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Contrattazione sociale contro la crisi. Di più: contrattazione sociale come capacità di incidere sul territorio, orientando le scelte dei decisori in materie fondamentali per uno sviluppo sostenibile e non disgiunto dai diritti dei lavoratori e dei cittadini: welfare, assistenza, scuola, formazione eccetera. Tra gli ultimi risultati prodotti della campagna nazionale della Cgil ci sono, in effetti, le linee guida per la Contrattazione sociale territoriale su istruzione e formazione (vedi articolo nella pagina) e un paio di accordi interessanti su queste materia. A cominciare da Savona dove il Comune, le organizzazioni sindacali, il Forum del terzo settore e altre importanti associazioni hanno siglato un accordo interessante: “Insieme per la scuola. Patto per una scuola pubblica di qualità”. L’intesa ha anche permesso, come spiega Gianni Cazzola, segretario generale della Flc di Savona (protagonista dell’accordo insieme alla camera del lavoro), “l’attivazione di un patto permanente di confronto con il Comune e il sistema scolastico, un luogo anche fisico dove porre problemi e cercare di risolverli. Insomma: è l’occasione per un metodo di lavoro condiviso”.
Il patto consta di 23 azioni, per ciascuna della quali si prospettano interventi concertati tra le parti coinvolte. Da segnalare le misure previste per l’integrazione scolastica degli alunni stranieri (con l’impegno del Comune a potenziare l’intervento dei mediatori culturali e a finanziare corsi specifici in orario extrascolatico), per le prevenzione del disagio scolastico e per il miglioramento dell’edilizia scolastica, mentre viene sancito il principio della pari dignità tra insegnamento della religione cattolica e l’ora alternativa. Il tavolo è anche servito per “attivare” in Regione le misure previste lo scorso anno dal cosiddetto decreto salva precari, rispetto al quale in Liguria non era stato fatto nulla.
Il patto, infine, viene a operare in un contesto regionale – ma quello complessivo italiano non è troppo diverso – in grande difficoltà. “L’attacco alla scuola pubblica è molto pesante – conclude il sindacalista –, con tagli al personale ata, ai docenti, sovraffollamento in tutte le classi e un ridimensionamento senza criterio degli istituti che mette in discussione molte scuole dell’entroterra montano che svolgono una funzione importantissima per il territorio”. Interessante anche quanto è accaduto a Viterbo in materia di formazione. L’obiettivo che Cgil, Cisl, Uil e Confindustria locali si sono dati è quello di una formazione tarata sulle reali esigenze del territorio e che, insieme, sia capace di orientare lo sviluppo dello stesso. Uno studio congiunto ha prodotto una dettagliata analisi dei fabbisogni formativi per i diversi settori industriali. “Abbiamo messo un’enfasi particolare – racconta Miranda Perinelli, segretario generale della camera del lavoro di Viterbo – su un’idea di sviluppo sostenibile, di green economy, particolarmente significativa per un territorio a vocazione agricola e turistica come il nostro. È importante quindi formare figure che operino in questi settori, che riguardano l’energia alternativa, la bioedilizia e così via. Il tutto naturalmente potrebbe rivelarsi strategico per la riqualificazione e la riconversione del distretto della ceramica di Civita Castellana, da tempo in sofferenza”. Ma è tutta la provincia, in realtà, a non passarsela benissimo, con una disoccupazione all’11,7 per cento (13,3 per cento al femminile), ben più alta della media regionale che è a quota 8,5 per cento.
Naturalmente i firmatari del documento chiedono ora alla Provincia di essere conseguente, di tradurre cioè in “formazione” questa lettura del territorio. Per la Cgil, però, dovranno aprirsi anche altri tavoli che coinvolgano i soggetti che operano nel commercio, nell’artigianato, nell’agricoltura.
Su quest’ultimo comparto, comunque, sono già partite alcune richieste alla Regione: “Chiediamo – conclude la sindacalista – la tracciabilità territoriale del prodotto (olio, nocciole e vino della provincia hanno già il marchio dop, ndr), mentre stiamo spingendo affinché la trasformazione industriale dei nostri prodotti agricoli, per esempio i pomodori, avvenga nella nostra provincia e produca dunque ricchezza nel territorio d’origine”.