Il gruppo farmaceutico Sanofi, presente in oltre 100 Paesi con oltre 100 mila lavoratori, è all’avanguardia nel settore dei farmaci e della ricerca terapeutica. In Italia, è una delle principali realtà industriali del settore farmaceutico, con oltre 2.500 collaboratori (di cui la metà nel comparto produttivo) e un’unità di ricerca clinica che dal nostro Paese gestisce tutta l’area dell’Adriatico. È presente sul territorio nazionale con la sede principale a Milano, un ufficio istituzionale e la sede della propria divisione vaccini a Roma. L’azienda fornisce un importante supporto all’economia del Paese grazie all’intensa attività dei suoi siti produttivi distribuiti sul territorio nazionale: Anagni (Frosinone), Origgio (Varese), Scoppito (L’Aquila), Brindisi.
Ma questa grande azienda può vantare un altro elemento peculiare che la caratterizza: la presenza e l’attenzione alle donne. Sanofi è stata di recente premiata con il Bollino rosa dal Winning Women Institute, un importante riconoscimento che per la prima volta in Italia certifica la gestione delle pari opportunità nelle imprese. Ne abbiamo parlato con Laura Bruno, direttore delle Risorse umane di Sanofi Italia dal 2010, che ha fatto il punto della situazione.
Quali doveri hanno oggi le imprese nei confronti delle donne?
A mio avviso, i doveri ineludibili sono in particolare tre. Il primo è la valorizzazione delle donne secondo un criterio di meritocrazia: le aziende che ragionano su risultati e talento finiscono per favorire le competenze femminili. Il secondo compito è quello di creare un ambiente di lavoro capace di favorire la diversità. Servono imprese con una cultura aperta. Infine è necessario un ambiente che sia rispettoso dell’equilibrio tra la vita lavorativa e quella famigliare.
Ci racconta le iniziative realizzate da Sanofi in questa direzione?
Stiamo lavorando sul tema della diversity da molti anni. Siamo intervenuti sull’ambiente di lavoro e sulla flessibilità: ormai in azienda non c’è obbligo di timbratura, i lavoratori passano solo all’entrata per ragioni di sicurezza, è responsabilità del singolo segnalare un’assenza. Da quattro anni abbiamo introdotto lo smart working, una pratica che funziona negli uffici e anche presso i siti produttivi per il personale delle funzioni di supporto: solo a Milano ne usufruiscono circa 300 colleghi, di cui il 73% è donna, lavorando da casa due giorni a settimana. Siamo molto attenti al tema del welfare: rispetto al contratto nazionale abbiamo permessi in più per la cura dei figli e le visite mediche, abbiamo lavorato insieme alle Rsu per definire le misure. Riteniamo centrale la salute: abbiamo il fisioterapista in ufficio, il check-up per tutti i collaboratori, ,che le donne utilizzano molto per restare sempre controllate. In materia di servizi, c’è la possibilità di avere il farmacista in azienda più le convenzioni esterne con i negozi. Poi il supporto dedicato ai figli: sono previsti campus mentre i genitori lavorano, si può portare la cena a casa dalla mensa, è possibile uno scambio vacanze con colleghi di altri Paesi. Abbiamo da sempre un sostegno psicologico, con la possibilità di usufruire di assistenti sociali, un meccanismo di assistenza per gli anziani.
Per arrivare a un sistema di pari opportunità, naturalmente, la formazione gioca un ruolo essenziale.
Certo. Noi abbiamo un comitato diversity interno che lavora costantemente su questo tema. Più del 50% della formazione (specie quella finalizzata alle skills di leadership) è rivolta alle donne, che così accedono alle stesse possibilità degli uomini in termini di crescita. Ci sono processi di mentoring per le più giovani, che vengono seguite dalle colleghe più esperte.
Avete appena ricevuto il Bollino rosa del Winning Women Institute. Qual è il valore di questo premio?
Si tratta di un riconoscimento importante per tutta l’attività svolta e, soprattutto, è la certificazione da parte di un ente terzo. Non è stato facile ottenerlo: per molti giorni sono state fatte analisi in azienda, verificati gli stipendi delle figure femminili e il numero di donne promosse. Il bollino è quindi molto prestigioso.
Quali sono i vostri obiettivi per il futuro?
Continuare a lavorare sul tema del pay gap, il divario salariale tra donne e uomini, un grande nodo che sarà al centro del nostro impegno nei prossimi anni. Poi abbiamo l’obiettivo della parità di genere entro il 2025: per quell’anno vogliamo raggiungere la piena parità in termini di posizioni apicali a livello di Gruppo. Siamo sulla buona strada: in Italia abbiamo il 30% di donne nel comitato dirigente, il 43% nelle funzioni di business, cifre superiori alla media nazionale.
Entrando in una riflessione generale, oggi quali sono le maggiori criticità per le donne sul mercato del lavoro?
