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"Il 7 luglio scorso Israele ha avviato l’azione di guerra denominata “Protective edge” con l’obiettivo di fermare i razzi lanciati da Gaza, dal movimento di resistenza qui nella Striscia. L’esercito israeliano ha iniziato a bombardare ovunque, le forze aeree hanno cominciato a distruggere le case e a uccidere le persone". Inizia così la testimonianza di Said Al-Ray, cooperante e abitante di Gaza City, che RadioArticolo1 ha raggiunto nella sua città (ascolta il podcast integrale)
"Sono stati bombardati edifici, fattorie, auto, persino gli animali sono stati ammazzati - racconta Said -. Nessun luogo è più sicuro. Noi siamo stati costretti a restare a casa, io ho smesso di andare al lavoro. Si poteva annusare la paura nell’aria".
"Mia moglie lavora per la comunità. Insegna alle donne a utilizzare il computer. E’ un progetto finanziato dall’Unrwa per migliorare le prospettive di genere. Io, invece, lavoro nel settore umanitario per una organizzazione norvegese che ha più di 20 sedi nel mondo e che cerca di aiutare le persone più vulnerabili, i rifugiati e gli sfollati. Lavoro qui a Gaza per i rifugiati e gli sfollati. La mia vita era normale – beh non proprio normale perché comunque c’era il blocco imposto da Israele ma almeno eravamo riusciti a darle un senso di normalità".
"Ho due bambini - prosegue il cooperante - che ogni mattina portavo all’asilo, andavo al lavoro e tornavo a casa nel pomeriggio. Certo, eravamo bloccati, avevamo l’elettricità solo otto ore al giorno, i nostri confini erano chiusi a sud e a est da Israele a ovest dall’Egitto, non avevamo libertà di movimento. In qualche occasione avevamo subito attacchi da parte dell’esercito israeliano. Nonostante questo eravamo riusciti a mantenere delle esistenze apparentemente normali. Poi, dopo il 7 luglio, il delirio totale. Abbiamo iniziato a seguire i notiziari alla radio e alla televisione. Abbiamo assistito a immagini sanguinarie, i brandelli dei corpi raccolti in strada, quelli bruciati dai missili".
"Non sappiamo che tipo di armi Israele stia utilizzando. Le squadre mediche ricevono corpi in pezzi mentre altri sono totalmente carbonizzati. I missili che usano per distruggere le abitazioni hanno effetti orribili. Il rumore delle esplosioni è terrificante. Siamo rimasti senza acqua perché hanno bombardato il condotto idrico nel mio quartiere così siamo stati costretti a comprare l’acqua privata dagli abitanti di Gerico. Per quanto riguarda l’elettricità il consumo è stato ridotto a sole tre ore al giorno. Immaginate il caos completo. I bombardamenti sono proseguiti fino al 16 luglio. In quei giorni cercavi di mantenere la calma, ma poi la notte ci metteva anni a passare, sentivi i colpi d’artiglieria al confine orientale, i colpi d’arma da fuoco dall’area costiera, gli aerei militari che non hanno mai abbandonato il cielo di Gaza. Non ho parole per descrivere questa situazione".
Said Al-Ray quindi spiega: "Io vivo in un appartamento nel distretto di An-zaitùn che si trova nell’estremo sud della città di Gaza, cioè nel punto di contatto più vicino al confine israeliano. Tutte le notti non riuscivamo a chiudere occhio per via dei colpi di artiglieria che venivano esplosi casualmente per diffondere distruzione e paura. Al mattino riuscivamo a strappare qualche ora di sonno. Ma alla fine ho dovuto lasciare la mia abitazione perché si trovava al terzo piano e nonostante avessimo tolto i vetri alle finestre non era sicura. Inizialmente ci siamo trasferiti al piano terra pensando che fosse un po’ più riparato. Ma gli attacchi non risparmiavano niente e nessuno. Così ogni volta che ci stendevamo a terra... io ho due figli, una bambina di cinque anni e un maschietto di due, la nostra intera famiglia è rimasta fortemente traumatizzata. Siamo terrorizzati. Loro sono traumatizzati. Quando sarà finito tutto dovrò portarli da uno psicologo per risolvere i problemi che hanno iniziato ad avere".
