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“Se il nostro ordinamento ha giustamente riconosciuto lo specifico del reato di omicidio stradale, non vedo perché non debba e non possa riconoscere il reato di omicidio sul lavoro, che attenta ad uno dei principi fondanti della nostra costituzione e alla stessa coesione sociale”. È la proposta che lancia il segretario generale della Fillea Cgil Walter Schiavella.
La tragedia di Carrara “è solo l'ultimo episodio di una strage inaccettabile, non è concepibile morire di lavoro, non possono esserci richiami al caso o alla fatalità per giustificare un solo morto, figuriamoci questa mattanza” prosegue Schiavella, che aggiunge “in questi anni di crisi abbiamo perso 800mila posti, ma il numero di infortuni mortali ad oggi è lo stesso del 2010, chi afferma che il numero dei morti si è ridotto sbaglia, è aumentata spaventosamente la frequenza” mentre per gli infortuni meno gravi “spesso si evita di denunciarli, su richiesta degli stessi datori di lavoro”.
Negli anni più bui della crisi, soprattutto in edilizia, “il sistema dei controlli e le sanzioni sono stati indeboliti in virtù di uno scellerato pensiero dominante secondo il quale la via di uscita dalla crisi potesse essere eliminare ogni impedimento alla libertà di impresa – penso al Durc – e i diritti dei lavoratori un costo da ridurre. Ora, che la crisi sembra rallentare o, come accade nel settore lapideo, si è in presenza di una significativa ripresa, si sceglie di porre le esigenze della produzione vengono poste prima di quelle delle persone. Il prodotto di tutto ciò è sempre e solo uno, riduzione della sicurezza e morti”.
Per Schiavella “non si possono ancora chiudere gli occhi su questa drammatica realtà: il cordoglio di imprese e istituzioni non basta più. Chi deve decidere le norme che regolano la vita e la convivenza civile delle persone, il Governo e il Parlamento in primis, non possono non vedere che la sola prevenzione, pur restando fondamentale, in un paese come il nostro, dove illegalità e irregolarità toccano un terzo dell'economia reale, non basta più. Chiedo quanti, fra i datori di lavoro dei morti di questi anni, hanno subito una condanna e, ancor più, chiedo quanti hanno effettivamente scontato una pena efficace?”.
A questo punto l’unica risposta seria che possono dare le istituzioni è quella di “rafforzare il sistema dei controlli, con un un efficace coordinamento di tutti gli organismi ispettivi e di polizia, smettendo di dare ascolto ai lamenti delle associazioni datoriali sulle presunte perdite di tempo che i controlli comporterebbero sullo svolgimento della normale attività produttiva”. Ma sopratutto occorre garantire “sanzioni più certe ed efficaci. Il governo lo ha già fatto per le vittime della stradale, può farlo anche per quelle sul lavoro: nel pieno rispetto dello stato di diritto, di fronte ad accertate responsabilità, la morte sul posto di lavoro deve essere considerata un omicidio”.