Anche se si affaccia nella società una “nuova generazione di papà”, un tema è sicuramente lo sbilanciamento nella cura della famiglia. Manca il supporto dei colleghi maschi, e così ricade sulle donne l’onere della cura dei figli e degli anziani. Poi c’è il problema del pregiudizio: spesso si dice che le donne siano brave nell’ascolto e meno nei ruoli di business, ma non è affatto così. Il rischio di questa convinzione sbagliata è che poche ragazze si avvicinino alle discipline economiche, anche se le nuove generazioni stanno recuperando. Quello dell’incentivazione alle materie STEM è un impegno che abbiamo anche verso le nuove generazioni fuori dall’azienda. Andiamo nelle scuole per orientare le bambine e ragazze verso le discipline scientifiche ed economiche, proponendo le nostre colleghe come role model.
Perché le aziende devono scommettere sulla leadership femminile?
Il vantaggio è legato alla politica della diversità. Avere un approccio aperto nella cultura aziendale genera più valore: nel mondo attuale, che è molto dinamico e liquido, le donne hanno una grande capacità di resilienza, ascolto e anticipazione del cambiamento, tutte qualità più alte rispetto ai colleghi maschi. Una leader donna, dunque, può portare un vantaggio anche in prospettiva.
Le voci delle lavoratrici
A raccontare la situazione dell’azienda sono poi le lavoratrici, tre donne che lavorano in Sanofi Italia in sedi diverse e con mansioni differenti tra loro. Simona Giudici è team leader della Clinical Study Unit, lavora negli uffici della sede di Milano. “Sono biologa, ci occupiamo di studi clinici e di sviluppare nuove molecole – esordisce –. La situazione delle donne nell’Unità di Ricerca Clinica è assolutamente positiva. La ricerca clinica è prettamente femminile: basti dire che la mia unità conta l’80% di donne, c’è un’attenzione alla nostra componente molto elevata”. L’azienda riconosce il merito: “Io sono madre di tre figli, sono cresciuta molto in Sanofi, naturalmente mi sono impegnata per raggiungere la mia posizione: se lavori bene, vieni riconosciuto”.
Un altro elemento essenziale è l’orario flessibile. “Spesso non è facile conciliare tutto, tra i vari impegni familiari come riunioni a scuola dei figli e visite mediche, in questo Sanofi pone una forte attenzione: ho flessibilità in entrata e uscita, sono stata tra le prime a utilizzare lo smart work, uso abitualmente le possibilità offerte dall’azienda, a partire dal campus a cui partecipano i miei figli da anni”. Le donne in azienda portano un valore aggiunto: “Abbiamo caratteristiche diverse dagli uomini: per esempio la ricerca clinica richiede massima attenzione e precisione al dettaglio, un’attività che forse è più adatta alle donne. Inoltre noi donne abbiamo una maggiore attitudine alle relazioni sociali, ecco un altro valore”. Nel mercato del lavoro italiano, infine, “per le donne c’è stato sicuramente un miglioramento, ma bisogna fare di più: serve maggiore attenzione, anche da parte dello Stato che dovrebbe intervenire”.
Sulla stessa linea è Valentina Inguscio, responsabile del Centro di ricerca biotecnologica nello stabilimento di Brindisi. “L’occupazione femminile in Italia è aumentata, certamente, ma ci sono ancora molti passi da fare – spiega –. Nella mia azienda, invece, la situazione è a uno stadio molto più avanzato, perché nel tempo è stata costruita una reale impostazione di parità tra uomini e donne. Non a caso Sanofi ha ricevuto il Bollino Rosa: per la prima volta ci viene riconosciuto ufficialmente l’impegno in tema di pari opportunità”.
“Guido l’attività di ricerca e sviluppo dello stabilimento, che si occupa di sviluppare processi fermentativi a partire dal ceppo microbico, purificazioni chimiche e analitici – prosegue la lavoratrice –. Ho 34 anni e già alla mia età ho ricevuto in carico una forte responsabilità. È il modo migliore per sentire la fiducia dell’azienda nei miei confronti. Nello svolgimento del lavoro quotidiano “non mi sono mai sentita trascurata”, e “nel futuro spero di continuare così, sulla strada della parità di genere”.
Il sentimento comune è quello della valorizzazione delle donne all’interno dell’azienda. Lo conferma anche Lorena Ciotti, capo turno del reparto liquidi orali, nello stabilimento Origgio. “Lavoro al confezionamento produttivo come capo turno – esordisce –: mi sento stimata, vengo ascoltata e presa in considerazione quando si tratta di prendere iniziative”. Anche nel suo caso, è particolarmente vantaggiosa la scelta aziendale della flessibilità: “Ho un figlio di due anni e mezzo e spesso non è facile gestire famiglia e lavoro, così l’orario flessibile offre una serie di possibilità in più nella conciliazione dei tempi”.
Anche secondo lei le competenze femminili rispondono meglio a una serie di necessità richieste dall’azienda: “Alcune fasi del nostro lavoro richiedono una capacità organizzativa molto sviluppata, che le donne sono in grado di garantire di più rispetto agli uomini”. Uscendo da Sanofi e riflettendo sul mercato del lavoro nel nostro Paese, a suo avviso, “nell’occupazione delle donne si sono fatti passi avanti, ma c’è ancora da lavorare. Vedo difficoltà nel raggiungere i piani alti, spesso nei colloqui chiedono se una ragazza è madre o ha intenzione di avere bambini”. Al contrario in Sanofi, conclude la lavoratrice, la presenza delle donne “viene estremamente valorizzata”.