“C'è un dato relativamente nuovo nel Rapporto Ocse sulle prospettive dell'occupazione, per quanto riguarda l'Italia: l'aumento della disoccupazione di lunga durata”. Lo segnala Chiara Saraceno in un commento su La Repubblica ai dati diffusi a Parigi. “Contrariamente a ogni mitologia sugli effetti benefici, per il dinamismo del mercato del lavoro, della flessibilità in uscita – sottolinea la sociologa –, emerge che chi perde il lavoro difficilmente ne trova un altro entro uno, e persino due anni. Nel migliore dei casi, la flessibilità in uscita si trasforma in turn-over, in sostituzione di un lavoratore con un altro. Nel peggiore, e più frequente, si trasforma semplicemente in perdita sia di lavoro per chi lo aveva, sia di occupazione complessiva. L'anno scorso il 51,9% dei disoccupati lo era da più di 12 mesi contro il 48,5% nel 2010”.

Saraceno segnala anche un’altra “novità” che emerge dal rapporto dell’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica. “È vero che la crisi occupazionale ha colpito in modo sproporzionato quella minoranza di giovani tra i 15 e i 24 anni che non sono più a scuola e che non sempre possono accedere all'apprendistato. Ma il rapporto Ocse segnala che disoccupazione di lunga durata, scoraggiamento, part time involontario sono fenomeni in crescita anche tra gli adulti. In particolare, l'aumento della disoccupazione di lunga durata riguarda anche gli uomini tra i 24 e i 54 anni. Mentre nel discorso pubblico sul mercato del lavoro continuano a essere additati come i privilegiati iperprotetti a danno dei più giovani (che per altro i più vecchi tra loro spesso devono mantenere), anche i maschi nelle età centrali stanno sperimentando l'erosione delle proprie sicurezze, con effetti a cascata sulla sicurezza economica delle famiglie, come evidenziano i dati più recenti sulla riduzione sia dei consumi sia del risparmio”.