"Mia figlia ha preso a fare la pipì a letto per paura, per le immagini sanguinolente a cui ha assistito. Ogni missile che cade aumenta il terrore. Mia moglie è rimasta ferita alle mani per via delle schegge di vetro conseguenza delle esplosioni, grazie a Dio non è stato più grave. Abbiamo vissuto nelle condizioni che dicevo poco fa fino al 16 luglio. Quella notte non la scorderò mai, mai e poi mai. A mezzanotte siamo stati raggiunti dalla telefonata dell’esercito israeliano – noi così come tutti i nostri vicini. Ci è stato detto che avremmo dovuto evacuare le nostre case e che avevamo tempo fino alle 8 di mattina, perché avrebbero bombardato l’area in modo casuale. Questo perché si dicevano convinti che nel nostro quartiere ci fossero forze di resistenza armate ma in realtà l’attacco è iniziato quasi subito. Così abbiamo avuto solo due ore per evacuare – tra le sei e le otto del mattino – perché chi tentava di lasciare l’abitazione prima dell’alba veniva immediatamente ucciso dalle bombe".
"Non abbiamo chiuso occhio, abbiamo solo pregato che nessuna bomba ci colpisse prima dell’alba. Abbiamo raccolto tutto quello che potevamo: qualche abito, i nostri passaporti, un po’ di denaro, i nostri pc portatili e poi siamo scappati, abbiamo corso e abbiamo corso ancora ,verso dove non sapevamo. Inizialmente volevo andare nelle scuole dell’Unrwa, perché si tratta di edifici protetti dal diritto internazionale, edifici delle Nazioni Unite, ma poi i nostri aprenti hanno insistito affinché ci trasferissimo da loro. Alla fine persino l’Unrwa non è sicuro, ieri hanno bombardato una loro scuola nel centro di Gaza. Nessun luogo è sicuro a Gaza. Continuiamo a sentire l’eco delle bombe che esplodevano mentre lasciavamo la nostra casa. Quello che ho visto mentre me ne andavo mi ha scioccato, quelle immagini mi ricordavano la Natba del 1984 quando le persone abbandonarono tutto per sfuggire dall’esercito israeliano che anche in quel caso attaccava la Palestina. Ho visto donne, uomini, bambini e anziani portare con sé materassi, cuscini, viveri e abiti. Una folla di persone che scappava via dal mio quartiere. Non riesco a credere che siamo nel ventunesimo secolo e che la comunità internazionale stia affondando insieme ai principi della democrazia e della libertà".
"Noi preghiamo per la pace. E abbiamo ancora speranza perché siamo convinti che nel mondo ci sono persone che credono che i palestinesi dovrebbero vivere in libertà e con dignità. Non capisco cosa Israele voglia da noi. Siamo stati sotto assedio per sette anni. Abbiamo a est e sud Israele e a ovest l’Egitto, davanti a noi il mare. Cosa volete da noi? Che ci mettiamo a nuotare? Che prendiamo la via del mare? Per fare cosa? Credo che abbiamo bisogno di pace e di qualcuno che sostenga le nostre ragioni. E’ arrivato il momento di diffondere il seme della pace in Medioriente. Israele non è più la nazione eletta della regione. Tutti devono fare la propria parte per fermare l’aggressione e per restituirci almeno un po’ dei nostri diritti.
"Chiedo alle persone libere del mondo e alle loro coscienze: per favore è arrivato il momento; per favore cogliete quest’occasione per salvarci. Per le comunità europee e americane: mettetevi nei nostri panni, immaginate quanto sia terribile e difficile vivere l’esperienza della guerra, di tre guerre nel corso degli ultimi anni, 2008, 2012 e 2014. E’ troppo per noi, è troppo per i nostri figli. Ho bisogno di vedere i miei bambini crescere. Ho vissuto in Italia e so come i bambini possono godere della vita, quanto sia bella la vostra vita. Ma qui noi siamo condannati a essere dei martiri che camminano e aspettano solo di essere colpiti dalla bomba che li ucciderà. Questo è tutto. Io prego ogni notte che questo incubo finisca e di poter tornare nella mia casa ma non so se riuscirò a rimanere in questa terra se il conflitto non dovesse finire o se dovesse essercene un altro, perché è una guerra infinita. Israele è assetato di sangue e non sappiamo in futuro come, quando e che tipo di ostilità ci verrà mossa".
Al-Ray conclude: "Ho bisogno che facciate tutto il possibile. Ho bisogno che lo diciate agli Italiani, alla comunità europea. Per favore fermatevi un momento, smettete di pensare a voi e guardate cosa sta accadendo in Palestina e a Gaza. Per favore, dite a tutti che qui sta scorrendo sangue, che ci sono esseri umani che vengono uccisi ogni notte, solo ieri notte più di 80 morti. Se accadesse in un paese europeo come risponderebbe la comunità internazionale? Penso che il mondo, in fondo, ci consideri esseri umani di seconda classe. Ma non lo siamo".
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