanti, fino a oggi si è temporeggiato, adottando soluzioni alternative. Con il cambio di amministrazione, però, non c’è stato nulla da fare e la nuova giunta ha deciso che le insegnanti delle scuole per l’infanzia dal 1° aprile – dunque in maniera retroattiva – non sono più dipendenti comunali.
“Hanno deciso nostro malgrado di procedere – racconta Anna Rita –. Dal 1° aprile siamo nell’azienda, ma non abbiamo firmato alcun accordo, quindi ci troviamo adesso in un limbo poco chiaro, un po’ come barche in mezzo al mare. La sensazione è che non si guardi al merito. Noi abbiamo sempre lavorato con grande passione e spirito di abnegazione. Nel nostro percorso di crescita professionale ci siamo date un gran da fare, abbiamo fatto continui corsi di aggiornamento, eppure la nostra volontà è stata scavalcata”.
“Due casi emblematici di ciò che succede in Italia, pur nella loro diversità – commenta Maria Luisa Ghidoli, della Funzione pubblica Cgil –. Sono tanti gli aspetti da rivedere nel servizio educativo italiano all’infanzia, altrettanti gli interventi che ci proponiamo di attuare con le prossime Rsu. Noi come Cgil ci battiamo da sempre per migliorare questo sistema, a partire dalle nostra campagna #ChiedoAsilo, con la quale abbiamo denunciato il fatto che ci fossero 900 mila bambini senza posti nido. Abbiamo chiesto risorse per aumentare il numero di posti, ma i finanziamenti non sono arrivati in molte regioni del Sud Italia e i bambini rimangono ancora oggi senza posto nelle strutture”.
Ma l’impegno della Fp Cgil degli ultimi anni non si è limitato a questo: “Ci siamo mobilitati contro il precariato e a favore della stabilizzazione del personale, e ancora contro le esternalizzazioni dei servizi educativi. Dopo la firma del contratto – conclude Ghidoli – siamo impegnati nella costruzione di una sezione specifica del settore, che risponda ai bisogni del personale interessato. Dobbiamo migliorare con ogni mezzo i servizi educativi all’infanzia che offriamo ai cittadini”.