La proposta di abolire la libera professione nel Servizio sanitario nazionale portata avanti da Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato alla guida del Pd, “rischia di sviare l'attenzione dall'obbiettivo fondamentale per garantire la tutela della salute: il diritto all'accesso alle cure su tutto il territorio nazionale. E le priorità sono un rinnovato governo nazionale della sanità per superare le diseguaglianze regionali, ed in primo luogo l'abolizione delle liste di attesa e dei ticket”. Ad affermarlo è il segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza.
Per raggiungere questo risultato, osserva il dirigente sindacale, “c'è bisogno di mettere la parola fine alla stagione dei tagli e di portare avanti una politica di investimenti nel servizio pubblico, che riporti il nostro paese al livello europeo dei finanziamenti rispetto al Pil. Se un cittadino deve aspettare 6 mesi per una visita ortopedica, e il servizio pubblico ha solo 4 medici invece dei 7 necessari, il primo passo dovrebbe essere l'assunzione dei 3 ortopedici mancanti per garantire le prestazioni essenziali ai cittadini. Poi intervenire sull'appropriatezza dei percorsi di accesso e dell'organizzazione. Quindi eliminare il ticket, che oggi può arrivare a cifre tali da rendere più conveniente rivolgersi direttamente al privato. In questo quadro - precisa Cozza - andrebbe valorizzato chi lavora solo per il servizio pubblico, con una rivalutazione della esclusività, con contratti rinnovati e con la possibilità di premiare il merito”.
Secondo il segretario nazionale della Funzione Pubblica Cgil Medici “abolire invece la libera professione oggi, in una situazione di tagli e di carenza di personale (dal 2009 al 2014 sono 5 mila i medici in meno), di blocco del contratto da oltre 6 anni, di congelamento della indennità di esclusività da oltre 15 anni e perfino della retribuzione accessoria con la quale si dovrebbe premiare il merito, rischia di essere un boomerang per il servizio pubblico”. Ritornando ai 4 ortopedici, spiega ancora Cozza, “impedirne a 2 di fare la libera professione intramoenia senza assumere i 3 mancanti, non cambierebbe infatti la lista di attesa e il cittadino non avrebbe più la possibilità di avere prestazioni anche se a pagamento, ma con tariffe e modalità che dovrebbero essere regolamentate all'interno del servizio pubblico. Il beneficiario, nei fatti, sarebbe il pilastro del privato al quale in troppi stanno contribuendo”.
La Fp Cgil Medici, con la Fp Cgil e la Cgil, aggiunge il dirigente sindacale, “è stata tra gli attori principali dell'accordo politico - contrattuale con il Ministro della Salute Bindi, con il quale si è messa la parola fine al doppio canale tempo pieno e tempo definito, e che avrebbe dovuto riportare all'interno del solo servizio pubblico l'attività dei medici con l'istituzione della indennità di esclusività con fondi extracontrattuali, e con la possibilità della libera professione intramoenia regolamentata e trasparente”.
Oggi il quadro vede invece, secondo una elaborazione della Fp Cgil Medici condotta sui dati del Conto annuale del Tesoro, “una crescita allarmante di medici pubblici in extramoenia, nel silenzio della politica, con una crescita dal 2009 al 2014 di 1.707 unità (da 5.392 a 7.099) e con il dato più preoccupante di ben 37% direttori di struttura complessa in più (da 246 a 390). In altre parole, chi dirige i reparti ospedalieri e li dovrebbe organizzare, lavora sempre di più anche nel privato, in modo non regolamentato e concorrenziale allo stesso pubblico”.
La normativa vigente, la legge 138 del 2004, successiva alla Legge Bindi (229/1999), consente, fa sapere Cozza, “al medico pubblico di poter optare ogni anno tra esclusività di rapporto (con facoltà dell'intramoenia) e l'extramoenia. Inoltre la Legge 189 del 2012 ha, di fatto, istituzionalizzato la possibilità di svolgere l'attività intramoenia negli studi privati, seppure in rete con controlli telematici. Si tratta di cambiamenti, da noi con coerenza non condivisi, che, insieme con le politiche dei tagli e il congelamento della indennità di esclusività, stanno di fatto cambiando lo spirito originario con il quale avevamo condiviso con la ex ministra Bindi l'introduzione della libera professione intramoenia”.
“Il nostro sindacato in questi anni non si è limitato a lanciare l'allarme su il progressivo impoverimento del servizio pubblico ma ha formulato proposte e portato avanti iniziative, come la campagna “Salviamo la Salute”, che la Conferenza delle Regioni e i diversi Governi hanno volutamente ignorato. Per questo pensiamo che il presidente della Regione Toscana, anziché promuovere slogan con soluzioni semplicistiche, pericolose per lo stesso servizio pubblico senza centrare il problema, si dovrebbe impegnare con i cittadini perché in tutto il paese sia garantito l'accesso alle prestazioni. Su questo punto lo invitiamo ad un aperto e franco confronto, compresa a possibilità di abolire la stessa libera professione”, conclude Cozza.